Tutti danno per scontato che il nome di questa città del Mare Jonio sia sempre stato Crotone. Bello, nitido, scolpito, solare, marittimo, dorico, ellenico, musicale come il verso ‘cro-cro’ degli aironi stanziali e di passo tra le acque le salubri delle mitologiche foci dell’Esaro e del Neto, memorizzata nel Kro scolpito in bronzo e oro nell’oggetto più alto, colto e ricercato della cultura materiale antica, la monetazione della prima civiltà locale crotonese, così come testimoniato in una straordinaria moneta rinvenuta dal Professor Pasquale Attianese.
di Vito Barresi
Siamo proprio sicuri che Crotone è stata da sempre denominata Crotone? Chiediamoci se, qualche volta, prima di chiamarsi Crotone era stata qualche altra cosa? E se oggi a questa città, per essere veramente all’altezza del proprio stemma, non manchi qualcosa? In breve che cosa bisognerebbe fare affinché Crotone torni a essere, per qualità, dimensioni, piccola e insignificante come lo fu Cotrone per molti secoli, all’altezza della propria fama?
Crotone ha un privilegio che poche altre realtà urbane non hanno avuto nella storia umana e nella geografia del pianeta: essere titolate di ben tre denominazioni: Kroton, Cotrone, Crotone.
Nomi che sembrano quasi uguali, ma nella sostanza, nella stessa narrazione della storia civica non lo sono affatto. In fondo perché esse sono tre radici piantate in spazi territoriali diversi, tre anime in tre tempi mentalmente e spiritualmente non riducibili, tre identità di comunità tra loro differenziate, tre essenze ambientali che producono ognuna un proprio paesaggio e, non ultimo, tre espressioni di progetti per il futuro, formazione delle generazioni locali, che non sempre riescono a integrarsi e interagire.
Anzi, nel corso della storia si sono molto spesso scontrate, quasi avversate, contradette, destrutturate, persino distrutte, fratturate, scollegate.
Ancora oggi se si guarda al territorio con uno sguardo meno contingente, una sensibilità nuova, senza troppe banalità, si può riscontrare la costante e perdurante discontinuità tra le forme geofisiche delle Tre Città.
Soffermiamoci solo su un tratto del millenario percorso fin qui compiuto, andando da Cotrone e Crotone, anche se il cammino fu lunghissimo, anzi di lunga durata, di molti secoli. Ci vollero cronologie epocali per definire l’attuale cronografia che non conosciamo se non a stralci, a strati, a spizzichi, spunti e rilievi che segnalano grossolanamente un tragitto ancora fortemente incerto tra il passato e il presente.
In queste migliaia di anni l’antica Kroton perse ogni sua connotazione originaria e finì sepolta sotto il fango di tante alluvioni. Ora giace tra cinque e sette metri nel ricco, e non ancora sondato scientificamente, sottosuolo archeologico dell’attuale impianto urbano.
Qualcuno mi chiede se si vede un ruolo strategico-politico in termini di contesto locale che di visione complessiva, se immagino un futuro per questa antichissima città.
La risposta è affermativa perché penso essenzialmente a un grande, unitario, comunitario luogo dove reinventare, ricostruire, rimodulate l’immagine di Crotone (Immagine Krotone), al restyling di ogni angolo della città che potrebbe riprendere un posto diverso nello scenario euro-mediterraneo, a partire da una straordinaria e colta valorizzazione della sua attuale decadenza, dopo il secolo breve e intenso del trascorso Novecento.
Una fase che sta curiosamente antichizzando il secolo trascorso mettendo in luce nuova sia il settecento che l’ottocento.
Crotone va immaginata come un padiglione euromediterraneo e non più come un gigantesco compound edilizio, uno Spazio Aperto che collega i tre labirinti misteriosi della storia locale con la catena migratoria afro asiatica, trasformandola in un flusso umano, geopolitico e culturale immenso.
Il motore energetico del Tremila che viaggia di pari passo con il gas metano e con il petrolio del Mar Jonio.