2091 l’anno in cui il mare sommergerà il Porto di Gioia Tauro e l’Aeroporto di Lamezia

13 febbraio 2019, 18:38 100inWeb | di Vito Barresi

La scena è a dir poco apocalittica ed è quella che è stata disegnata, persino dipinta di blu cobalto, come in una tavola illustrata di Ventimila Leghe sotto i Mari, l'indimenticabile capolavoro di Jules Verne. Uno scorcio mareografico scientificamente realistico, prospettato in una 'picture' di sicuro impatto e indiscutibile valore scientifico dall'Enea, Agenzia Nazionale per le nuove tecnologie,l'energia e lo sviluppo economico sostenibile, che ha ‘proiettato’ a Roma, nel corso di una conferenza sul Mediterraneo e l'economia del mare, un vero e proprio colossal del mondo sommerso che riguarda anche la Calabria.


di Vito Barresi

"Il livello del mar Mediterraneo si sta innalzando velocemente a causa del riscaldamento globale. Entro il 2100 migliaia di chilometri quadrati", oltre 5.600 km quadrati e più di 385 km di costa, "di aree costiere italiane rischiano di essere sommerse dal mare, in assenza di interventi di mitigazione e adattamento".

Secondo gli studi condotti dall'istituto l'innalzamento del mare lungo le coste italiane diverrà un'emergenza nazionale, con un forte impatto negativo sullo sviluppo socio economico dei litorali, fenomeno che riguarderà anche Calabria, la regione peninsulare con la più lunga estensione costiera.

Dicono a tal proposito, con certezza, scienziati e ricercatori, che Gioia Tauro in provincia di Reggio Calabria e Sant'Eufemia in provincia di Catanzaro,saranno sommerse e inabissate nelle acque del mare.

Lo story telling, la storia materiale sarebbe già scritta. Se solo di prova a immaginare che essa ci consegnerà la memoria non già di una civiltà sepolta, come i resti della Magna Grecia sul Mare Jonio, ma quelli di un vero e proprio naufragio dell'intera fascia tirrenica della Calabria, la stessa costa che verrà sommersa e su cui i politici del passato, come pure quelli del presente, avevano impiantato, con un evidente errore di programmazione economica di lunghissimo periodo, sbagliando clamorosamente tutte le analisi strategiche, uno sviluppo nefasto, che ha bruciato una vera e propria immensità di ricchezze, modificando persino l'aspetto geografico naturale e biologico di intere aree, bruciando uliveti ed ed estirpando aranceti secolari, sperperando risorse, denari, investimenti e quant'altro, con una ferocia degna di Attila, imponendo ai calabresi una modernizzazione unidirezionale, la stessa che ha stravolto la configurazione originaria e naturale di un intero territorio, di straordinaria bellezza ma anche di fragilissimo equilibrio, che aveva sempre avuto da millenni una più forte impronta mediterranea.

La stessa che ha condannato milioni di giovani e di donne ad abbandonare la propria terra, ad emigrare prima nelle due Americhe e poi nell’Europa del Mercato Comune, a morire di nostalgia ma anche di sfruttamento nelle miniere, nelle fabbriche e nelle officine della grande industrializzazione.

Inutile, illudersi, oppure girarci attorno con bugiarde giustificazioni. Gli storici che tanto fanno accademia in Calabria e discettano sul cosiddetto ambiente ostile allo sviluppo, mettano nome e cognome ai responsabili di questo disastroso e fallimentare modello di crescita e di pianificazione.

L'innalzamento del livello delle acque marine non cancellerà Locri, Crotone, Cirò, Corigliano, cioè luoghi e posizioni dove sono stati persino divelti i binari della ferrovia e stravolta la viabilità costiera, spegnendo anche il minimo sogno di benessere locale, ma sommergerà proprio le famose Cattedrali nel Deserto, il Porto di Gioia Tauro e l'Aeroporto di Lamezia Terme, distruggendo anche qualche tratto pianeggiante dell'Autostrada.

Un capo d'accusa pesantissimo per la politica calabrese di ogni colore e qualsivoglia ideologia, la stessa che durante tutta la seconda metà dello scorso secolo ha ammassato potere e ricchezze per le proprie famiglie e i loro nipoti e pronipoti, in evidente spregio dei diritti e degli interessi delle prossime generazioni.

Sono stati, infatti, proprio i vari esponenti della politica, dei regimi che si sono susseguiti nei decenni, i capi partito, parlamentari, consiglieri regionali, e con loro gli apparati di sostegno, come la magistratura,di uno stato a dir poco colonialista, per riprendere i titoli di Nicola Zitara, sa voler testardamente imporre tale sviluppo distorto, utilizzando una mole di investimenti ciclopica, gigantesca, nel tentativo per altro ancora inutile, di far decollare l'economia dell'intera regione, e farla uscire dall'arretratezza e dal sottosviluppo.

Perchè poi non metterli alla sbarra, non aprire un processo sul passato regime, non provare a trarne un giudizio storico, utile per il futuro regionalistico dei calabresi?

Un resoconto oggettivo, scevro dagli interessi di parte, che a tal proposito è tutt'altro che superfluo,anche in considerazione che ancora i calabresi non conoscono con certezza nè tanto meno con trasparenza quale saranno le scelte politiche infrastrutturali della Regione Calabria, e men che meno del governo nazionale.