Una volta che scoppia una crisi, e possono essere ricorrenti nel comparto agricolo, i coltivatori diretti, i piccoli proprietari contadini, i grandi agricoltori, i braccianti agricoli, in uno il variegato mondo dei produttori presenti nel settore, a quale 'santo' devono votarsi se in Calabria, regione a storica e predominante vocazione primaria, da cinque anni la postazione di governo è vuota, il pulpito è vacante perchè manca l'assessore regionale all’agricoltura? Che senso ha avuto questa decisione, a chi ha portato frutti e giovamento? Vi ricordate il nome dell’ultimo assessore regionale all’agricoltura? Non fa niente perchè, comunque, poco importa. Se non vi viene rapidamente in mente l’assessore regionale all’agricoltura della Giunta di Mario Oliverio è, proprio lui medesimo, il Presidente Mario Oliverio. Come mi vesto oggi da gentleman agro silvo pastorale, da vecchio baronetto della Sila Shire oppure da executive, politico, manager, ecc.? Tra situazione kafkiana e opera pirandelliana non versate il latte sulle antiche e gloriose mucche di Amintore Fanfani ma constatiamo insieme lo stato di gravissimo disordine e crisi in cui si trova l’agricoltura regionale, un campo disseminato di ingiustizie, raggiri, imbrogli e sperequazioni con pochi e ricchissimi agricoltori legati ai carri della politica e migliaia di braccianti sfruttati e contadini gettati nella più cruda miseria e completa povertà.
di Vito Barresi
Se dovesse servire, comunque ve ne indico, più sotto, alcuni dei nomi di tali imbattibili ‘campioni’, i Cassius Clay dell'aratro, i Leonardo dei vitigni, coloro che demandati e rimandati in materia hanno portato allo sfascio la parte più preziosa dell’economia regionale, il settore primario calabrese.
Che si trova attualmente in uno stato di confusione e anarchia che non ha avuto pari nella storia rurale di questa terra, neanche nei secoli più oscuri delle usurpazioni delle terre demaniali, della sdemanializzazione delle terre ecclesiastiche, della mano morta e dell’eversione della feudalità, in breve nel profondo del latifondismo baronale e dei contadini poveri servi della gleba.
Che l’agricoltura calabrese sia letteralmente allo sbando lo dimostrano in primo luogo i dati economici, con numeri assolutamente impietosi circa la riduzione sia della produzione complessiva che del prodotto lordo per segmento, la poderosa contrazione della superficie agricola utilizzata, la diminuizione dell’insieme delle piccole e medie aziende agricoli, la crisi verticale della piccola proprietà contadina, l’aumento esponenziale dei terreni abbandonati e malcoltivati.
Risultati negativi a cui si è voluto contrapporre solo qualche dato ciclico e stagionale specifico e positivo riguardante proprio i due comparti in cui arretratezza e dipendenza del sistema agricolo calabrese appaio mascherati dalle sorti magnifiche e progressive dell’olivicoltura e della pataticoltura silana, allorquando I solerti funzionari dell’Istat osservano che “per la produzione di Olio, comparto in cui la Calabria riesce a determinare insieme alla Puglia quasi il 55% della produzione totale nazionale”.
Come dire, trovate un solo marchio di spicco italiano ed europeo tra le più famosE etichette di olio extra vergine d’oliva calabresi e riceverete un premio.
Per non parlare poi della pataticoltura silana, produzione per molti aspetti ecologicamente e forestalmente devastante che per ettaro consuma una quantità di risorse idriche almeno pari a una centrale elettrica di media dimensione.
In sintesi il ragionamento è questo: le condizioni in cui si trova attualmente l’agricoltura calabrese non danno ragione a nessuna delle ‘politiche’ regionali attuate dai vari assessori (che in collezione da album rispondono ai nomi di Giovanni Dima e il Prof. Mario Lucifero nella giunta regionale di Chiaravalloti, Mario Pirillo in quella di Loiero, Michele Trematerra con Scopelliti e Mario Oliverio in quella di Oliverio), anzi li pongono di fatto sotto accusa per via dell’arretramento complessivo del comparto.
A sostanziare questo atto di accusa non sono solo le manifestazioni degli allevatori che versano il proprio latte senza piangere nemmeno una lacrima,ma essenzialmente lo spaventoso spopolamento delle campagne avvenuto in questi decenni, la distruzione allucinante della filiera agro industriale costruita dall’Opera Valorizzazione Sila e poi dall’Esac, la fallimentare gestione dell’Arssa ora Arsac, la dismissione di tutti gli impianti tra cui cantine sociali, conservifici tra Sibari e Crotone, Centrali del Latte tra Cosenza e Croce di Magara, l’abbandono dei centri e dei villaggi agricoli più importanti, il diffondersi della criminalità, dei furti, delle razzie e della ‘ndrangheta, che hanno diffuso il seme dell’odio e della vendetta tra pacifiche popolazioni rurali, che vivono nel pericolo, nell’insicurezza di un ambito territoriale, produttivo e paesaggistico che altrimenti avrebbe bisogno di pace e serenità, scontando tutti le complicazioni e i disagi che si sono determinati con l’immigrazione sia legale che clandestina.
Appare evidente che i calabresi dovranno effettuare scelte molto importanti che vanno delineate nei programmi elettorali per essere poi rispettati nel successivo quinquennio amministrativo.
E tra i punti di spicco vene nè uno semplice, elementare: dare alla Calabria un assessore regionale capace e preparato che sappia fermare il declino del settore e dare una scossa al gioiello produttivo di questa regione.