UE-27 non somiglia a Marte. La Parabola d’Europa. Profilo storico e traiettoria futura dell’Unione Europea nell’ultimo libro di Marco Piantini

26 febbraio 2019, 12:00 100inWeb | di Vito Barresi

Se non c’è più tempo per divagare attorno alle romantiche impressioni artistiche di ‘una certa idea d’Europa’, quel multiplo fertile e creativo di sensibilità ‘genetiche’ letterariamente auspicato da George Steiner, ciò non vuol dire che i tempi attuali siano divenuti troppo improvvisamente, ad ascoltare le fabule tristi dei populisti e dei sovranisti, soltanto un rinsecchito ceppo di quercia monoliticamente imbastardito. Anzi, essendo questo lembo del mondo unito e non più culturalmente eterogeneo, esso è visto sempre di più, in un misto d'invidia e di concupiscenza, di ammirazione e desiderio, come una straordinaria riserva di futuro, un luogo germinale di imprevedibili progettualità sociali, culturali, relazionali, politiche, economiche e umane. Prospettive queste che risultano non immaginarie nè tanto meno virtuali, bensì costantemente concrete e materiali, colte e analizzate dall’angolo visuale italiano ed euromediterraneo, con ampiezza di fatti e d’inventario, tra capitoli, passi e spartito organico dell’ultimo libro di Marco Piantini, La Parabola d’Europa, i trent’anni dopo la caduta del Muro tra conquiste e difficoltà, Donzelli Editore, un saggio politicamente molto intenso, storicamente ben ordinato, puntigliosamente cronologico, che traccia cicli e tornanti, corsi e ricorsi dal 1989 ad oggi, della comune storia di costruzione e sviluppo dell’Unione Europea.


di Vito Barresi



A pensarci bene ha ragione Marco Piantini a insistere sul termine parabola, luogo geometrico dei punti di un piano equidistanti da un punto fisso, detto fuoco, e da una retta data, detta direttrice.

Ha ragione perchè è in quel cono del pianeta che le tante generazioni europeiste sono anagraficamente partite per restare al centro dell’est e dell’ovest, del nord e del sud, fin dalla leggendaria data del 1957, anno del Trattato di Roma, fondazione della Comunità Europea.

Per cui non può che far bene raccontare ai giovani che proprio in base al trascorrere di ben sette decenni di pace, oggi accade che 500 milioni di abitanti potranno diversamente far fronte ai tanti fattori di cambiamento, agli scenari evolutivi che concorrono a definire il futuro dell'Europa in un mondo in cui è finita l’era dell’ingenuità e in cui tutti sono chiamati direttamente a provvedere alla propria sicurezza.

In questi tempi particolari in cui diventa persino plausibile vagheggiare di un diabolico piano eversivo contro la stabilità e il radicamento secolare dell’Unione Europea, in una fase in cui il ‘vecchio’ continente è diventato improvvisamente da luogo senza più guerre, un vero e proprio teatro mondiale del rischio terroristico tra Parigi e Nizza, Bruxelles e Berlino, perchè mai impossibile sospettare che qualcuno, nel pianeta complesso che si è venuto a configurare dopo la fine dei due blocchi e del vecchio equilibrio nucleare a somma zero, non s’intrigherebbe a retrodatare l’Europa alle vecchie carte del Congresso di Vienna, spappolando la nuova geografia transnazionale in un coacervo ancor di più spacchettato di tanti stati e staterelli?

Da qui alle elezioni europee del 26 maggio, e ancor di più in quella che si preannuncia una ruvida battaglia, al calor bianco post elettorale, che deciderà ruolo e importanza sia del gruppo centrista che di quello ‘progressista’ nella formazione delle maggioranze nel Parlamento europeo, sarà bene tenere in evidenza questo saggio di Piantini che offre spunti salienti per comprendere il destino e il futuro di un’Unione Europea, già di fatto diversa da quella protagonista delle più recenti cronache, che si ritrova a misurarsi nella sua versione 'small', cioè ridotta numericamente per quanto curiosamente ri-bilanciata dal 'forfait' britannico, dopo l'entrata in vigore della Brexit (in linea di massima il 29 marzo), in un mutato contesto strategico, politico, programmatico ed operativo, nello stemma dell'inedita sigla che la denomina UE27.

Sul tema, persino sulla stessa parola Europa (solo per citare qui uno studio esemplare e ammirevole di Luisa Passerini), ormai tutti abbiamo una propria, e molto soggettiva, quanto incandescente opinione.

Un’idea, dunque una e incerta, seppur vaga quanto quasi spesso ampiamente errata, su cui questo libro interviene a giusto proposito non in forma di ultima parola, ma come tentativo coerente di raccontare, anche con un coinvolgimento emozionale (validissimi gli spunti riguardanti Berlino, il racconto delle città europee, il profilo delle figure iconiche dei vari leader della Spd e della Cdu) una storia europea contemporanea che non si basa solo sull’arida documentazione dei regolamenti, delle direttive e delle decisioni di volta in volta assunte dalla Commissione e dal Parlamento, tracciandone un percorso dialettico attraverso gli ‘hard fact’ del grande processo di europeizzazione che ebbe una svolta epocale con la caduta del Muro di Berlino, la firma del Trattato di Maastricht, l'istituzione dell'Unione Europea, l'introduzione dell'Euro, realizzandone un sunto non riduttivo ma di rara immediatezza dialogale.

Ritrovarsi in questo paesaggio mentale, nella mappa sconta dei grattacieli di Bruxelles, non può oscurare nessun ‘corner’ del passato, alcuna edicola dei ricordi della mitologia europeista, fosse persino il passo di un classico del cinema di Andrej Tarkowskij, Sacrificio, in cui il protagonista, un vecchio professore in pensione, dedito a insegnare per frammenti al piccolo figliuolo i capisaldi di memoria di un’intera civiltà in declino, e che infine per follia brucia la sua stessa casa nordica e colta per amore cieco e disperazione esistenziale:

"Deve essere stato bello il tempo in cui gli uomini credevano che il mondo fosse così. Questa Europa somiglia sempre più a Marte. Voglio dire che non ha alcuna attinenza con la verità. No, però la gente viveva allora, e neanche tanto male. Un momento in che anno siamo adesso? 1392. Sarà meglio mettere via la carta, Otto vieni ad aiutarmi? Ho la sensazione che nemmeno le nostre carte geografiche abbiano alcuna attinenza con la verità.”

In ogni caso l’interrogativo iniziale, posto a suo modo da Steiner, torna costantemente nel ragionamento di Piantini che insistentemente, analizzando criticamente la più recente storia politica della sinistra europeista, sembra chiedersi come, dove e quando si potrà tornare a rinsaldare e riconciliare la passione delle idee alla logica dei fatti, specialmente parlando di questa Europa, non più come una spinosa e urticante questione bensì in quanto opportunità globale, vera chance di pace, crescita e cooperazione globale nel frastagliato e difficile panorama planetario.

Che i tempi siano evoluti fino a raffigurare l’Unione Europea, UE-27, come il più grande player disarmato in un mondo sempre più armato e bellicoso, un gigantesco quartiere generale pluridirezionale che si candida a governare, in quanto sintesi e cerniera, il pianeta del domani, lo si intuisce nelle quasi duecento pagine scritte da Marco Piantini, dal fatto che l’Europa, per come era stata concepita in secoli e secoli di civiltà materiale e spirituale, realmente non esiste più.

Tanto che, paradossalmente, accade che nella inusitata velocizzazione della vita e della storia, la nuova Europa quella dell’Unione (che ha soppiantato la Comunità Europea, il Mec, la Ceca, l’Euratom,ecc.) probabilmente ancor di più quella ‘dimagrita’ e più snella dell’UE-27, non riesce nemmeno più a trovare il proustiano tempo perduto (questo un pò il rammarico che rattrista l’autore lungo tutta la sequenza analitico- espositiva) per raccogliere le copiose memorie e riassestare gli archivi di una potente e produttiva fase di strutturazione costituente, che ha costruito quel che oggi è l’immenso edificio istituzionale dell’Unione Europea.