Un’altra strada per l’Italia di domani. Idee e progetti nel nuovo libro di Matteo Renzi

3 marzo 2019, 14:53 100inWeb | di Vito Barresi

Matteo Renzi non è certo un fantasma di Canterville destinato ad aspettare trecento anni prima che le finestre della politica si aprino al futuro, sotto la spinta del vento impetuoso e civile di più raffinate idee di riformismo moderno, progettuale, finalmente protagonista di quei tanto agognati mutamenti qualitativi della vita italiana. Generazionalmente molto motivato, politicamente autodeterminato, culturalmente orgoglioso del suo spassionato amore, persino poetico, per quella ‘middle Italy’ che è la forza nascosta del genio storico nazionale (ma anche di tutto quello che come sul set di in un film felliniano, ruota intorno tra acrobati, saltimbanchi, straccioni, matti e fragili figure della nostra società) nel suo ultimo libro ‘Un’altra strada Idee per l’Italia di domani”, Marsilio Editori, scrive puntigliosamente, con una ‘verve’ e una vivacità persino ritmata in forma di ‘talking’, tanto che alle spigolature richiama persino una gucciniana L’avvelenata. Parlando di molte cose importanti, puntando l’obiettivo al microscopio della polemica e delle antitesi avversarie, su un quadro della vita politica di un Paese che, forse, dopo aver perso improvvisamente la bussola, ipnotizzata da un bugiardo e subdolo ‘a me gli occhi’, dovrà bruscamente risvegliarsi su un’altra, più avanzata sponda della transizione democratica interna, alle prese complicate di complesse e gravose responsabilità internazionali.



di Vito Barresi

E ciò perchè finita ‘l’età dell’oro’, conclusa la commedia all’italiana delle furbesche ingenuità, bisognerebbe presto scoprire di avere definitivamente superato il ‘guado’, in quanto è proprio questo il momento per passare definitivamente dalle ideologie ai problemi, dalle emergenze emotive all’individuazione ordinata delle priorità economiche, civili, morali e istituzionali che rendono moderno, adeguato e competitivo il ruolo italiano nello scenario del mondo globale.

Il muscolo che pulsa nel cuore della lucida costruzione saggistica dello statista fiorentino, il cui impulso percorre in tensione elettrica l’insieme organico della capitolatura e della paragrafatura di questo nuovo ‘manifesto renziano’ è, non solo dichiaratamente, ma ostentatamente ‘anti contrattualista’, un diretto e duro attacco sferrato all'ambigua ed equivoca formula di governo scelta dai leghisti e dai 5 Stelle, neanche in quanto corollario dei principi sovranisti e dei teoremi populisti.

Sicchè, ove per assurdo si ponesse a Renzi, come poi nella realtà è già accaduto, l’aut-aut tra prendere un caffè a casa di Jean Jacques Rousseau, dove gli individui, ad esempio gli eletti nella rappresentanza parlamentare, devono cedere per contratto, una piccola, apparentemente insignificante e monetizzabile quota della propria libertà, ridimensionando non solo la totalità dei loro diritti ma la stessa potenza della sovranità popolare, con l’alea di ridare tutto ai cittadini, e una 'brioches' nel circolo di Francois-Marie Arout detto Voltaire, dove campeggia la scritta “il grande obiettivo è di servire il pubblico, e senza dubbio un uomo dedicato per tutti i giorni della sua vita a salvare una contea dalle inondazioni o a scavare dei canali per facilitare il commercio rende un servizio maggiore allo stato, che non uno scheletro che dondola da un palo, appeso con una catena di ferro”, il toscano non avrebbe certo alcun dubbio nello scegliere il secondo.

Da qui sorge la sua ‘convincente’ filosofia politica adatta e funzionale alla fase che stiamo attraversando, che punta a un diverso rapporto consensuale tra cittadini, elettori e leadership di governo non riducibile nè ricondubile ad alcun surrogato di neo contrattualismo.

Tale da fargli proclamare quasi una crociata, una disfida, una lotta senza confini alla maniera di Guelfi contro Ghibellini, origine tra le più storicamente nobili dei moderni partiti politici, scatenando non una tempesta nel deserto ma una battaglia urbana senza quartiere in nome della civiltà italiana contro la sua negazione populista, scegliendo il terreno dello scontro culturale dentro la politica nostrana.

Per esempio il Palio si vince, ed ha ragione, primariamente sul non marginale tema del conflitto d’interesse che sembrava improvvisamente caduto nel dimenticatoio. Quando, invece, al contrario, il vero scandalo è stato abilmente messo dietro le quinte di questo, improvviso fin troppo fulmineo blitz, il successo del leghismo padano e del sudismo a 5 stelle.

Siamo qui di fronte, osserva Renzi, ad una clamorosa vicenda politica che obbliga tutti gli italiani a ripensare l'esperienza di Berlusconi, le accuse al fondatore dell’impero mediatico di Canale 5 e Fininvest, nella misura in cui quella fu un'esperienza segnata da un evidente conflitto di interesse.

Ma mentre prima, paradossalmente, quel conflitto era a suo modo trasparente, perchè riguardava una società quotata in borsa, adesso che succede? Davvero, dice il Matteo buono, possiamo pensare che tutto sia finito o che non ci siano altri siparietti ben più pericolosi del potere mediatico del ‘tycon’ di Arcore?

Sarebbe interessante, avverte Renzi, che qualcuno si prendesse la briga di andare a guardare quel che succede nelle cabine di regia informative della Lega e del Movimento 5 Stelle. E lui lo fa descrivendo questi e altri dossier scottanti, che riguardano l’attuale ‘coacervo’ populista, qualunquista e sovranista, che ha conquistato il potere parlamentare e governativo in Italia con le elezioni del 4 marzo 2018.

Anzi egli chiede l’istituzione di un’apposita commissione di inchiesta parlamentare, a proposito delle fake news e dei rapporti esistenti tra i soggetti che gestiscono la comunicazione e la propaganda, la cosiddetta ‘Bestia’ di Matteo Salvini, alcune aziende pubbliche, interrogandosi se i 49 milioni di euro che la Lega ha sottratto e per cui è stata condannata, siano finiti anche parzialmente nelle casse di queste società.. Insomma, se è vero o non è vero, che la Casaleggio prende dei soldi da soggetti pubblici o partecipati dal pubblico.

Proprio perchè Renzi dice di non essere il Matteo sbagliato, ‘L’altra strada’ si presenta come un percorso di lettura, informazioni e dati particolarmente interessante. Una narrazione di indubbia efficacia che offre al pubblico la prospettiva di un protagonista di primo piano della scena politica non solo italiana ma europea e mondiale.

Gustosi alcuni appunti di diario degli incontri internazionali con Merkel, Macron, Obama, i Clinton, speciale il retroscena di una telefonata a Putin, dopo un servizio non certo amichevole di un sito russo su una manifestazione referendaria a Roma, con passaggi persino retoricamente accattivanti, per destrezza e capacità dell’autore di riuscire a risolvere anche le più crude polemiche personali e familiari, con l’aurea regola del netto distinguo e della corretta ‘leggerezza’.

Abbastanza interessante poi la quasi perfetta concatenazione tra immagini di cronaca e attualità di governo che sottolinea il legame forte tra politica e comunicazione, in quanto esatto opposto del rapporto tra politica e propaganda demagogica, confermando che il nocciolo duro del rapporto tra politica e realtà è la parola, il potere comunicativo.

Tuttavia, accanto alle lodi per l’impegno e l’impianto non sul frammento, nè sul ritaglio e sul particulare ma su un’idea organica del Paese, anche i 'nodi' che alla taratura conclusiva potrebbero essere elencati in copia. E ciò perchè, alla fine, non sembra emergere con decisione una proposta secca e dirompente, capace di mettere le ali alla politica italiana, specie quella del centro-sinistra, risolvendo la lunga e anodina crisi della forma partito tradizionale novecentesca.

In fondo, come sogna Renzi, per una politica che sappia essere luogo generativo di futuro, bottega artigianale che aggrega una socialità che rappresenta e decide, manifattura che sa produrre soluzioni convincenti e condivise, industria che sa connettere i cicli produttivi, cioè un politica intesa come internet delle cose strategiche e importanti per il sistema paese, c’è tanta strada ancora da fare.