8 Marzo: chi offende la dignità della donna in Calabria? Chi fa finta che vada tutto bene

8 marzo 2019, 08:00 Imbichi

Dopo il vergognoso volantino della Lega e le ancor più vergognose giravolte per giustificarlo, è forse giunto il momento di snocciolare alcuni numeri sulla “questione femminile” nel meridione. Perché nonostante i palesi progressi, è ancora difficile parlare di piena emancipazione.


di Francesco Placco

Sono ormai scemate le polemiche attorno al pietoso volantino pubblicato qualche giorno fa dalla Lega di Crotone (LEGGI), e tutto sembra tornato alla normalità. E questo è un problema.

Aldilà di quanto clamore possa aver generato quell’orrido manifestino, c’è da dire che la condizione femminile, in Calabria ed anche a Crotone, non è delle migliori. E questo non da oggi.

Prendiamo dunque la palla al balzo per mettere nero su bianco alcuni dati, alcuni numeri, per scoprire una realtà spesso sottovalutata o considerata impossibile, ma con la quale conviviamo quotidianamente. Spesso, senza neppure accorgercene.

Partiamo dal dato per eccellenza, quello sulla disoccupazione. La Calabria si conferma per il terzo anno consecutivo come una delle peggiori regioni in tutta Europa per tasso di disoccupazione (QUI).

Nel 2017 il tasso generale si è attestato al 55,6%, mentre quello dei disoccupati da lungo tempo è arrivato al 68,1%.


Un terzo delle donne

fa la casalinga,

se lavora guadagna

meno di un uomo


In questo tremendo scenario, il tasso di disoccupazione femminile sfiora la cifra del 70%: più della metà delle donne residenti in Calabria è disoccupata, e circa il 30% di esse si dichiara come casalinghe (QUI).

Chi ha la fortuna invece di trovare un impiego, pur non dovendosi fronteggiare con una marcata differenza salariale (QUI) si trova costretta ad accettare il livello di retribuzione media più basso in Italia (QUI).

Una condizione che si ripresenta a livello nazionale, tanto da essere inclusa nelle clausole di penalizzazione del Global Gender Gap Report (QUI).

A peggiorare ulteriormente la situazione, è da annoverare - purtroppo - la cronica assenza di programmi volti all’inserimento lavorativo, a livello locale e regionale.

Un vero e proprio campo minato, dove l’assenza di una programmazione concreta colpisce tutti indistintamente, e che spesso cammina di pari passo con una concezione superata delle varie commissioni alle pari opportunità.


La Calabria e il suo

triste primato:

prima regione in Italia

per femminicidi


Altro dato incredibilmente sottovalutato è quello sulla violenza di genere. Nel periodo 2015-2017 la Calabria risulta essere la prima regione in Italia per numero di omicidi femminili (QUI), non sempre legati a questioni sentimentali.

A voler considerare le denunce raccolte dall’ISTAT (QUI), nel solo 2017 in tutta la regione ben 382 uomini sono stati denunciati per stalking e 111 per violenza sessuale, mentre 222 donne sono state riconosciute vittime di violenza domestica e 72 di violenza sessuale.

Allo stesso tempo, nonostante l’impegno di numerose associazioni e cooperative, la Calabria è anche una delle regioni con il minor numero di centri antiviolenza e case rifugio: sono appena 7 e si trovano solo in tre province (QUI).

Crotone, ad esempio, risulta tra le province che non offrono questi servizi. E sono molti, purtroppo, gli episodi che ricordiamo fin troppo bene. Storie di ordinaria violenza, spesso sfociata in ferocia incontrollabile.


Duecentomila conterranei

emigrati per lavoro,

quasi il 40% sono donne


Non resta che l’emigrazione. Secondo il rapporto ISTAT “Migrazioni internazionali e interne della popolazione residente” riferito al 2017 (QUI), la Calabria è una delle regioni con il più alto numero di emigranti, concentrati prevalentemente nelle fasce più giovani. Degli oltre 200 mila conterranei che hanno abbandonato il proprio paese negli ultimi anni, circa il 38% sono donne.

Si tratta di una situazione complessa e delicata, che non può essere derubricata a beceri slogan politici e partitici.

Nonostante tutte le storie positive e gli esempi virtuosi che possiamo offrire, c’è ancora molto da fare. E di certo, non abbiamo bisogno di “difensori improvvisati” che parlino di “ruoli naturali”.