Dopo circa sei secoli di marginalità geografica e subalternità politica il Mediterraneo torna a essere un campo di lotta universale, un rinnovato spazio di conquista nel contesto di un mondo che nel frattempo si è espanso forse persino a dismisura. E purtroppo tornano le guerre, i porti chiusi, confini e muri che impediscono il dialogo e ostacolano la pacifica convivenza tra popoli, nazioni, comunità, economie, società, culture e religioni.
di Vito Barresi
Mare Mediterraneo che si ripropone nella sua importanza non più per via della variopinta e perennemente litigiosa dimensione micro localista ma in quanto ambito, snodo intermodale, cardinale e connettivo tra il Nord e il Sud, l’Est e l’Ovest, l'Oriente e l'Occidente dell’intera mappa geografica globalista.
Perché è certo e non altrimenti il potere e il controllo di questo specchio d’acqua assicurerà il dominio del futuro delle grandi superpotenze che giocano le loro strategie, il radicamento e la posizionalità in un contesto che per suo stesso etimo, per il suo nome Mediterraneo, è per eccellenza 'il mare tra le terre'.
Seminario partecipato e seguito da esperti, giornalisti e accademici di tutti i singoli Paesi rivieraschi. Anche in vista dell’annunciato “Incontro di riflessione e di spiritualità per la pace nel Mediterraneo”, organizzato dai vescovi italiani, che si svolgerà a Bari nel febbraio 2020 e che coinvolgerà i pastori dell’area euro mediterranea.
In precisa contezza di tale scenario minaccioso, c he in catena tiene sotto stress e tensione bellica la Libia, la Siria, la Turchia, l’Algeria, il Libano, Gerusalemme, Israele, Gaza, la Palestina, ecc. La Civiltà Cattolica ha organizzato un seminario dal titolo “Essere Mediterranei”, pensato non come un paradosso ma in evidente controtendenza di volontà rispetto alla logica purtroppo sbagliata dei fatti politici e militari contemporanei.La lunga durata contrapposta all'evenemenziale? Può darsi, anzi potrebbe trattarsi, persino, ma non utopisticamente, come primo momento di un ‘laboratorio’ di cittadinanza, un’occasione per riflettere sulla convivenza comune nell’ambito di un quadro geopolitico del Mare Nostrum.
I relatori hanno accettato come base di discussione e loro traccia tematica il contenuto della Dichiarazione sulla “fratellanza umana”, firmata da papa Francesco e dall’imam dell’Università islamica di al- Azhar, lo sceicco Ahmad al Tayyb, un documento molto importante siglato ad Abu Dabi, in cui si sottolinea il concetto di fraternità che accomuna i popoli e soprattutto, la priorità dell'essere cittadino, la questione su cosa significa oggi essere cittadini, dentro il quadro e al di là dei conflitti e delle tensioni di questa fase storica.
Ne è scaturito un confronto a voci molteplici e angolature plurali in cui si è sviluppato un ragionamento che, seguendo il filo di una storia di lunga durata del Mediterraneo tanto mirabilmente studiata e raccontata da Fernand Braudel, rimandava, quasi sorprendentemente, alla dimensione letteraria e umana, dei Frammenti di Storia di Victor Hugo, a quel suo ‘Je suis un mediocre immense’ che con un’unica pennellata, con un solo tocco di penna scrisse quel che nel futuro potrebbe ancora essere il Mediterraneo e cioè il luogo in cui:
“Bisanzio diventerà Istanbul; Roma resterà Roma. Il Vaticano rimpiazza il Campidoglio: ecco tutto. Tutto è crollato di vecchiaia intorno ad essa; la città santa si rinnova. Regnava un tempo attraverso la forza, ecco che regna attraverso la fede, più forte della forza...Così una teocrazia fa l’Europa, come una teocrazia ha fatto l’Africa,come una teocrazia ha fatto l’Asia…!
Per Antonio Spadaro essere mediterranei oggi può significare anche essere cittadini del mondo in modo differente. Perché, in fondo, sarebbe questa la lezione, la sintesi e tessitura proposta da papa Francesco rispetto a tanti precedenti incontri ed esperienze di confronto istituzionale, essendo arrivato il momento di riflettere in maniera pacata ma puntuale, considerando lo specifico dei singoli paesi, su che cosa significa oggi Essere Mediterranei.
Da qui la sempre più avvertita esigenza di mettersi attorno a un tavolo per guardare le criticità geopolitiche e le differenti asperità interne non come problematiche soltanto ostative ma come forte incentivo a ritrovare il senso comune di realtà solo apparentemente staccate e lontane tra loro, per arrivare poi a uno spirito di unione all'interno del bacino del Mediterraneo.
Tuttavia non tutti ai più alti vertici del potere mondiale si può dire che conoscano nelle specificità, persino nelle anse, negli anfratti, nelle baie e nei piccoli porti, nelle vallate come nelle pianure, la peculiarità e la complessità di un Mediterraneo che sfugge alla sua concezione stessa come pure alla percezione materiale, più raffinata ed adeguata delle grandi superpotenze come quelle atlantiche, pacifiche, asiatiche, americane e persino per certi versi europee.
Nella sua geografia fisica, quanto ancor di più nelle sue sottilissime e pirandelliane psicologie storiche e sociali, nella cultura dei popoli e nella formazione delle generazioni che ne vivono i territori, il Mediterraneo resta per il 'resto del mondo' con i suoi nuovi e vecchi continenti, spesso una formula, un pregiudizio, un’ incomprensione, tanto che le grandi superpotenze, americane ed asiatiche, spesso la trattano in quanto realtà ‘capricciosa’, certamente per via di quelle capziose e a dir poco per esse stucchevoli valenze culturali, al fondo depositate nella 'tara' ideologica e teologica dei tre grandi monoteismi ebraico, cristiano e islamico.
Per cui il 'resto del mondo' guarda al Mediterraneo cercando di tenersi a debita distanza dalla sua vera essenza, addomesticandola, asfaltandola quando si può, rimuovendola quando è necessario, sempre accarezzando la tentazione di non lasciarsi mai irretire dal Mediterraneo ma di giocare, invece, a confonderlo dentro il ginepraio delle sue dinamiche, con guerre, contrasti, contrapposizioni, senza mai lasciare emergere la comune identità, la straordinaria forza inconscia che ne formerebbe un progetto come roccia emergente, lasciandolo di fatto prigioniero di questa sua stessa entropia.
Dal seminario è emersa una sfida anche all’Unione Europea, frastornata da populismi e sovranisti vari, ad operare e lavorare insieme per un concetto di integrazione euro mediterranea da rilanciare in un orizzonte planetario più vasto, visto che non sarà la ‘mitteleuropa’ ad essere l’unica protagonista degli scenari 2050-90, ma un Mediterraneo che deve riscoprirsi come insieme di esperienze e di valori condivisi e convissuti non più è solo esistenzialmente dentro i mondi locali ma nella dimensione più grande e strategica della geopolitica del pianeta.