“Mi piacciono i maiali. I cani ci trattano con ossequio. I gatti ci trattano con disprezzo. I maiali ci trattano da pari grado” (Winston Churchill) Volevo scriverlo prima di ogni altra cosa: dovete leggere questo libro. Càpito per la prima volta nella casa di un sindaco laureato in Lettere antiche che alleva maiali. Stavamo parlando quando lui si è allontanato per andare a preparare del caffè in cucina.
di Patrizia Muzzi
Rimango da sola nel piccolo soggiorno e inizio a studiare gli oggetti che mi circondano. Abbassando lo sguardo trovo questo libretto dalla copertina color rosa scuro dal titolo semplice ma per me ambiguo: Il Maiale (Marsilio, 173 pagine, 15,00 euro). Ci cado subito. Di cosa si tratta? Un saggio? Un romanzo? Lo apro. È un libro di filosofia e di storia, con alcuni ritratti di maiali. Vivo nella terra che ha fatto del maiale il suo emblema culinario e di suini so davvero poco. Prima che ritorni il sindaco, fotografo la copertina e faccio ordinare il saggio dalle mie amate bibliotecarie.
Non è un caso, ovviamente, che io abbia provato disagio nel leggere quel titolo, perché il maiale è un animale perturbante. Onnivoro come noi, scoprirete che in fondo è quello a noi più simile.
I maiali, quando soffrono, urlano come esseri umani. Fino all’epoca moderna i maiali vivevano attigui alle nostre abitazioni, io stessa ricordo le case dei contadini con il trogolo a pochi metri dall’ingresso principale. Prima delle grandi pesti che decimarono l’Europa i suini giravano in libertà per le strade delle città. Questa abitudine si è persa col tempo ma sopravvive in luoghi come l’Avana e Città del Messico.
Oggi i milioni di capi macellati in Europa sono pressoché invisibili. Cora Stephan, nelle sue Memorie di una allevatrice, ha confessato di amare i maiali per una infinita serie di motivi tra cui il fatto di “essere intelligenti come delfini, gentili e fedeli con le persone care ma abbastanza furbi da non dare confidenza al primo venuto. Sono animali giocosi ed edonisti, impertinenti e leali, grandi corridori e nuotatori eccellenti.”, aggiungendo che “sarebbero i migliori amici dell’uomo se non assomigliassero troppo ai loro cugini dotati di linguaggio, che hanno il terrore di quella somiglianza”.
I primi resti di suini domestici risalgono a ottomila anni fa e furono rinvenuti in Cina. L’alleanza tra uomo e maiale è sempre stata una questione di vita o di morte. Tabù per alcune culture, alimento principale per altre. Nel Medioevo si processavano eretici, ebrei, streghe e spesso i maiali, che finivano sul banco degli imputati come gli esseri umani: accusati di avere morso o divorato bambini, condannati all’impiccagione o sepolti vivi, subivano il processo vestiti come gli uomini.
A questo punto ho pensato di dover chiedere scusa ai maiali a nome dell’umanità per i crimini del passato quando sono passata al capitolo dedicato ai tempi più recenti, quelli dei test nucleari sull’isola di Bikini: maiali arsi vivi per sperimentare gli effetti delle esplosioni nucleari e per quanto tempo sarebbero rimasti commestibili dopo essere stati sottoposti a radiazioni. Negli anni ’70-’80 si appendevano vivi e narcotizzati per poi testare l’efficienza delle mitragliatrici e al risveglio li si studiava mentre soffrivano in agonia fino alla morte. Nel 2010 nell’Alto Palatinato, i militari americani utilizzavano maiali, dopo averli feriti gravemente, per preparare il personale sanitario.
Il maiale, animale più simile a noi, è per eccellenza la nostra bestia sacrificale. Sono predestinati alla morte e alla sofferenza. Non molto tempo fa, nella facoltà di veterinaria a Innsbruck, seppellirono vivi dei maiali nella neve per testare il processo di assideramento e/o asfissia, l’esperimento poteva durare ore. In Germania, il numero di suini morti per esperimenti, oscilla tra i dodici e i sedicimila l’anno. Nella sola UE, a scopo sperimentale, sono quasi 78 mila; 58 milioni morti per scopi alimentari sempre in Germania.
Gli animali da macello hanno smesso di essere nostre conoscenze: provate ad uccidere un animale a cui avete dato un nome e che avete allevato guardandolo negli occhi. Le bestie, soprattutto i maiali, si fidano di noi. I maiali sono sfruttati nelle condizioni più crudeli. Non li percepiamo più come parte della nostra vita, sono in un altrove indefinito del quale facciamo finta di non sapere nulla. Capannoni, macellazione in serie, errori di procedura e maltrattamenti brutali che diventano normali poiché l’industria pretende velocità.
Ma questo libro racconta molto di più, e vorrei che lo leggeste proprio per questo: perché oltre a essere un bel libro, porta a concludere che un mondo diverso è possibile, che ripensare il nostro approccio con l’industria alimentare è possibile, portando il caso di Hiroshi Kamimura, allevatore di maiali che vive in Giappone, il quale canta, legge il giornale, dorme e gioca con i suoi animali (Pigs & Papa, di Toshiteru Yamaji).