In questi torridi quanto “impegnativi” mesi d’estate tra gli altri problemi correnti e quotidiani di una più intensa stagione di vita economica e sociale, la Calabria sarà anche alle prese con il non facile problema di individuare il profilo e il nome di un candidato idoneo e adeguato alla guida della Regione.
di Vito Barresi
Una donna o un uomo che nel proporre la propria candidatura alla carica di Presidente della Giunta Regionale sia in grado di dare prima di tutto fiducia ai calabresi, capace di indicare una diversa e innovativa programmazione regionale e territoriale, prospettando ai cittadini elettori, le strade possibili e compatibili per riaccendere il motore troppo a lungo spento dello sviluppo e della crescita.
Sappiamo che nel contesto della politica calabrese, tra Catanzaro, Cosenza, Reggio Calabria e Roma sono da mesi già in corso le “liturgie” ordinarie e straordinarie per far prevalere questo o quel candidato della propria parte.
Trattative e contrattazioni che ancora non hanno portato ad alcun risultato lasciando tutti nel guado dell’incertezza e dell'indeterminazione, nella confusione randomica di una politica del momento che rischia di aggravare senza risolvere il problema della governabilità e della “gestionalità” di una regione scomposta, frastagliata, spesso contrapposta e disunita anche sulle vicende più semplici e banali.
Mai come oggi si può comunque affermare che la Regione Calabria non ha bisogno né di superuomini, che si innalzano come “pini in mezzo alle ginestre” , né tanto meno di super eroi che promettono non in sette giorni bensì in uno solo di far uscire la Calabria dal sottosviluppo in un colpo e con generici quanto discutibili slogan, parole d'ordine e demagogici proclami.
La Calabria ha bisogno prima di tutto di un “rinnovato e ragionevole regionalismo”, un regionalismo mite, equo, propositivo, progettuale, un regionalismo riformato più che riformista nel senso classico, che sappia cogliere il segno del mutamento sia nazionale che europeo, riposizionando il ruolo geopolitico regionalista in un quadro più ampio e articolato che va sempre più determinandosi, tra contraddizioni e resistenze, persino guerre e conflitti, tra ambiente ed energia, nel contesto del Mediterraneo.
In questo senso i centri decisionali romani, i gruppi dirigenti dei partiti (PD, M5S, Lega Nord, Forza Italia, Fratelli d'Italia, Partito Radicale, Partito Socialista Italiano, Più Europa, Verdi, Sinistra in genere, insomma la destra, il centro e la Sinistra storica), coloro che influenzeranno la cernita e dovranno decidere o comunque ratificare la scelta del candidato Presidente in Calabria, devono prima di tutto, dare loro stessi prova di responsabilità e serietà, individuando la 'griglia' necessaria provvisto di un indice di punti minimi richiesti al profilo politico, una donna o un uomo che abbia la caratura umana, relazionale, comunicativa, culturale e politica di persona solida e motivata a svolgere un ruolo delicatissimo.
Compiti essenziali di natura persino emergenziale anche se non commissariale, in una Regione a rischio strutturale che richiede per la sua rinascita caratteri di capacità, attitudini e skill generalisti, competenza storica della vita regionalista, conoscenze approfondite dello scenario interno ed esterno all'area regionale, preparazione funzionale in ambito pubblico e tanta, tanta sensibilità sociale in termini di ascolto, amicizia, solidarietà, quanto cristallini rapporti con le molteplici realtà locali.
Tutti fattori che sono poi una sintesi di impegno, umiltà, abnegazione, altruismo, spirito civico e di servizio, trasparente dedizione ai valori comuni della calabresità, costante attenzione operativa e risolutiva degli interessi economici, sociali e culturali di ceti, classi, gruppi, strutture e istituzioni che vogliono scommettere con sicurezza su cinque anni di governo, stabilità e innovazione.
Scriveva sul finire dell’800 il sociologo cosentino Pasquale Rossi che noi calabresi
“viviamo in una forma ibrida di economia. Noi non siamo né abbastanza feudali né abbastanza industriali: non viviamo né abbastanza nel passato, né abbastanza nell'avvenire. Siamo come una nuance, una triste nuance d'antico e di moderno, di vecchio e di nuovo. Il giorno che sapremo liquidare definitivamente il passato, cacciandolo sotto le nuove acquisizioni della civiltà e sapremo della vita moderna assumere, non solo gli aspetti fuggevoli, ma le intrinseche virtù, noi potremmo dire d’essere un popolo nuovo."
Citazione quanto mai appropriata apparsa nel saggio “L’animo della Folla” (Cosenza, 1898) che per l’oggi significa essenzialmente che solo se a Roma i capi e di decisori attuali della politica italiana, da Zingaretti a Fico, da Conte a Salvini, da Meloni a Berlusconi, non sapranno cogliere l’appello e il sentimento vero di questo nuovo popolo calabrese, difficilmente gli stessi avvieranno l’auspicata selezione qualitativa di un rinnovato ceto politico in Consiglio Regionale e di un Presidente di una Giunta che dovrà governare la Calabria a partire dal 2020.
Se così non fosse, svanirebbe d’un colpo l’attesa e la fiducia verso l'elaborazione e la condivisione di un programma e un progetto unitivo e non divisivo, né si potrà sperare che vi sia un futuro importante anche per questa terra straordinaria, tanto ricca di risorse naturali e di immenso quanto intelligente capitale umano.
Calabria che, invece, dimostra in fondo di essere più che mai propensa a spingere, al contrario, per l'immediata apertura di una fase diversa alla Regione, senza cadere nelle spire sterili e inconcludenti di un rifiuto 'plebeo' e qualunquista, ma per l'avvio di un ciclo straordinario e promettente di nuovo regionalismo propulsivo e qualitativo, nella cornice coesiva dell’Unione Europea e in quella ampia, complessa e avvincente dell'orizzonte globale e mediterraneo.