Regione (e Comune?) al capolinea: la competizione è vicina, è il tempo degli uomini liberi

21 luglio 2019, 10:26 Opinioni&Contributi

La legislatura regionale è ormai finita, per quella comunale solo qualche mese in più, entrambe fallimentari, inoperose. Entrambe caratterizzate da un asse, figlio di un arrogante immobilismo, surrogato di sole esigenze personalistiche.


di Antonino Mauro Calabretta

È ormai chiaro a tutti che per Crotone la strada, quella del cambiamento e dello sviluppo, non è percorribile: con questi attori, con questo fare.

Una realtà, quella crotonese, che dalla crisi poteva trarre forza e vigore, per le sue peculiarità, per le sue attrattive e anche, perché no?, per le sue difficoltà.

Forse qualcuno crede che ci sia ancora tempo e che quindi si può aspettare. Non è così. Il tempo è finito. I proclami non bastano più.

Fino ad oggi nulla è pervenuto e quel che è peggio, nessuno si preoccupa di svelare la reale situazione dei progetti su cui molti hanno fatto campagna elettorale.

Aldilà dei programmi elettorali non rispettati e dei proclami last minute, permane, con epidemica diffusione, un senso di appiattimento su posizioni di rendita che favoriscono solo giochi politici e mai, dico mai, l’interesse del territorio.

Dei progetti proposti o delle idee pensate e riflettute non ne è andata in porto nemmeno una e da oltre venti anni si vagheggia.

Morale vorrebbe un profondo esame di coscienza a cui la classe dirigente non è stata educata, ma qui conta la presunzione di mettersi a fare ciò che poi effettivamente non si sa fare.

Qui conta generare le giuste alchimie per conservare il proprio potere e se possibile, governare a vita, la gestione del potere non il governo della Cosa pubblica.

Tagliare è la premessa per rinascere. Ricostruire un Dna dopo anni di catarsi per tornare a veder la luce, un obbligo, conosciamo la differenza tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, sappiamo ormai distinguere tra il bene e il male.

Novembre o Febbraio, quale data per il definitivo cambiamento poco importa, ora serve programmazione, progettualità, competitività, quella vera, frutto di una visione chiara e definita.

Siamo cresciuti e maturati, collezionando esperienze, e queste ci hanno definito, formando il nostro carattere, responsabilità e maturità quali ingredienti capaci di tracciare una scelta chiara, netta, esatto contrario di quanto finora propostoci, esatto opposto di quanto finora subito.

Ben venga il sorgere di nuove associazioni, se dedite al dinamismo, al confronto, alla crescita, mai più a modelli frutto di singoli protagonismi e beceri egoismi, capaci finora solo di generare corto circuiti non aggreganti. Ne conosciamo già gli effetti. Il passato lo conosciamo, conosciamo i loro schemi, gli effetti e la forza finora esercitata, facciamone tesoro.

Si stia uniti, nel rispetto delle diversità, lo si faccia valorizzando gli underdog, vi è necessità di chi vede il mondo in maniera diversa, di chi parte svantaggiato perché, quando capirà che c’è spazio anche per quelli come lui, il risultato sarà un upset.

Si faccia squadra, non si sprechi più tempo nel tentativo di incanalare l’acqua verso singoli pozzi: non è servito, non servirà: non si tenti l’arrembaggio deriva di immaturità e pressapochismo.

Si crei un modello nuovo, frutto di un sistema che affondi le sue radici nella cultura del lavoro e nel rispetto di chi vive di lavoro, un modello positivo e propositivo.

Si agisca senza la paura dell’essere puniti, peggior punizione di quanto finora offertaci non sarà possibile infliggerci; si agisca da uomini e donne liberi da condizionamenti e bisogno, seppur bisogno c’è. Lo dobbiamo a noi stessi, ai nostri figli, a chi ci ha preceduto e ci ha insegnato a combattere. La competizione è vicina, la verità ad un passo, c’è bisogno di tutti.