Nell'immensa distesa, una conca di luce solare che si specchia nelle acque azzurre del Mar Jonio, il Carmelo è un minuscolo coriandolo di mura bianche e tegole rosse che sta solitario, simile a un barcone spiaggiato su una collina d'argilla.
di Vito Barresi
In località Campione di Capocolonna, a pochi chilometri da Crotone e a meno di poche centinaia di metri dal Centro di accoglienza Migranti di Sant'Anna (il più grande in Italia con Lampedusa), per quanto la notizia scritta a chiare lettere in un appello al Presidente della Repubblica Mattarella e al Presidente del Consiglio, che 62 monasteri in Italia hanno già aperto le loro porte ai migranti e altri sono pronti a farlo, abbia fatto scandalo, le polemiche non sembrano più di tanto infrangere il sereno silenzio e l'attento ascolto che aleggia in questo luogo appartato, uno dei tanti relè strategici dislocato nella rete mondiale della spiritualità.
Qualcuno ancora ricorda quella notte quando, sotto i calanchi che scendono a riva verso Capo Lacinio, l'approdo geografico dove la Magna Grecia di Taranto stipulava un trattato di non belligeranza con la nascente potenza dei Romani (303 a.C.), in agro di Alfieri, avvenne uno dei primi sbarchi di immigrati clandestini sulle coste della Calabria ionica.
Era il 2002, venti anni fa, e i settantadue immigrati dello Sri Lanka, che si arenarono proprio davanti al Convento delle Carmelitane, salvati dopo una perigliosa traversata su un’imbarcazione lunga una quindicina di metri, priva di bandiera e senza nome, cenciosi, assiderati, affamati, impauriti, sembrarono piuttosto un drappello di alieni che mai si pensava si tramutasse nelle prime schiere di un onda umana inarrestabile, proveniente dal Sud del mondo, dalla informe epoca post coloniale, inferno di violenza, guerre tribali, scontri etnici, fame, miseria, sfruttamento.
Più che altro, mentre il mondo cattolico e quello della Chiesa Valdese sono da tempo in prima linea su varie iniziative di accoglienza, dal Monastero delle Carmelitane di Crotone, meglio si intuisce e si comprende quanto importante sia diventato oggi il Mare Nostrum, il Mediterraneo, mare di tante terre, di molteplici culture, incrocio spazio storico-culturale, luogo mistico-lirico.
Fin dalla prima messa del mattino, dopo che le religiose sono già sveglie e operative, nella tessitura quotidiana dell'Ora et Labora, anche oggi, più che altro, non si stagliano le ingombranti le solite e ritrite figure retoriche della cronaca politica nazionale, semmai svetta l'imperituro monito della Scrittura Antica, la lingua di Giobbe che pronunciava uno dei suoi versetti misteriosi, enigmatici, la parola eterna di un profeta sempre attuale, che si rinnova nella memoria, con molte interrogazioni più profonde non solo sui migranti ma sulla vera identità dei cristiani oggi:"Son io forse il mare oppure un mostro marino, perché tu mi metta accanto una guardia?"
Il tema dell'immigrazione e dell'accoglienza è la più grande sfida che la società contemporanea pone ai cristiani, nella forma di un confronto aspro, sdrucciolo, un'asimmetrica battaglia di coscienza che fende a fil di spada l'animo cattolico e italiano, da cui può derivare un conflitto di proporzioni immense oppure l'affermazione della forza del Vangelo.
Tutto questo perché è evidente che siamo davvero di fronte a un mondo che sembra non dar peso alla traumatica domanda, "Dov'è tuo fratello?"
Una domanda persino ignorata da molti credenti, che prediligono sbagliare la strada elettorale, transitare lungo il crinale dell'errore, immettersi incoscientemente nella scorciatoia propagandistica, senza impegnarsi a trovare la giusta risposta a un problema, quello dell'immigrazione come flusso, fatto sociale totale, e dei migranti come scomoda presenza, che non è solo di governo, di politica, di paura, di schieramenti, di destra, di sinistra, di psicologia sociale, di sondaggi pre-confezionati, ma essenzialmente di ragione, intelligenza, fede, speranza, costruzione, impegno, progettualità.
In breve e a pelle, secondo la linea di colore, questo è l'inciampo, la contraddizione sociale vivente, testuale, teologica, filosofica, economica, missionaria, che si fa sostanza di una Questione Umana, la pietra di paragone e angolare che sagoma e definisce la saldezza della nuova fede, la certezza dei valori spirituali.
Forse proprio perché lo hanno fatto le oltre sessanta religiose con la propria firma,nome e cognome e indirizzo, con il loro essere Nomadi di Dio, cioè pellegrine di amore, la scelta fa sussultare i ben pensanti, scomoda i tradizionalisti, i conservatori di una idea salottiera del nuovo cristianesimo contemporaneo, essa sta finendo per assumere una notevole e inattesa portata, sarà dovuto perché concretamente realizza quella testimonianza e quella comunione di intenti che concretizza la linea del pontificato di Francesco, dando segno di quella unificazione degli intenti tanto ricercata e sofferta in questi mesi dai cattolici in Italia.
Nello sguardo lungo dell'allora Arcivescovo di Crotone Mons. Giuseppe Agostino, colui che più di tutti si getto in questa avventura di promuovere, progettare e costruire, l'esperienza dell'edificazione di questo Carmelo in terre pitagoriche e acusmatiche, sembra riflettersi la grazia di una Provvidenza, tutta e per intero in questa chiamata al servizio di un monastero che si apre agli altri senza chiudersi in semplice "cenacolo di gratificazione psicologica", e che in piena stagione estiva si propone non come tappa per i vacanzieri in cerca di un pausa d'agosto, bensì in quanto scuola di nuova socialità, spazio di sperimentazione di proposte di novità, da costruire nell'esperienza dell'incontro con gli altri, luoghi di fedeltà e di profezia.
Sarà, ma anche per questo possiamo dire di essere di fronte ad una notizia vera, anche di pura e semplice, sconvolgente novità evangelica.