Consiglio Regionale Calabria istituzione devastata dove la ‘ndrangheta ancora cova uova di basilico e tesse tele di ragno

31 luglio 2019, 12:00 100inWeb | di Vito Barresi

Quale dite che sia l’immagine vera, il dipinto dal vivo, l’affresco in diretta del Consiglio Regionale della Calabria ogni volta che si apprende - ormai ripetutamente da oltre mezzo secolo di storia - che ancora una volta molti dei rappresentanti di questa istituzione sono accusati di aver trescato e di far parte della Ndrangheta?


di Vito Barresi

Un luogo inquinato dalla violenza della ‘ndrangheta, un posto “controllato” dalla malavita, un palazzo infestato dalla corruzione? Oppure un “tempio” profanato senza più né garanzie tantomeno trasparenza, le stanze dove coloro che tramano nell’ombra covano uova di basilico e tessono tele di ragno?

Direte che queste sono soltanto figure retoriche, un bozzetto apocalittico, l’iperbole per quanto suggestiva che non è neanche copia cattiva della verità.

In realtà accade ancora oggi che l’ennesima discovery di una inchiesta ha disvelato un saldo e persino strutturale collegamento, un “connubio pericoloso” tra la politica regionale e la criminalità organizzata in Calabria (LEGGI), facendo apparire Palazzo Campanella nell’orrificenza surreale, nel primo piano di una profezia confermata dai fatti, uno spazio istituzionale costantemente oltraggiato, perennemente sotto pressione e “vigilato” da parte di potenti gruppi della malavita reggina.

Certo, si può star sicuri, anche fideisticamente, che prima o poi per questi ceffi malviventi che trescano in politica e usurpano il potere pubblico regionale, arriverà il giorno del castigo, il momento della punizione.


Decenni di concussione hanno finito

per deformare irreparabilmente

l’impianto e l’apparato


Ma lo sfascio, la destrutturazione del rapporto di fiducia tra cittadino calabrese e istituzione regionale, la certezza dell’imparzialità e del buon andamento dell’apparato della democrazia regionale, dopo decenni di cruenta violenza e destruenda concussione da parte di chi ha agito con l’inganno, ha finito per deformare irreparabilmente l’impianto e l’apparato, a tal punto da rendere improbo e difficile ogni progetto di rinnovamento, ricostruzione e rilancio morale dell’ente regionale e dei suoi organi.

Tuttavia ciò che appare sempre più insopportabile all’opinione pubblica regionale, a tutti i calabresi che ormai quasi non credono più in questa istituzione lacerata, devastata e vulnerata dagli scandali e dai tradimenti, è che nessuna forza politica nazionale, sia di governo che di opposizione, di maggioranza e di minoranza, vuole aprire veramente gli occhi e le orecchie per vedere e ascoltare quanti da tempo segnalano tale spaventosa emergenza civile e democratica.

Purtroppo, pochi in questi cinque anni di ultima legislatura regionale, sono stati i distinguo e i sussulti di verità uditi nell’aula di Palazzo Campanella.

Non si è posto né si è discusso e approfondito il tema dell’alto tradimento di siffatti scherani della ‘ndrangheta che pure siedono impunemente sui banchi del Consiglio, fianco a fianco a tanti, tantissimi altri onesti e coraggiosi consiglieri regionali.

A pochi mesi dalle elezioni per il rinnovo del Consiglio regionale della Calabria occorrerebbe che tutti i partiti nazionali indistintamente prendano atto e facciano perno sulla consapevolezza di essere di fronte ad un istituzione rappresentativa devastata, praticamente distrutta nella sua intrinseca etica politica, purtroppo, contaminata a tale livello da essere intuita, persino distanziata come un sito pericoloso che va immediatamente bonificato.

Se non si parte da qui, se non si priorizza questa necessità, senza che si metta ordine nella più alta istituzione democratica del regionalismo, nessun programma o piano operativo potrà dirsi compatibile con la ragione autentica e costituzionale che garantisce, tramite il voto sovrano e popolare, la legittimità dell’azione amministrativa della rappresentanza.


Bisogna dire no, ora, impedendo

nella composizione delle liste regionali

ogni forma di "prostituzione"


Ma vi è di più. Proprio perché più ampia e avvertita appare la necessità di una riforma morale dello stesso corpo elettorale, nella sua versione attiva e passiva, ovvero sia una domanda politica da interpretare positivamente, dicendo no, impedendo nella composizione delle liste per le regionali, ogni forma di prostituzione della politica con la ‘ndrangheta, ogni atto di abominio del voto che passa attraverso l’utilizzo spregevole dei voti e ideologico di scellerate alleanze e scambi inqualificabili.

Altrimenti, sarebbe ancora una volta un colpo mortale alla dignità sovrana degli elettori, alle prerogative della rappresentanza istituzionale, se nella composizione delle liste si continuerà a far prevalere la perfidia e l’arroganza di simili politicanti che continuano a far finta di niente recitando la loro parte in una squallida e sgangherata fiction elettorale.

I partiti, sia di governo che di opposizione, sappiano che i calabresi sono stufi di sopportare questi drappelli di “magnaccia del voto di scambio” che sfruttano e inquinano il delicato e fragile legame di legittimità democratica nel corso della campagna elettorale, invadendo il campo della scelta libera, della decisione autonoma, del voto segreto.