È iniziato il count down, il conto alla rovescia, mancano meno di 200 giorni alle prossime elezioni regionali per il rinnovo del Consiglio e della Giunta alla Regione Calabria. Le forze politiche che in Calabria si contenderanno lo scettro del potere regionale nelle ormai imminenti elezioni per il rinnovo del Consiglio sembrano ridotte come quel generale che ordina al suo araldo di suonare la tromba anche se nessuno tra la truppa dei reduci è più disposto ad andare in battaglia.
di Vito Barresi
Eserciti in rotta, truppe sanfediste senza la croce del Cardinale Ruffo, movimenti senza generali a cinque stellette. Sia il centro-destra che il centro-sinistra, con quel poco che resta dei loro passati e ampi presidi storici nella società calabrese, sono ormai ridotti a due cimiteri di reduci del vecchio potere regionalista.
Il Pd calabrese è stato tristemente degradato da Mario Oliverio allo sgabello dei suoi piedi, condannato alle catene da sparuti gruppuscoli di interessati nostalgici, che non racimolano neanche pochi punti percentuali nella suddivisione statistica e demoscopica della torta elettorale.
La favola - e i talent - di Forza Italia si è deformata nella sagoma del vecchio Berlusconi ottuagenario, una caricatura da zombie messicano al cui ranch tornano dopo un western micidiale i fratelli e i coltelli del passato.
Questi due poli, ridotti a mere aggregazioni elettoralistiche, sono stati contaminati e inquinati dalla ‘Ndrangheta e dal voto di scambio, tanto che la magistratura, specialmente la Dda a Reggio Calabria e di Catanzaro, sono intervenute con la forza armata della repressione statale per debellare le ‘ndrine diffuse nel territorio e “comandate” direttamente da dentro il Palazzo.
Il Consiglio Regionale vulnerato dalla ‘Ndrangheta è stato sconquassato da varie inchieste e indagini giudiziarie che hanno portato all’arresto di noti esponenti, che appartenevano o sedevano tra i banchi dei due cartelli elettorali calabresi comandati dal “clan dei cosentini”, Mario Oliverio e Mario Occhiuto, gli stessi che con sfrontatezza illimitata e senza vergogna intenderebbero ambire a tutto il potere politico nella regione Calabria.
I flussi elettorali, di per sé sempre più ondivaghi, sono particolarmente esposti a rapidissimi travasi quanto repentini passaggi di polarità, non più estremistiche bensì smussate nell’ampia area lasciata libera dal centro cattolico, moderato e democristiano.
Centro-destra e sinistra sono ormai ridotti dalla loro stessa essenza e malattia senile allo stato di desertificazione e abbandono di due non luoghi simili a quelle terre incolte e mal coltivate che un tempo venivano lasciate ai margini del latifondo alla mercé delle erbacce e della gramigna.
Centro-destra e centro-sinistra, sarebbero saldamente nelle mani di due despoti, due oligarchi o tiranni che dir si voglia, gli stessi che con la menzogna e la falsa ideologia si autoproclamano, abbastanza irrealisticamente, leader delle due vecchie famiglie politiche della società calabrese, rappresentanti delle sfere tradizionaliste e conservatrici, aree del ceto medio, degli antichi ceti della rendita, pezzi della piccola e media imprenditoria, piccola borghesia appartenente alle amministrazioni dello Stato e del parastato, schierati a destra, contrapposta agli stanziamenti “proletari”, bracciantili, ex operai, pensionati, piccola borghesia intellettuale di natura popolare e progressista, collocata a sinistra.
In realtà, ad oggi, rebus sic stantibus, entrambi i due “sedicenti” candidati, Oliverio e Occhiuto, non rappresentano un beato nulla in termini elettorali, sia in termini di dotazione propria che di proiezione sondaggistica.
A leggere i sondaggi elettorali, quelli autentici, con tanto di maglia nera per il Presidente Olivero e per il Sindaco Occhiuto, il borsino delle quotazioni al mercato della compravendita elettorale, saprete con esattezza che fuori dalle loro stanze, l’una nell’attico della valle lunare di Germaneto, l’altra con lo sguardo retro sul bivio tra il Crati e il Busento, tutt’al più qualcuno ricorda il loro nome, neanche anagrafico ma istituzionale, di presidente della Regione Calabria l’uno e di sindaco di Cosenza l’altro.
Loro si auto celebrano e si descrivono con i soldi di tutti, utilizzando la visibilità e la comunicazione pubblica.
Con tali mezzi di aperta, latente e “subdola” pianificazione comunicativa, essi si narrano come i capi di due posti affollati da pretendenti e procacciatori di voti, quando in realtà non sono nient’altro che due fantocci messi davanti a piazze vuote, dove il popolo è scomparso, le classi e i ceti sociali con i loro bisogni sono completamente ignorate.