Il Presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio, sarebbe impegnato, in questi afosi giorni di un’estate schizofrenica e asimmetrica, nell'affannosa ricerca letteraria di una “nuova narrazione” per raccontare al mondo intero la Calabria. Coadiuvato dai suoi paggi romanzieri, saggi scrivani a comando, sapienti accademici di corte per il ragionier Oliverio la ricerca di tale innovativa immagine, la rifondazione estetica dell’atroce e selvaggia Calabria “Gratteriana”, in realtà non dovrebbe riservare sorpresa alcuna.
di Vito Barresi
Regione Calabria terra desolata, The Waste Land o terra devastata? Le forze politiche, le alleanze elettorali che si confronteranno tra meno di 200 giorni per l’elezione del nuovo Consiglio Regionale calabrese dovranno misurarsi con questo refrain, con il titolo di questo vero e proprio sigillo che pone in testa all’agenda della discussione e della polemica un unico tema e non altri divergenti: la Regione Calabria resterà un insieme di lande desolate o si può costruire un progetto che vedrà protagonista questo popolo in una terra di futuro?
Volente o nolente, Mario Oliverio, il presidente uscente della Regione Calabria, dovrà alla fine farsene comunque una ragione.
Perché nella sua biografia resterà appiccicato per sempre di essere stato questo e quell’altro durante la sua lunga carriera politica, ma anche con tanto di documentazione e bolli di Procure Antimafia e vari Tribunali, un uomo politico discutibile e controverso il cui nome - insieme a quello della Regione - si ritrova in gravissime inchieste penali, specie in quella denominata “Lande Desolate” (QUI).
Perché, in fondo, lui già la conosce, ritrovandosi, suo malgrado, protagonista di quello stemma metaforicamente e simbolicamente inciso, stampato con lettere di fuoco, dal Procuratore Generale Antimafia Nicola Gratteri che ha sagomato con rogito di stato l’immagine attuale della Regione Calabria, rappresentata in quanto “Landa desolata”.
Non lo dico io, avrebbe urlato Ignazio Buttitta nel suo poemetto La Paglia Bruciata, ma il giudice Gratteri che lo ha scritto a chiare lettere in una delle sue più recenti e conosciute inchieste a livello nazionale e internazionale.
Si mette ben in chiaro, comunque, che quella del giudice è una cosa tutta da verificare e provare ma anche il timbro a fuoco, a secco, di una vera e propria simbologia che trova spazio nel dizionario della letteratura universale.
Dalla poesia di Eliot a Dante:
“in mezzo mar siede un paese guasto”
“Lande desolate” riecheggia il titolo di una raccolta poetica del poeta inglese T.S. Eliot ,“The Waste Land”, che è stato tradotto in vari modi sia in italiano che in altre lingue europee, nella forma di Terra Rasa, Terra Desolata, Terra Vana, anche in riferimento ad un passo dantesco dell’Inferno che recita, a proposito del paese di Veglio di Creta, “in mezzo mar siede un paese guasto”, luogo di una rappresentazione della fine dell’età dell'innocenza, con triste conclusione di “Or è diserta come cosa vieta” (Inf.,XIV, 94-120).
La “waste land” è terra devastata, chiaramente da qualcuno, da coloro che ne sono stati i proprietari terrieri, i dominatori coloniali, i detentori del potere spirituale, materiale, amministrativo, statale, politico, economico, religioso, che ne hanno controllato con la violenza ogni struttura di convivenza e conflitto, le società storicamente presenti in questo territorio.
“Lande desolate” è da par suo una Regione Calabria spopolata dalla fuga e dall’emigrazione dei suoi abitanti, come in un tempo non lontano dai terremoti, dalle epidemie, dalla malaria, dalla fame e dalla miseria.
Una terra su cui non può installarsi sviluppo, non può avanzare il progresso, non può crescere una società giusta e ordinata, e dove, al contrario, si è imposta la violenza criminale, prima i briganti, poi i banditi, infine la ‘ndrangheta e la corruzione economica e politica.
“Lande Desolate”, cioè l'immagine inquietante di questa Regione Calabria, in pieno 2019, a pochi mesi dall'inizio degli Anni Venti del nuovo secolo 2000, è somigliante alla parola latina “vastitas”.
Che poi vuol dire deserto sociale, solitudine umana, desolazione comunitaria, vuoto geografico.
Neanche un “non luogo” alla Marc Augè ma un luogo, alla Eliot, alla Dante, ripreso nella metafora di Nicola Gratteri, in quanto luogo per eccellenza del crimine atavico, inferno delinquenziale modernizzato, posto che eredita l’aridità secolare delle terre incolte e mal coltivate dei Baroni Controluce di Leonida Repaci, l’eredità spietata dei feudatari e dei gabellotti narrati da Fortunato Seminara, in breve lo sfondo antiquariato del latifondo malarico della Locride e del Crotonese.
Un giudice come Gratteri
e tanti altri giovani magistrati
devono ancor di più esercitare
il loro potere simbolico
Per questo occorre domandarsi come mai il giudice Gratteri, un magistrato tra i più importanti al mondo nella lotta alla criminalità organizzata, abbia scelto di dare alla sua inchiesta un nome così simbolico, tanto letterario, persino poetico, fortemente evocativo e “narrativo”.
E poi chiedersi chi, oggi, ha in mano il potere simbolico in Calabria, chi utilizzando questo potere direzionale, educativo, evocativo, potrebbe incidere su una svolta politica, culturale, istituzionale?
Oggi, grazie ad alcune inchieste della Legge, il potere dei simboli è ampiamente tornato sotto il controllo dello Stato, della Giustizia e dei Magistrati presenti nei Tribunali e nelle Procure della Repubblica.
Anche per questo un giudice come Gratteri e come lui tanti altri giovani e donne magistrati in Calabria devono ancor di più esercitare, manifestare e divulgare il loro potere simbolico per il riscatto e la trasformazione delle Lande Desolate in terre nuove del Futuro italiano ed europeo.