Per molti aspetti la Calabria assomiglia all'Amazzonia. Certo non nelle dimensioni gigantesche della foresta brasiliana ma comunque nel dato geografico incontestabile che la fa osservare dall'alto del cielo come un immenso bosco appenninico che dal Pollino fino all'Aspromonte, passando per la Sila, è collocato nel centro blu del Mare Mediterraneo.
di Vito Barresi
Dobbiamo impegnarci che salvare l'Amazzonia, batterci perché sia cambiato l'accordo commerciale del Mercosur che continua ad alimentare la distruzione della foresta pluviale in Brasile. Tutto questo è inaccettabile.
Sarebbe utile fare appello al nuovo governo italiano di agire presto per fermare la ratifica dell'accordo commerciale e aumentare la pressione sul presidente brasiliano Bolsonaro per fermare immediatamente gli incendi.
Ma è importante anche comprendere che per salvare la foresta più grande del mondo bisogna difendere e tutelare anche il bosco regionale più grande del Mediterraneo, i tre parchi della Regione Calabria continuamente attaccati dallo sfruttamento economico sproporzionato, dagli incendi, dall'utilizzo quasi sempre sul filo dell'illegalità delle risorse forestali territoriali.
Il Presidente della Regione Oliverio parlando a un convegno sul tema “La Protezione Civile a tutela della vita e dell’Ambiente” ha detto che:
“dopo anni e anni di incuria, in cui l’intero territorio regionale è stato abbandonato e devastato da un uso spregiudicato e totalmente permissivo, abbiamo messo ordine anche in un settore che riveste un’importanza primaria in una regione fortemente esposta ai rischi naturali. Oggi possiamo finalmente affermare che si è verificato un vero e proprio cambio di mentalità, un profondo salto di qualità nell’approccio culturale con tematiche che riguardano l’emergenza, la prevenzione e la programmazione”.
Le sue opinioni sono molto discutibili. Anzi l'esposizione e il riassunto di quanto a suo dire è stato fatto in questi cinque anni di legislatura regionale semmai evidenziano una impostazione retrograda, un linea operativa retriva e confusa, una concezione politica della programmazione ambientale del territorio e dello sviluppo particolarmente allarmante e obsoleta, che appare ampiamente superata in tema di difesa ambientale e tutela della biodiversità.
La giunta di Oliverio sull'ambiente e sulla crisi climatica è rimasta paurosamente indietro. Ha fatto perdere molto tempo ai calabresi, non ha saputo trovare alcun nuovo impulso progettuale su ogni linea segnata in rosso che va dai rifiuti alle discariche, dalla forestazione al mare, dalla corretta gestione dei parchi, come è confermato dalle ricorrenti alluvioni, dagli incendi in vaste aree della foresta regionale, dalla sfortunata pagina di Civita.
L'assessore in carica, una certa Antonella Rizzo di Crotone, che nel suo curriculum non ha mai vantato skill politici e amministrativi di dichiarata qualità, è piuttosto l'espressione di forze confuse e ideologicamente ambigue, un tempo collegate al Pd crotonese e oggi a una nebulosa opportunistica e demagogica.
Per questo sulla sfida ambientale Oliverio non avrà per la Regione Calabria 2020-25, alcuna proposta credibile né tanto meno sostenibile.
A ragione del suo 44% di territorio di montagna sopra i 500 metri sul livello del mare, forte dei suoi "profili vivacemente inclinati, a volte abrupti e vicini alla verticalità", seguendo le acute e indimenticabili osservazioni del geografo Lucio Gambi, la Regione Calabria è un polmone verde non solo europeo ma per certi versi anche utile alle vicine coste dell'Africa a carattere fortemente europeo perché in fondo appartenente alla stessa faglia immensa dei Balcani quello che fece dire a un grande narratore italiano Italo Chiusano che la Sila resta il luogo magico e mitologico dei coboldi e dei folletti.
Purtroppo, non si è fatta buona amministrazione nel corso di questi 50 anni di regionalismo calabrese.
Decenni in cui il tema dei parchi è apparso, per non dire sacrificato materialmente, massacrato da scelte inique, sbagliate, scorrette, esclusivamente interessante a tutelare, a difendere strenuamente ed egoisticamente, gli usi e le antiche consuetudini, le grandi proprietà fondiarie e forestali, i giganteschi affari infrastrutturali che hanno portato alla costruzione di dighe inutili e neanche concluse, alla modificazione del regime delle acque fluviali, alla creazione di invasi artificiali che hanno inciso sui cambiamenti climatici, senza che mai Enel. Eni, Eon, A2A, enti nazionali e locali, ecc. abbiano mai avuto un adeguato comportamento etico e di responsabilità sociale verso la Calabria.
Qui siamo ancora in presenza di quell'immenso lascito, quasi ancora intatto, del sistema produttivo del latifondo a grano invernale e primaverile e a pascolo montano estivo e autunnale, un regime agrario che da secoli avevano usurpato e utilizzato ciò che un tempo era denominato bene demaniale, uso civico, ma che oggi dovrebbe essere rinominato patrimonio comune, bene collettivo.
Formule queste che ormai hanno valenze e specificità molto diverse sia dal diritto privato di proprietà che dallo stesso diritto pubblico di tipo statale. La Regione Calabria è in forte ritardo rispetto a queste nuove urgenze imposte dalla crisi climatica, dal surriscaldamento del Pianeta, dal degrado della biodiversità.
Gli interessi sono fin troppi e consistenti, la protezione del territorio e della natura, come insegna la storica vicenda scandalosa della gestione del patrimonio forestale, i conflitti costantemente attivi e distruttivi, tanto che si avverte ormai diffusamente l'urgenza di un profondo mutamento nelle scelte e nelle politiche regionali.
Oliverio non è più né politicamente né culturalmente idoneo e competitivo per conquistare credibilità e consenso popolare.
Ci vuole un'Alleanza Regionalista Calabria 2020, un nuovo candidato Presidente alla Regione Calabria verde e ambientalista.