Addio 'pane selvaggio' alla Piero Camporesi, arrivederci 'mangiafagioli' di Annibale Carracci, rude e soave contadino che degusta un tipico piatto di cucina povera, vade retro la soglia della Bottega del Macellaio del grande maestro bolognese, parte piano il nuovo "mood del food italiano", all'insegna di Sana 2019. Parte piano ma con tanta gente l'interporto culturale e materiale del Biologico europeo, il Salone dell'alimentazione naturale di Bologna che anche per l'edizione 2019 chiude in naturale bellezza e con notevole soddisfazione di visitatori, espositori e promotori.
di Vito Barresi
Si, perchè realmente Bologna con questa sua Fiera, vero gioiello prezioso di straordinario valore commerciale e d'immagine, mai come quest'anno mette in evidenza una rinnova sensibilità simbolica e sensoriale che fa da pari alla nobile ed epocale grande storia della cultura materiale e alimentare di questa città padana.
Bologna e Sana sono ormai un matrimonio ben riuscito, un accordo di prestigio internazionale, un modulo operativo di fiera e città connesse che si presentano al pubblico e agli operatori come palcoscenico e scenario di novità, proposte stimolanti, scambio relazionale, confronto professionale, per chi crede più che mai che il sentiero dei primi utopisti del biologico e del naturale sia finalmente diventato via, e che la via dei 'nonni' non è più una suggestione, nel si è andata sempre più allargando come 'strada maggiore', riuscendo a dare corpo e mente, sogno e realtà, in sintesi un carattere e un futuro ad una ampia 'rivoluzione culturale' negli usi e nelle consuetudini alimentari e nella cura della persone che dal passato viaggiano verso il futuro.
Un avvenire produttivo e consumeristico che ha il carattere di un ritorno alla buona terra, al biologico delle tecnologie avanzate e high tech, che sta dentro l'orizzonte della sfida climatica planetaria, nel rapido cambiamento ecologico del paradigma manifatturiero europeo e occidentale, che contempla un saggio ritorno al mito gustoso e saporito del buon pane selvaggio fragrante di forno e farina, prodotto digitalizzato degli antichi molini con la macina a pietra, ma anche fortemente controllato, verificato e certificato in ogni passaggio della sua filiera produttiva, oltre e contro ogni 'dematerializzazione' del cibo e dell'alimentazione.
Le statistiche del biologico italiano confermano la notevole elasticità della curva produttiva del settore: sono circa 2 milioni gli ettari di superfici agricole a coltura bio (+3% rispetto al 2017, 15,5% della SAU nazionale), il Paese è diventato il primo esportatore dell’Unione europea (2 miliardi di fatturato annuo), ritrovandosi ai vertici mondiali per il numero di aziende che trasformano prodotti biologici.
Tanto che le valutazioni analitiche di Gianpiero Calzolari, presidente di BolognaFiere,forniscono il quadro realistico di un momento di confronto, scambio e mercato che mai come quest'anno è servito anche a valutare l'efficacia di ulteriori moduli estensivi di partecipazione e dibattito per ampliare risonanze e ricadute di una fiera che non cerca l'estrema medializzazione quanto invece una sua più interna coesione e concertazione tra protagonisti aziendali e primi 'fruitori' della catena commerciale nel consumo diffuso e di massa.
“Il successo di questa 31esima edizione di Sana è espressione anche della forte dinamicità del settore, e la ricerca di ulteriori canali distributivi per i prodotti biologici, sono alla base di una nuova iniziativa di BolognaFiere", afferma Calzolari, fatto questo che "faciliterà il contatto fra i produttori (bio food e non food) e le grandi insegne della distribuzione moderna che ogni anno, nel mese di gennaio, si ritrovano a MarcabyBolognaFiere, Private label conference and Exhibition. L’iniziativa, che abbiamo chiamato SANA UP, presenterà le novità esposte a Sana agli operatori di Marca 2020”.
Il salto qualitativo dell'industria di trasformazione alimentare, in termini di bio food (ma non solo di questo segmento perchè va aggiunto tutto il settore dell'erboristeria e della cosmetica naturale che utilizza le piante dei raccolti biologici 'made in Italy') sta cambiando radicalmente prospettiva e visione sia degli imprenditori che degli investitori nazionali e internazionali.
Cosa che poi si coglie nel respiro fieristico di questi giorni, nei fermo immmagine e nei ricordi che si immagazzinano di questa edizione che ha offerto, come da par suo, il sentore di questa profonda, great transformation, e con essa frammista alle prime foglie d'autunno felsineo, l'avvicinarsi anche in Italia dell'avvento di un "bio capitalismo" mediterraneo.
Un'era di cambiamento che Sana illustra e annuncia, mettendo in rassegna il colore di un mondo e di un ambiente, la vocazione e la ricerca di una comunità che ama la natura e le sue risorse, soltando compaginandoli nei sempre più leggibili e agevoli, accessibili e friendly, fruibili e percorribili padiglioni di una Fiera unica nel proprio genere, semplicemente open tra gli ingressi Aldo Moro e Costituzione.