Chi ha rubato il futuro alla gioventù della Calabria? Gli Anziani o la ‘Ndrangheta?

11 ottobre 2019, 17:17 100inWeb | di Vito Barresi

Falso dilemma si direbbe. Tanto in Calabria dove sono i giovani se ormai sono andati quasi tutti via, seguendo la traccia ormai secolare di un rassegnato esodo biblico? “O Briganti O Migranti” si diceva un tempo, ascoltando a memoria le nenie dei cantastorie popolari. Ma in giro c’è ancora chi risponde con una certa furia che a rubare i sogni dei giovani e delle ragazze di questa regione sia stata, solo ed esclusivamente, l’obbrobriosa ‘ndrangheta. È vero, anche se molto probabilmente, avrebbe osservato Sir Eric Hobsbawam, le colpe non sono completamente solo delle vecchie ‘ndrine.


di Vito Barresi

Se c’è un ragionamento se, proprio proprio, si vuole cominciare a ricapitolare la storia dell’emigrazione e quella delle generazioni, per capire l’oggi e il futuro, non c’è bisogno di partire dalla notte dei tempi, dall’alba della civiltà, omerica o odissiaca, bensì semplicemente dalla mappatura anagrafica di chi comanda saldamente e realmente in Calabria nella struttura economica, proprietaria, capitalistica, religiosa, istituzionale e sommamente nel sistema politico della Regione Calabria.

Sociologicamente basterebbe analizzare dati e fatti più vicini degli ultimi decenni, in cui sono avvenuti grandi mutamenti di potere generazionale, nuove accumulazioni di ricchezze lecite e illecite, tra il 1950 e il 1999 del “secolo breve” in Calabria, che ha visto il balzo, anche violento, di un nuovo ceto dirigente quasi interamente composto dalla classe d’età nata nell’immediato secondo dopoguerra, più o meno la “generazione dei Baby Boomer” calabresi.

Un battaglione anagrafico svezzato non più a pane e olio ma con gli elementi nutrizionali alla base di un radicale cambiamento dei parametri alimentari importati dagli Alleati americani e dalla nuova affluente modernizzazione che cambiò l’Italia di quei decenni.

Si voltava le spalle alla dieta mediterranea, proprio quella studiata e scoperta da un equipe di ricercatori statunitensi a Nicotera, per far crescere una “classe di ferro” che attualmente detiene tutto il potere politico economico, morale e culturale di questa regione.

Chi comanda realmente in Calabria, i vecchi o i giovani? C’è in atto una lotta generazionale tra i calabresi Senior e i calabresi Junior?

La domanda, nella sua ampiezza generale, universale, più che mai di stringente attualità, sta al centro di in un saggio di Jennie Bristow, una giornalista britannica che dismessa la carta stampata, è diventata “Senior researcher” alla Christ Church University di Canterbury, dove è direttore del programma di sociologia e politica sociale. Il suo ultimo libro ha per titolo “Stop Mugging Grandma: The ‘Generation Wars’ and Why Boomer Blaming Won’t Solve Anything”, che in italiano suona più o meno con “smetti di rapinare la nonna tanto la guerra tra generazioni non risolverà mai nulla”.

Musica per le orecchie in una regione come la Calabria dove queste ultime tesi di Jennie Bristow mettono “allegria” similmente a un “evergreen” di Mino Reitano.


Il patto fatto sulla correlazione positiva

tra pensione d’anzianità

e disoccupazione giovanile


Qui, infatti, vecchi e giovani, nonni e nipoti, padri e figli, vanno abbastanza d’accordo per via del fatto che il patto generazionale è firmato non su una saponetta ma su un piccolo grande mattone, una piastrella di finanziamenti erogati dal “welfare state” e/o “welfare community”, insomma sul patto-fatto che tra pensione d’anzianità e disoccupazione giovanile, praticamente, non c'è alcun grado di separazione, anzi un alto indice di correlazione positiva.

La nonna e il nonno, l’antica famiglia patriarcale e matriarcale, che ancora è rimasta salda nei piccoli comuni e nei centri urbani, quella che di sovente è stata strumentalizzata altrimenti in reti anche illecite e criminali, non sono soggetti contestati dai giovani, anzi il loro ruolo sociale ed economico appare relativamente abbastanza saldo.

Ciò perché gli anziani hanno una loro peculiare funzionalità collegata ai piccoli e grandi benefici del welfare, i flussi di reddito che attraversano trasversalmente e verticalmente l’intera società sottosviluppata calabrese, lungo una linea che va dall’ufficio postale, alla stanzetta nei centri di accoglienza anziani.

Un travaso di reddito che avviene attraverso il libretto della pensione civile, sociale e di reversibilità ma che trova il suo asse consolidato nella Finanziaria di Stato, nei macro emolumenti nazionali, regionali ed europei, concessi al settore della sanità che riguarda la terza e la quarta età in Calabria (cfr. Vito Barresi, Anziani Senza Sviluppo, Edizioni Lavoro, Roma).

Sta qui il perverso intreccio tra la povertà di intere fasce della popolazione e la ricchezza concentrata nelle mani di pochi gruppi che utilizzano la sanità e la politica per un gigantesco e redditizio giro di affari e business imprenditoriale.

È su questo che si è cementato in Calabria il patto generazionale, un “contratto sociale e politico” informale, tacito, para pubblico, molto simile alla configurazione di uno “scambio” anche elettorale.

Pertanto in Stop Mugging Grandma la Bristow chiosa che sia la “Generation Wars” che il “Why Boomer Blaming” non risolveranno alcun conflitto assistenziale, occupazionale, fiscale:

"molti hanno espresso inquietudine per la demonizzazione della vecchiaia e degli anziani, che si accompagna alla narrativa delle "guerre di generazione", incitando le persone anziane a sentirsi in colpa e difensive solo per aver vissuto per alcuni anni. Ma ciò che mi ha spinto a scrivere Stop Mugging Grandma è stato che un aspetto di questo dibattito è stato troppo spesso trascurato, vale a dire che la narrativa della guerra di generazione è ugualmente dannosa per i giovani."

Forse sta qui il perché tra giovani e anziani, tra padri e figli, in Calabria non c’è traccia di “scontro generazionale” ma soltanto terribilmente esclusivamente di “guerra di mafia”.