All’Hotel delle Illusioni Perdute Oliverio raduna gli ultimi adepti del centro-sinistra “spurio”

15 ottobre 2019, 19:00 Il Fatto

Sui social sono apparse un profluvio di foto e video dell'assise plenaria tenutasi al “THotel” di Lamezia Terme, il prestigioso albergo posizionato sulla Strada dei Due mari, più noto alla politica regionale come il “quartier generale” di quello che negli ultimi mesi, dopo le eclatanti e pesanti inchieste giudiziarie su Lande Desolate che lo hanno visto accusato dal Procuratore Generale della Dda calabrese Giudice Gratteri, è assurto a capo di una frazione del centro-sinistra che comanda la Regione Calabria, ovvero sia, Hasta Siempre Comandante ‘Che’ (o meglio c'è o ci fa?) Oliverio.


Tronfio e tracotante come un Sergente Garcia che intende smascherare Zorro immaginario, “en travestì” di Nicola Zingaretti, suo segretario nazionale, il suddetto Oliverio va da tempo riattizzando fatui fuochi di guerriglia nella Sila Badiale e Regia, nel tentativo a fondo perduto di scatenare una guerriglia politico-mediatica, con tanto di laconico appoggio di qualche scaltro giornalista “oversize” chiamato Iaconis, ai danni del suo stesso partito di appartenenza, accusato dal reprobo di malvagità e cattiveria per averlo messo alla porta, ma ancora alloggiato con le sue scorte nelle stanze dell’Hotel del Crepacuore, dove continua insistentemente a risiedere, nonostante sia stato sbattuto fuori dalla competizione elettorale, con preavviso di giusto pensionamento.

Qui l’Oliverio suole, da qualche mese a questa parte, radunare attorno a sé, in una specie di suite-ridotta alberghiera, le brigate campanilistiche e le cordate di scambio che gli danno sostegno come una allegra brigata di zombie in vacanza sulla funivia di Colleciuccio, insieme a un gruppo di ben gratificati, a stipendio fisso mensile con finanze regionali, irriducibili feldmarescialli.

La prima e nitida sensazione, l’impressione quasi attonita e sgomenta, che si ricava dalla foto opportunità scattata e prontamente diffusa sui social, è quella di un quadretto di insieme di cotanti e copiosi notabili obsoleti, che assomigliano maldestramente e malmostosamente a quella del comando supremo nipponico che studiava la strategia dopo la pioggia atomica di Hiroshima e Nagasaki.

A parte la postura dei singoli partecipanti al tavolo, a margine del locale in cui si sono radunati, nel contesto sciasciano che si è determinato, sembrava davvero aleggiare un’atmosfera non solo di fin troppo fesso e troppo illogico entusiasmo, quanto di apparente, “volpigno” e senile pressapochismo, dove campeggiano le avide pretese e attese di un ceto politico perdente, arruffone, deludente, impreparato, privo di titoli reali, spesso e in passato doppiogiochista, sul filo della sola ed egoistica continuità tra Loiero, Adamo, Scopelliti e Nisticò, che si aggrappa pervicacemente, quasi fino all’esasperazione, alla “jungla” di tendaggi stropicciati e consunti delle stanze del potere regionale.

In fondo, suscitando persino compatimento.

Anzi, fanno quasi tenerezza perché ricordano la cover di anni trascorsi belli e luminosi, quando alcuni di loro erano spavaldi e vincenti, anni Settanta, anni ruggenti, in cui anche nelle balere dei litorali e lidi balneari calabresi si ascoltava al juke box lo straordinario rock di Elvis Presley che cantava, come un Adone del mito americano, la sua indimenticabile e malinconica “Heartbreak Hotel”:

“Beh, da quando la mia ragazza mi ha lasciato, ho trovato un posto nuovo per vivere, è giù alla fine della via della solitudine, all’Hotel Crepacuore, Tu mi fai sentire triste e solo bambina...”

Tanto che l’immagine, nel significato immediato della sua inquadratura, rimanda vagamente a una foto d’epoca, una foto verità, una specie di scatto surreale in bianco e nero del fotografo di San Giovanni in Fiore Saverio Marra, un virato seppia con tante piccole piovre della politica in scena, gli stessi che gigioneggiano farsescamente una finta e cordiale socialità paesana.

In fondo, essi stessi ignari di quel gioco di specchi e di rimbalzi che la mediatica offre in cartolina, trasformando “miseramente” il lussuoso Hotel delle Illusioni Perdute nello scorcio di una bettola di campagna, la taverna di un paese di montagna, un luogo notturno in un qualsiasi borgo della Calabria borbonica, in cui mancano solo le ciocie, le castagne di Petronà, ‘a vrascera, u focunu e il tocco finale di un mazzo di carte napoletane.

All’Hotel della Delusione, l'Hotel Crepacuore della Regione Calabria, questi signori rappresentano una Regione ormai tramontata, inesistente, distrutta, devastata, deturpata, financo nella sua interiore e ruspante bellezza, comandata da siffatta schiera che si presenta in tutto il suo manto di tristezza, con quella faccia un po’ così, quell’espressione un pò così... di chi ha perso improvvisamente il suo “moroso”, sempre azzimato e ben vestito con gli stemmi e i simboli di usurpati partiti romani.

All’Hotel delle Illusioni Perdute, dove il Comandante dei Transfughi Oliverio raduna gli ultimi adepti al centro-sinistra “spurio”, quel che accade è proprio tutto vero, simile, verosimile, fantastico, come nella melodia indimenticabile del mitico Elvis che adesso suona per loro, il mesto battaglione che si attarda a uscire di scena, stazionando stracco all'ingresso dell'Hotel Crepacuore Regione Calabria dove “sebbene sia sempre affollato”, per questi ultras del club di Palla Palla,

“si può trovare ancora qualche camera libera, dove i cuori infranti degli innamorati,sfogano col pianto la loro malinconia...You make me so lonely baby...”