Alberi Sapienti, Antiche Foreste. Una Passeggiata nei Boschi con il libro di Daniele Zovi

Passo dalla mia bibliotecaria di fiducia, ha messo da parte per me tre volumi. Mentre attendo che il prestito sia registrato, vedo esposto un libro dal titolo e dalla copertina accattivanti: “Alberi sapienti, antiche foreste” di Daniele Zovi (edito dalla UTET, pagine 310, euro 20) e decido di aggiungerlo alla lista.


di Patrizia Muzzi

“Non hanno occhi, ma vedono. Non hanno naso, ma sentono gli odori. Non hanno orecchie, ma ascoltano. Non hanno dita ma toccano. E ricordano, dormono, amano, dimostrano simpatie e antipatie”.

Lo leggo in due giorni. Mi piace molto: è pieno di citazioni da sottolineare (e non dimenticare) che invogliano la lettura di altri libri, di storie di alberi, di racconti di un passato recente e di uno molto antico, è anche pieno di cuore.

Sono tante le pubblicazioni dedicate al mondo vegetale apparse sugli scaffali in questi ultimi anni e i motivi credo che siano principalmente due. Il primo, perché sono innumerevoli le scoperte scientifiche che rivelano a noi esseri umani che le piante sono dotate di una intelligenza ancora tutta da scoprire (non a caso ormai parliamo di Neurobiologia Vegetale).

L’altro motivo è che avvertiamo un distacco inesorabile tra noi e Madre Natura. Una specie di vocina interiore ci dice che il tempo è scaduto, che abbiamo commesso troppi errori. Ora abbiamo bisogno che qualcuno ci spieghi quale rotta mantenere per non andare alla deriva. Cosa è rimasto delle foreste che possiamo ancora salvare?

Questo libro è per tutti, non è un saggio per addetti ai lavori, può e deve essere letto da chi vuole comprendere la struttura complessa e meravigliosa di un bosco e scoprire luoghi incantevoli da visitare e da proteggere, oltretutto si presenta in un formato turtleback, cioè con una rilegatura di pregio, molto gradevole al tatto e ricco di immagini.

(Domanda) Leggendo il suo libro ho ripensato al fatto che noi bambini mangiavamo la resina che colava dagli alberi, e mi ricordo che alcune di queste grandi lacrime dorate avevano un sapore particolarmente buono, altre decisamente più pungente. Forse non avevamo poi tutti i torti a volerle assaggiare: ora sappiamo che sono ricche di sostanze chimiche che sembrano avere una funzione benefica sulla salute psicofisica dell’essere umano…

(Risposta) “I terpeni contenuti nella resina, quelli che le danno il profumo, e quelli costantemente liberati da tutti gli alberi stimolano nel nostro organismo la produzione di anticorpi. Li possiamo “assumere” anche semplicemente respirando quando camminiamo nel bosco”.

“Quasi tutti i boschi di pianura non esistono più”, afferma nel suo libro. Spesso mi interrogo sull’aspetto che un tempo poteva avere la mia Pianura Padana prima che l’uomo intervenisse in maniera così drastica e mi sono creata l’idea di una sorta di Eden: esagero?

“Nel Medioevo si poteva andare in carrozza da Roma a Parigi stando sempre all’ombra di grandi alberi. In quell’epoca gli spagnoli dicono che una scimmia da Gibilterra poteva arrivare fino ai Pirenei senza scendere a terra. Il mondo era più verde … anche più ricco di paludi e quindi non sempre e dovunque accogliente per l’uomo”.

Girando per i boschi dell’Appennino ho notato la presenza di diversi alberi caduti e abbandonati al proprio destino. All’inizio ero tra quelli che si indignavano per la trascuratezza con la quale erano gestite intere aree boschive, ora penso di avere compreso il significato profondo di quel gesto, ci stiamo avvicinando alla naturalità?

“L’Italia è più selvatica: nel legno morto trovano il loro habitat decine di specie di insetti e di funghi, che non potrebbero vivere altrove. Il tronco a terra che si decompone aumenta la fertilità del suolo, arricchisce la biodiversità dell’ecosistema”.

Il capitolo dedicato ai suoni del bosco mi ha ricordato un passaggio di un libretto di Luis Stevenson dove racconta la sua esperienza di vita tra le foreste della Cévennes in compagnia di un asino e una delle immagini più belle è la descrizione del bosco notturno: una specie di orchestra che mai avrebbe immaginato così chiassosa. Ha mai avuto paura del bosco?

“Sono stato spesso nel bosco da solo, di notte e senza torcia; andavo ad osservare le parate amorose del gallo cedrone, che si svolgono all’alba. Dovevo arrivare prima dei maschi, che si sarebbero sfidati alle prime luci, e senza farmi vedere. Non c’è mai silenzio nel bosco e alcuni rumori, quasi tutti in realtà, sono indecifrabili. Penso che qualcuno li possa trovare preoccupanti. Il più inquietante per me è stato una serie di piccoli tonfi che ricordavano i passi di un uomo”.

Nel saggio riporta un elenco delle foreste primigenie che si trovano in Italia. Per chi fosse interessato, è possibile visitarle o c’è bisogno di un permesso speciale riservato agli addetti ai lavori?

“Si possono visitare liberamente quasi tutte. Per la riserva di Sasso Fratino nelle foreste Casentinesi ci vuole un permesso da chiedere al parco”.

“La Natura in assenza dell’Uomo si esprime ai massimi livelli di vitalità” cito a mia volta Alessandro Bottacci, amministratore dell’area protetta di Sasso Fratino. Cosa possiamo fare per riuscire a convivere al meglio con gli alberi? È possibile contribuire alla salvaguardia di aree non ancora protette?

“È una buona pratica tornare a chiamare per nome le singole specie di alberi, reimparare a conoscerli. Ogni bosco non particolarmente protetto è comunque tutelato dalla legge. Ognuno di noi deve sentirsi responsabile della sua difesa, perché ognuno di noi trae benefici dalla sua presenza, non solo la gente di montagna e di collina, ma anche, e forse in maggior misura, quella di città”.

L’estate trascorsa è stata pessima per le foreste: le immagini provenienti dall’Amazzonia, dalla California e soprattutto dalla Siberia, hanno profondamente colpito alcuni di noi. L’impressione che si è avuta è che fin da subito la stampa abbia del tutto ignorato la gravità della situazione e solo dopo alcuni post di privati cittadini sui social network sia stata costretta a fornire alcune notizie approssimative, poi il nulla. Né i grandi network né i quotidiani nazionali hanno presentato dati per comprendere l’entità del fenomeno una volta finita la grande ondata dell’indignazione online. Lei può dirci qualcosa in merito?

“Il nostro Pianeta è un luogo meraviglioso. Parlare di Marte come pianeta alternativo è ridicolo; chi lo fa ci sta prendendo per i fondelli. Stiamo perdendo molti pezzi di foresta per continuare ad alimentare la nostra vita lussuosa e continuiamo a dimenticare che il bosco è l’unica macchina in grado di sequestrare l’anidride carbonica (responsabile dei cambiamenti climatici) e tenerla prigioniera. L’uomo non ne ha ancora inventata una. Va però sottolineato che l’Italia costituisce un esempio virtuoso: negli ultimi cento anni la superficie forestale nel nostro Paese è raddoppiata. Dobbiamo esserne orgogliosi”.

“Un bosco è anche un luogo dello spirito, una dimensione dentro la quale aleggiano paure e speranze, fughe e abbracci, sogni e visioni ancestrali. Proviamo, dentro al bosco, un senso di religiosità cosmica. Descriverlo non è per niente facile.”

Daniele Zovi ha il raro dono della chiarezza ed è riuscito ampiamente nel suo intento.