Nel linguaggio comune, quando si esprime un’opinione dicendo: “si tratta sicuramente di questo”, il solo fatto di voler marcare con “sicuramente” una certezza, induce automaticamente un dubbio! L’affermazione di una verità è sin dall’inizio dubbia.
di Antonino Mauro Calabretta
Lo stesso concetto, mutatis mutandis, può essere espresso con riferimento ai singoli individui: pur in presenza di differenze culturali, intellettive, sociali, patrimoniali, fisiche tra un individuo e l’altro, sostengo che non sia legittimo esprimere un giudizio di valore assoluto circa chi possa essere ritenuto migliore dell’altro.
D’altro canto, però, potremmo spingerci nel decidere quali elementi possano essere presi in considerazione per giudicare cosa rappresenti “il meglio” per le persone.
Uno di essi è la totale rottura con il passato, una sorta di inversione virtuosa, avviata solo qualche anno fa. Un pensiero, una missione, inizialmente affidata a colpi di hashtag e pensieri postati nella piazza virtuale di Facebook, oggi più maturo ed evoluto, affidato a manifestazioni pubbliche e convegni ove la città si riappropria della dignità perduta, della voglia di fare, di partecipare, di contribuire ad una rinascita.
Inizialmente considerati scomodi, sbeffeggiati dall’Attila della politica nostrana, oggi, senza mai aver ceduto un solo istante, da uomini liberi dal condizionamento, costoro, iniziano ad informare la città, quella vera, su cosa si nasconde dietro un affidamento diretto, dietro la mala gestio di una società in house, dietro una mancata raccolta differenziata, dietro una finta bonifica.
Disquisiscono su modelli, mostrano dati, propongono soluzioni. Si, finalmente propongono! Iniziano a verificare quanto pubblicato in albo pretorio, hanno le competenze per analizzare delibere e determine, si spingono finanche a verificare bilanci ed osservazioni della Corte dei Conti.
Non si arrogano il diritto di giudicare ma non hanno più timore a denunciare il potente di turno, tantomeno il Servo Sciocco, qualora sia evidente il malaffare. Un esercizio fino a qualche tempo fa inimmaginabile, deriso, escluso. Oggi virtuoso, appassionante, sfidante.
Una partita alla pari. Da una parte loro, mutanti nelle vesti, un po’ meno nella fisiognomica; identici nel risultato, devastante. Dall’altra le persone vere, quelle che si alzano per andare a lavorare, quelle che non vivono di promesse mai mantenute al solo fine clientelare.
Una nuova frontiera culturale capace di mostrare che Libertà è Responsabilità e non Prepotenza e che i desideri non sono diritti, e che ogni diritto può fiorire solo sul dovere onorato.
Uomini e donne che pagano o hanno pagato in prima persona e con propri capitali, non cedendo il debito alla cassa politica, il prezzo dell’abitare una città ultima in Italia per indici di vivibilità.
Siamo qui, dunque adesso, pronti ad andare, mantenendo misura ed equilibrio pur senza trascurare ogni tanto di volgere ancora, anche solo per un istante, lo sguardo indietro. Perché dietro c’è il buio, la notte. E la paura del buio fa sì che si avanzi più speditamente verso la meta, verso la luce di un nuovo giorno.
Si continui così, senza timore alcuno. Si continui così ricordando quanto pochi eravamo. Si continui così uniti e determinati verso il cambiamento.
Così, con semplicità e determinazione, senza alzare la voce, non imponendo verità ma cercando il vero, mostrandoci come siamo. Solo così potremmo scoprire che la rivoluzione è ad un passo. Che la rivoluzione è il primo passo.