La situazione politica complessiva, veramente caotica, in cui si inseguono candidature proposte o ipotetiche, senza che da tutte queste emergano nuove e moderne proposte di una vera svolta politica e programmatica, induce a ritenere che la Calabria sta diventando sempre più carnefice del suo stesso popolo.
La Regione e il suo Consiglio, in quanto entità istituzionale, ormai portata finita da una “solita”, mappata, indicizzata, registrata e costantemente monitorata, perniciosa “cupola” di politicanti infedeli e affaristi corrotti, è ormai ridotta alla stregua di una scalcinata automobile senza né comandi né conducente.
L’isolamento e l’emarginazione della nostra terra, dove a nessuno conviene seguire la traccia di nuovi orizzonti politici di trasformazione e cambiamento europeo, è la manifestazione oltre che il sintomo più appariscente del disastro etico e morale in cui i vecchi ceti dirigenti regionali e localistici, sconfitti dalla storia, stanno trascinando la Calabria, continuando a giocare le proprie spesso squallide e scontate partite di bottega.
È, infatti, incontestabile che la povertà di interessi che abbiano la prerogativa della qualità e del generale induca ad una iperpressione su tutto quello che è invece pubblico, con il risultato che gli interessi privati finiscono per prevalere e svuotare di significato la stessa funzione pubblica oltre che l’esercizio e le aperture dialettiche della democrazia nella forma delle sue politiche e partitiche.
Il paradigma esemplare di tutto questo è quanto è avvenuto e avviene a Crotone prima e dopo la crisi comunale che ha portato all’esautoramento del sindaco e della giunta nel corso di questo ultimo mese di novembre (QUI).
Qui, anche in presenza di un’inchiesta, una vicenda giudiziaria potenzialmente devastante per l’intera città (QUI), gruppi imprenditoriali e svariati “peones” fuori sacco, rimasti senza casa e senza bandiere, per il loro solo avido tornaconto, tentano di far tornare sui propri passi persino l’ex sindaco prima sospeso e poi dimissionario cercando di blandirlo e esortarlo, consigliandolo come il gatto e la volpe, a dismettere le sue stesse dimissioni, baluginando l’esca avvelenata di un “riscatto tecnico” della sua giunta che non ha alcuna premessa.
Noi crediamo, in quanto correttamente garantisti, che l’ex sindaco sia una persona seria e razionale a prova d’indagine.
Allo stesso tempo temiamo che tutti coloro che lo insidiano, tirandolo per la giacca per mero ed egoistico interesse, siano una minaccia sia per lui che per l’intera città.
L’ormai netta contrapposizione ai “vizi” privati di ben noti segmenti dell’economia locale, che si insinuano nella politica comunale al solo scopo di concupirla e assoldarla alle proprie utilità, se non addirittura all’illecito e all’elusione della legge, fino al punto di deformare le autonomie e le istituzioni territoriali, non fa che accentuare la spinta necessaria per aprire al più presto una nuova fase di “virtù pubbliche” nella città e nella Regione.
Una stagione certamente difficile e per questo in bilico ma di fatto aperta con qualche nuova speranza di mettersi alle spalle il passato emergenziale della Regione Calabria e del Comune di Crotone.
Per questo occorre focalizzare e redigere un indice di obiettivi nuovi, comuni e prevalenti, la cui promozione e valorizzazione va affidata non ai “figli di famiglia”, ma prioritariamente a figure adeguate di un diverso ceto politico di rottura, capace di rendere concreti e reali i programmi, le aspettative e i percorsi di liberazione altrimenti preda della logica inconcludente sia di sovranismi incongrui per il sud, sia di populisti plebei che avviliscono la dignità, specialmente dei cittadini svantaggiati e più bisognosi di solidarietà e sussidiarietà sociale.