La visita di Angela Merkel ad Auschwitz-Birkenau, avvenuta il 6 dicembre del 2019, passerà alla storia non per retorica d’occasione ma per l’eloquenza del suo significato profondo.
di Vito Barresi
È la quarta volta e non la prima che un cancelliere tedesco rende testimonianza simbolica del dolore immenso che prova ancora oggi una nazione come la Germania dinnanzi alle le vittime dello sterminio nazista, di fronte all’orrore che suscita universalmente ed eternamente la strage degli innocenti in un campo di concentramento dove vennero uccisi e trucidati oltre un milione di donne e bambini per la sola colpa di essere ebrei.
Angela Merkel ha più volte richiamato la responsabilità perpetua della Germania Nazista che ha scientemente concorso ad una frattura epocale nel processo storico della civilizzazione umana, rappresentata dalla Shoah.
La Merkel, ancora una volta, ha ricordato nel suo discorso ciò che rappresenta quel luogo, divenuto il simbolo del male assoluto nella cultura contemporanea, per riprendere l’espressione della storica Annette Wieviorka, evidenziando chiaramente che non ha scelto a caso questo momento, bensì lo ha fatto per denunciare il preoccupante rigurgito del razzismo, l’odio disumano galoppante, la crescente ondata di antisemitismo che minaccia la vita degli ebrei in Germania e in Europa.
Il ritorno dell’antisemitismo e del razzismo, i toni sempre più accessi e minaccioso del sovranismo e delle ideologie antisemita anche nella sinistra italiana, in cui spezzoni intellettuali tutt’altro che marginali assecondano o minimizzano i sempre più frequenti attacchi alla cosiddetta “lobby ebraica” che dominerebbe il mondo globale, ripropongono in forme nuove ideologie vetuste che costituiscono un veleno letale per l’esercizio della libertà e della democrazia.
Parate di strada, ancor di più inquietanti apparati linguistici e comunicativi, il linguaggio di belve e lupi mannari, particolarmente subliminali e subdoli che rinfocolano ancestrali paure e primitivi pregiudizi, sono l’epifenomeno di pulsioni e tare psichiche di più grave portata, di una distorta intuizione del cambiamento globalista della vita quotidiana, che si mal celano nell’inconscio profondo dei disagi sociali, spesso strumentalizzati da una destra fascistoide, nazistoide e stalinoide, che va alla ricerca di un suo posto in primo piano sulla scena mediale, persino osando l’arrembaggio alla conquista di un lembo di potere politico.
Anche in Italia c’è da stare molto attenti, più che mai vigilanti rispetto ai progetti e alle manovre di una di una destra eversiva criminale che ha già fatto tanto male nella storia del nostro Paese, progettando e realizzando stragi di orribile significato come quelli di Piazza Fontana a Milano, di Piazza della Loggia a Brescia, della Stazione Ferroviaria di Bologna.
Su questo bisogna rigenerare non un antifascismo da avanspettacolo ma la più radicale e inflessibile attenzione civile, morale, intellettuale, istituzionale e politica, rafforzando il tessuto democratico e della partecipazione popolare, rinnovando la volontà e le motivazioni che fanno dell’Europa il centro della battaglia mondiale per la difesa dei valori della libertà contro ogni intolleranza e razzismo.
La storica visita di Angela Merkel ad Auschwitz-Birkenau deve essere, per tutti noi, l’occasione silenziosa per riaccendere le luci della memoria, l’eclatante momento per un ripensamento non superficiale, che si ponga al cuore della politica, per non sottovalutare nessun segnale di rischio, alcuna avvisaglia pericolosa che possa provenire da nemici vecchi e nuovi della fratellanza, dell’eguaglianza e della libertà, lemmi e stemmi inattaccabili della democrazia e della civiltà europea.