Matteo Salvini, il falco pellegrino alla conquista della Regione Calabria. Lega Nord primo partito in Consiglio Regionale?

6 gennaio 2020, 15:50 100inWeb | di Vito Barresi

In una Calabria sempre più abituata alla frammentazione territoriale e alla rinchiusura individualistica qual’è il posto destinato al dialogo pubblico, al confronto democratico, al giudizio autentico e non interessato sui bisogni veri delle popolazioni e della società nel suo insieme se alle elezioni del 26 gennaio la Lega di Matteo Salvini farà 13 conquistando la vetta della classifica, primo partito per eletti in Consiglio Regionale? Mi rifaccia la domanda … Allora ricapitoliamo, si sente pronto per entrare in cabina, si accomodi, attenzione, il momento è solenne, avrà un minuto di tempo per decidere e votare...


di Vito Barresi

In una Regione fortemente condizionata dai comportamenti sbagliati degli amministratori che come Sisifo, fin dalla fondazione dell’istituto regionale dopo la rivolta di Reggio, continuano a tessere un’infinita tela di inganni e menzogne ad ogni livello politico, relazionale e territoriale, è anche possibile infine che la menzogna della menzogna prenda kafkaniamente il potere e il sopravvento definitivo.

Perché in fondo in fondo tutto è possibile se voi votate che possa accadere quello che si vuole indicibile, politicamente scorretto, fuori schema, laddove tutto sembra continuare ad essere essenzialmente immodificabilmente.

Persino l’impensabile, l’impossibile politico e istituzionale potrebbe sorprendentemente avverarsi dopo che per decenni e decenni si è lasciato che la fatalità trascinasse questa terra alla propria deriva, sospingendo i giovani e le donne alla rinuncia e alla fuga, unici meccanismi di tutela e autodifesa della propria identità e del proprio progetto di vita.

Sulle rovine di un tempo dove non c’è riscatto ma solo il sentimento dello smarrimento e del disincanto può essere che qualcuno sta già volando sul nido del falco pecchiaiolo.

Magari sarà Matteo Salvini il liberatore delle Tre Calabrie elettorali, il conquistatore che nessuno osa ancora disegnare in un fumetto con il poncho sudamericano e la spada di Giuseppe Garibaldi ferito in Aspromonte, oppure con l’uniforme del generale Nino Bixio che sparava contro il mondo subalterno di Bronte narrato da Giovanni Verga.

Nessuna della antiche speranze che nel 1970 politici, sindacalisti, intellettuali, giornalisti, storici, conduttori televisivi, persino anarchici e sovversivi alla conquista sessantottesca del Sud, declamarono a squarciagola, neanche un briciolo, un istante dei sogni che occupavano le nuvole e l’immaginario di quella stagione di giovinezza calabrese, si è tramutato in realtà.

Anzi, la favola che il regionalismo aveva voluto raccontare, il miraggio che continuò ad alimentare costantemente, di quinquennio e in quinquennio, si tramutò ben presto in un incubo pluridimensionale e plumbeo nel vaticinio inascoltato di visionari e rivoluzionari, da Corrado Stajano con il suo indimenticabile ‘Africo’, a Vincenzo Guerrazzi nella sua epopea Nord e Sud Uniti nella lotta, da Giampiero Mughini su Mondo Operaio con le sue Irlande del Sud, ad Adriano Sofri sulle barricate di Sbarre Centrali e di Gebbione, anteprima del foglio 'Mo' che il tempo s'avvicina'.

Nel sottoscala buio di questo gigantesco horror di Stato e di ’ndrangheta che è stata ed è ancora la mappatura psicologica della Calabria politica e istituzionale, un luogo d’ombra nella luce tramezza di terrore e territorio, si svolge uno scontro sottile dalla foggia lussureggiante di un romanzo postverista, cresce di momento in momento l’attesa per l’ora e il giorno della vendetta.

Sotto il mare di Calabria che congiunge il Jonio col Tirreno si sommuove il Poseidone dell’onda anomala, e spinge a fondo sui pedali sommersi dello tsunami implacabile che travolgerà i falsi altari del passato, disintegrerà i monumenti a vita di una gerontocrazia della politica sordida e tetra quanto un Polit Bureau del Pcus che ha distrutto l’orgoglio e devastato la dignità, deturpando non solo lo stemma ma anche il cuore vero degli antichi e fieri calabresi.

Salvi Salvini la Calabria dei sanfedisti, dei vescovi cardinali Ruffo, dei suoi sostenitori plaudenti tra rimosso Partito dei Cacciatori, rossi baronetti agricoltori a fondi Ue, rentiers delle case sfitte, battaglioni di bagnini e di titolari di stabilimenti balneari, medici e paramedici in debito di sanità padana, proprietari fondiari in attesa di investimenti stradali nelle lande desolate del latifondo, allevatori diretti delle quote latte, marchesine in cerca di una destra maschia e forte, sostenitori delusi del grillismo bruzio, un esercito di tiratori scelti della giacchetta e della doppietta che è andata in pellegrinaggio a via Bellerio per entrare nel comma riservato di un contratto che porterà la Lega Nord a divenire il primo partito nel Consiglio Regionale dell’ultima regione d'Italia.

Ma statene certi che quando accadrà faranno finta di niente come gli “sciammerga” di fronte alla morte di un cafone di paese, “cu muriu? Nuddru muriu”, non capiranno che la fine dei pescecani della vecchia sinistra comunista, democristiana, socialista, socialdemocratica, repubblicana, al potere da quasi un secolo nelle Old Calabria, era già scritta da tempo e aspettava paziente di farsi vedere in giro, in un passo del ciclopico Orcynus Orca:

“il mattino del 7 ottobre un dramma va in scena nello stretto. Le fere si mettono d'accordo per attaccare contemporaneamente l'orca, a turno si scagliano sulla sua coda e alternandosi finiscono per amputargliela. Il gigante rimane mutilato e impotente, e dato che la sua natura è essere immortale, in balia degli eventi. Un branco di sarde lo attacca, nutrendosi della carne esposta del gigante impotente. Tra i pellisquadre nasce un dibattito sul destino del mostro immobilizzato in agonia: c'è chi teme che la sua carcassa possa impestare tutto il mare, chi vorrebbe invece approfittarne, tagliarla a pezzi e rivenderla spacciandola per tonno.”