Etty Hillesum, Edith Stein e l’Europa:‘occhi negli occhi’ tra amore, identità e destino nel campo di Westerbork, prima di Auschwitz

21 gennaio 2020, 17:00 100inWeb | di Vito Barresi

Probabilmente, la storia vera di quell'incontro, una coincidenza fortuita ma non occasionale, nel campo di concentramento di Westerbork, tra Etty Hillesum ed Edith Stein dovrà essere ancora scritta e rivissuta in tutta la straordinaria intensità emotiva di una testimonianza speciale offerta all'Europa da due donne martiri che avevano nel cuore e nella mente destino e amore per il loro continente.


di Vito Barresi

Come in un film la ricostruzione di quel giorno in cui si videro l'una davanti all'altra, almeno solo per un 'frame', si può verosimilmente immaginare nell'essenziale 'grandiosità' di una scena umile, dolorosa quanto epocale, nel momento in cui le due martiri sapevano con stoica certezza quale sarebbe stato il destino che le aspettava.

E che in quel momento oltre ogni altra sofferenza, disparità e diseguaglianza, quel che contò fu semplicemente il riconoscersi, 'occhi negli occhi', di due donne così diverse ma accomunate nella loro specialissima genialità femminile, dalla comune radice culturale e identitaria europea, ebraica e cristiana.

Da qui il senso e l'urgenza dell'ingrandimento di quel 'contatto' avvenuto in un angolo di luce e ombra del campo di smistamento, che sprona a una più approfondita rilettura, ricerca e comparazione, lungo il dipanarsi di un filo fragile come lana e forte come seta che, in questa Giornata della Memoria 2020, unisce e connette le loro 'vite parallele'.

Edith ed Elly forniscono a tutti i giovani europei, specie a quella parte che si riconosce nell'etichetta, nel labeling di 'generazione Erasmus', qualcosa di più di una suggestione emotiva e superficiale, il saldo ancoraggio ideale e valoriale della lotta alle discriminazioni di ogni genere, espressa con cristallina coerenza di fini, in due esemplari storie di vita, una laica e 'femminista', l'altra mistica e spirituale, nell'unità di una sola testimonianza più che mai ricca di significato simbolico.

La maestra e silenziosa eloquenza, delle misteriose parole scambiate tra loro, sa tramutarsi immediatamente nel miracolo di un'immagine struggente che lega nell'immortalità la figura di Etty Hillesum ed Edith Stein, due donne europee, una olandese, l'altra tedesca, accomunate dal destino della persecuzione antiebraica, scatenata dal mostro del totalitarismo razzista, nazista e fascista.

Rileggere le pagine di Etty Hillesum, esempio di palpitante e intenso coinvolgimento di una donna di evidente genialità e raffinatissima cultura europea, rende onore e gloria alla civiltà olandese, sviluppatasi nel corso dei secoli, anche e massimamente con il fecondo contributo delle comunità, sia native che della diaspora, di minoranza ebraica, significa sospingere la nostra memoria sulla forma della bellezza storica e spirituale dell'opera di questa scrittrice.

E avvertirne, similmente all'esperienza di una prima lettura, tutta l'energia morale sul sismografo del cuore, la forza e il trasporto appassionato verso il prossimo, le pulsazioni di una fratellanza che si esprime nel tocco leggero dell'amore immenso, raccoglierne i frammenti infiniti di solidarietà che cadono come stelle di luce nella notte della Shoah, tragico teatro della disumanità di Auschiwtz.

In una lettera inviata il 26 giugno 1943, Etty scrive che

"la miseria che c’è qui è veramente terribile – eppure, la sera tardi, quando il giorno si è inabissato dietro di noi, mi capita spesso di camminare di buon passo lungo il filo spinato, e allora dal mio cuore si innalza sempre una voce – non ci posso far niente, è così, è di una forza elementare –, e questa voce dice: la vita è una cosa splendida e grande, più tardi dovremo costruire un mondo completamente nuovo. A ogni nuovo crimine o orrore dovremo opporre un frammento di amore e di bontà che bisognerà conquistare in noi stessi. Possiamo soffrire ma non dobbiamo soccombere. E se sopravvivremo indenni a questo tempo, corpo e anima ma soprattutto anima, senza amarezza, senza odio, allora avremo anche il diritto di dire la nostra a guerra finita. Forse sono una donna ambiziosa, ma anch’io vorrei dire una parolina."

Cosa possiamo immaginare si dissero in quel colloquio, quando un giorno del 1942, si incontrarono nel campo di Westerbork, in Olanda, prima della deportazione finale?

Sapremo mai se i loro sguardi si sono incrociati e sa poi se si sono ritrovate in quanto sorelle povere, in fondo, perché ebree?

Perchè se Edith Stein è stata la gloriosa resurrezione di un sentimento di fede e mistica devozione al Signore, memorizzato nella dolcezza ineguagliabile della vita breve di un'affascinante intellettuale, se Etty Hillisum è stata lo struggente monito di potenza e misericordia, quasi il luminoso risorgimento della speranza nella ragione di Spinoza, ora tocca a chi ne sa di più raccontare tutta la verità, ancora sconosciuta, lo splendore di quel luminoso incontro, per contemplare la toccante traettoria umana di due donne, martiri e vittime dello sterminio nazista, fulgide custodi, fino all'estremo sacrificio, delle radici ebraiche e cristiane dell'Europa.