Può un colpo di tosse a Pechino provocare la chiusura dei negozi cinesi in Italia?

24 gennaio 2020, 13:00 100inWeb | di Vito Barresi

La Cina tossisce e i negozi cinesi in Italia si svuotano? Potrebbe non essere il banale, semplice, cretino gioco di parole ricalcato dal famoso incipit, “il battito d’ali di una farfalla a New York può provocare un tifone a Pechino?”, tratto dall’omonimo racconto di Antonio Tabucchi, nel libro “L’angelo nero”.


di Vito Barresi

Anche perché, in verità, e forse non casualmente, è la stessa fonte dell’infezione, un mercato del pesce e di altri animali selvatici a Wuhan, la capitale della provincia di Hubei, chiusa il primo gennaio, ad alimentare la suggestione dello scenario della “quarantena commerciale”, la drastica presa di distanza tra i consumatori euroamericani e le merci prodotte ed esportate nella grande fabbrica asiatica.

La chiusura dei grandi centri commerciali cinesi in Italia e in Europa, non solo nella fantasia delirante di qualche eccessivo sovranista, è una delle possibili opzioni future in termini di sicurezza e protezione dell’assetto del world trade, una tra le più considerate ed emergenti simulazioni, non solo plausibile ma concretamente realistica, persino una perfetta ipotesi di scuola per la difesa degli interessi nazionali.

Da quando sul finire del 2019 sono stati resi noti i molteplici episodi di polmonite di origine sconosciuta nella megalopoli cinese di Wuhan (provincia di Hubei), nei quadranti di un mondo a rischio è scattato lo stato di allerta globale, la chiamata ad aumentare le difese e le precauzioni contro il corona virus, quale premessa di una possibile mobilitazione generale.

Le immagini colpiscono nel profondo inconscio l'opinione pubblica internazionale.

Di fronte a una stazione ferroviaria a Pechino, per avvertire che il virus si diffonde quando i cinesi prendono i mezzi di trasporto per le celebrazioni del capodanno lunare; in un ospedale di Wuhan, dove si sono verificate le prime infezioni; al mercato del pesce, dove alla gente che compra torna alla memoria lo spettro della sindrome respiratoria acuta grave (SARS), che è apparso nel 2002 e che causò la morte di 650 persone in Cina e Hong Kong e 150 in tutto il mondo in pochi mesi; all'ospedale Tongji di Wuhan, i residenti aspettano il trattamento anti virus, molti in città si sono rinchiusi in casa; un giovane racconta come si sta preparando a passare il capodanno lunare tagliato fuori dai suoi familiari e con poche derrate alimentari.

In molte megalopoli della Repubblica Popolare i consumatori hanno dato l’assalto a vari supermercati che si sono rapidamente svuotati di merci e persone. Ma del nuovo virus cinese si sa ancora poco, sebbene è certo che è un virus di origine animale, trasmesso all’uomo.

Ora nel mondo intero, la domanda principale è se esiste il rischio di contaminazione da uomo a uomo.

Ma allo stato non c’è una risposta precisa. E per questo occorre essere vigili negli aeroporti e sul territorio, effettuare lo screening delle frontiere.