Il contagio del coronavirus è arrivato anche al sud Italia e da parte di politici, amministratori giornalisti e commentatori in genere si sentono dichiarazioni di forte preoccupazione perché il sud Italia non è “attrezzato ad affrontarlo”. Ma perché le regioni del sud non hanno i sistemi sanitari attrezzati ad affrontare una epidemia del coronavirus? Forse perché i suoi amministratori sono stati degli incapaci ad organizzare dei sistemi sanitari efficienti?
di Giacinto Nanci*
No, non è questo sicuramente il motivo perché negli ultimi 10 anni le sanità delle regioni del sud (tranne la Basilicata) non sono state amministrate da amministratori meridionali ma direttamente dai ministeri dell’Economia e da quello della Salute tramite i commissari straordinari, in quanto queste regioni sono state sottoposte ai piani di rientro sanitari che escludono dalla gestione della sanità gli amministratori locali.
Allora, forse il sud non è pronto ad affrontare la diffusione del coronavirus perché al sud sono stati tutti corrotti? No, non è neanche questo il motivo del ritardo della sanità del sud, intanto perché gli amministratori del sud sono stati esclusi dalla gestione della sanità a causa dei piani di rientro e poi perché la corruzione e il malaffare non sono una prerogativa del sud Italia.
Basta scrivere su Google “scandali sanità Lombardia” e si scopre che nello stesso periodo in cui le regioni del sud erano, e alcune ancora lo sono, in piano di rientro, in Lombardia per la corruzione in sanità abbiamo una decina di grandi scandali con un presidente condannato in via definitiva, l’arresto di un vicepresidente e di tre assessori alla sanità e con uno scandalo, quello del San Raffaele, che da solo ha creato un buco pari quasi a tutto il presunto deficit della regione Calabria.
La differenza sta solo nel fatto che per il San Raffaele il governo ha autorizzato quattro banche a ripianare velocemente il deficit, a spese di tutti gli italiani, anche di quelli sottoposti ai piani di rientro, mentre la Calabria ha continuato ad essere sottoposta al piano di rientro.
Inoltre tutti i grandi eventi che si sono svolti solo al nord e che hanno portato lì grandi finanziamenti sono stati contaminati da scandali (Mose di Venezia, Expo di Milano, Olimpiadi invernali di Torino, risanamento per le banche fallite etc. etc.) per non parlare del fatto che l’ultimo processo alla mafia non si è svolto a Palermo ma in quel di Reggio Emilia.
Allora, se non è la mala amministrazione e la corruzione a rendere incapace il sistema sanitario del sud ad affrontare la diffusione del coronavirus, che cosa lo è? È il suo venticinquennale sotto finanziamento causato dal criterio di riparto dei fondi sanitari alle regioni basato sul calcolo della popolazione pesata che ha dato molti più finanziamenti (decine di miliardi di euro) alle regioni del nord e del centro-nord nonostante si è accertato (Istat, Rapporti Sanità Crea del Parlamento, Demoskopea, sistema Passi, Okkio alla Salute etc.), che nel sud vi sono molti più malati cronici che non nel nord.
È quindi questo il vero motivo per cui il sud non è pronto, perché da 25 anni, dove ci sono più malati (sud), e quindi necessità di maggiore spesa sanitaria, sono arrivati meno fondi e sono arrivati più fondi (al nord) dove la necessità di spesa sanitaria era inferiore.
Inoltre, i piani di rientro cui sono state sottoposte le regioni del sud non hanno risolto nulla; infatti, in Calabria dopo 10 anni di piano di rientro il presunto deficit invece di azzerarsi è letteralmente raddoppiato e l’aspettativa di vita è diminuita.
Ciò è avvenuto perché a causa dei sacrifici imposti dai piani di rientro molti malati cronici del sud non si sono potuti curare ed è noto che il malato cronico che non si cura peggiora, si complica e poi per poterlo curare bisogna spendere molto di più e lo si deve fare, proprio perché malato complicato, nei centri di cura del nord, per cui i sistemi sanitari sotto finanziati del sud finiscono per finanziare quelli del nord già sovra finanziati.
Se a tutto ciò si aggiunge che i piani di rientro prevedono una maggiore fiscalità aggiuntiva si comprende che non è soltanto la sanità del sud ad essere penalizzata ma l’intera sua economia che si ripercuote a sua volta anche sull’organizzazione dei sistemi sanitari.
Cha fare? Semplicemente chiudere con i piani rientro e finanziare i sistemi sanitari non più con il calcolo della popolazione pesata ma in base alla numerosità delle malattie, cioè dare più fondi dove ci sono più malati e allora alla prossima emergenza sanitaria nessuno avrà più paura che essa si sviluppi anche sud Italia.
*Associazione Mediass, medici di famiglia a Catanzaro