Thomas Hobbes non comanda a Bruxelles ma a Londra. Quali scenari dopovirus per l’Unione Europea?

16 marzo 2020, 14:45 100inWeb | di Vito Barresi
Thomas Hobbes

Gli europei spesso dimenticano le grandi figure della conoscenza, dell’arte e della letteratura che morirono per qualche virulenta epidemia. Tra questi, cito a random, il gigantesco Hegel, titano della filosofia colpito dal colera, l'immortale Mozart sotterrato per una febbre scarlattina acuta, il melanconico e pessimista Giacomo Leopardi per un virus che lo portò con qualche ulteriore tribolazione ‘burocratica’ in un cimitero partenopeo. Ci si chiede adesso se sarà la loro eccelsa ombra ad alleggiare sulla prospettiva europea oppure nelle stanze più alte e insonorizzate di Bruxelles, dove hanno sede i palazzi dell’Unione Europea, continuerà ancora a dominare la legge di Thomas Hobbes, il pensatore inglese che con il suo Homo homini lupus, un pò alla Brexit, per cui la natura umana è sostanzialmente competitiva ed egoista?



di Vito Barresi


Se Hobbes, ma si fa per dire naturalmente, non comanderà ancora a Bruxelles, quale Europa e con quale Italia, particolarmente colpita dall’epidemia batteriologica, si potrà immaginare il futuro di un continente cerniere del mondo dell’avvenire.

Tra la memoria del passato il tempo presente segnato dal grande choc della crisi epidemiologica del Covid19, la storia dell’Europa insegna che è proprio dopo le epidemie che cominciano le nuove stagioni delle grandi trasformazioni economiche e sociali.

Oltre le percezioni distorte e le paure della catastrofe la storia dell'Europa ricomincia sempre. Dopo le pestilenze e le rinchiusure tutti i popoli europei inclini alla costruzione dell’insieme umano riversavano il particolare nell’universale aprendosi a nuove avventure di scoperta e conoscenza.

Questa è la più grande crisi nella breve storia dell’Unione Europea, il suo momento più critico.

Essa ci insegna che chi si isola non avrà futuro. L’Unione Europea è chiamata a fare di più nella misura in cui recupera il coraggio e il progetto di aprirsi verso il mondo in quanto cerniera geopolitica, culturale, antropologica, prefigurandone l’avvenire di sicurezza, pace, condivisione e creatività, dopo la fine delle civiltà industriali.

L'epidemia di Covid 19 individuerà in maniera statistica e tabellare quali sono stati i punti deboli e i rischi, sia mondiali che nazionali, generati dall'improvvisazione totale, dalla mancanza di coordinamento, dal rifiuto di qualsiasi solidarietà nei confronti dei paesi colpiti, alimentando irrazionalmente gli egoismi di forze politiche nazionalistiche pregiudizialmente avversari di un'Europa unita e solidale.

Sulla scorta di questi veri e propri 'big data' le istituzioni comunitarie potranno essere in grado e più rapide di quelle nazionali ad affrontare l’emergenza.

L'immagine e la realtà di un Unione Europea bloccata e incompiuta deve essere rapidamente superata, ponendo l'istituzione comune nella condizione proficua di un permanente divenire.

In tal senso, la peste virale sta determinando le premesse per un balzo in avanti che porterà al più presto alla ridefinizione e rifondazione di un'Unione Europea federalista forte e autorevole, diversa rispetto anche al più recente passato, con poteri e competenze di carattere sovranazionale.