Come è potuto accadere che il sogno italiano, l’italian dream, sia stato così violentemente infranto in un sol colpo silenzioso, senza fragore di bombardamenti ne cozzo di armi belliche, ma sbrigativamente da un virus sconosciuto che sembra rimandare alle sequenze antiche di impressionante e suggestiva verosimiglianza alla Caduta dell’Impero Romano, alla rovina della immensa e potentissima Roma? Ipsa, caput mundi, bellorum maxima merce, Roma capi facilis… La stessa Roma, Capitale del mondo, la più importante preda di guerra, agevole a soggiogarsi…
di Vito Barresi
Se non si vuole tornare sull’atlante dell’Impero Romano allora più succintamente si vada a rovistare tra le pagine di uno strano librino già dal suo dal titolo inquietante “Il Pianeta del Virus”, un raccontino di fantascienza sovietica, pubblicato dalla Edizioni Fer nel siderale 1966, via Aureliana 39 in Roma, fondata e diretta da alcuni giornalisti della galassia propagandistica comunista romana, dove si raccontava di un luogo devastato da un neurovirus denominato Gleg.
Come se oggi un’astronave di extraterrestri atterrasse a Milano, aperto l’oblò della navicella, essi avrebbero davanti ai loro occhi uno scenario molto simile a quella finzione letteraria.
Strade, edifici, macchine, fabbriche, negozi, uffici pubblici, banche quasi tutti bloccati da un maledetto virus inventato non si sa dove, di cui forse “qualcuno” immaginava di potersene altrimenti servire come voleva, a piacimento, ma che è sfuggito di mano come un diavolo in fuga in mezzo al mondo.
Chi conosceva già da prima della pandemia le caratteristiche letali di questo diabolico virus ha delle immense responsabilità a cui dover rispondere, senza inventare alcuna scusa né giustificazione del tipo errore umano, rischi della conoscenza scientifica e della ricerca. I colpevoli di questo vero e proprio crimine contro l’intera umanità non potranno restare impuniti. Qualsiasi ricerca ha un limite prima non dopo i disastri.
Per cui non si può che trovare tutto quel sta accedendo da oltre un mese a questa parte in Italia come un qualcosa di “irrealmente” molto strano. Raccogliendo per un istante il nastro, c’è da domandarsi com’è che questa epidemia si è sviluppata tanto fulmineamente e rapidamente in una nazione che non conosceva la parola guerra dal 1945, che non veniva colpita da epidemie di massa se non dal 1918 con la perniciosa febbre spagnola.
L’Italia dal secondo dopoguerra a oggi, dalla caduta della dittatura fascista e della tirannide nazista, ha fatto insieme all’Europa un lungo viaggio nel campo della pace interna e internazionale e su questa solida base ha saputo costruire la propria fortuna, il benessere di intere generazioni, coltivando le sue migliori vocazioni artistiche, intellettuali, produttive, imprenditoriali e industriali, realizzando molti desideri di benessere e sicurezza altrimenti irraggiungibili.
Quel sogno italiano da oltre quaranta giorni, tra la fine dell’inverno e l’inizio di una blanda e maledetta primavera, è definitivamente svanito, non esiste più. Cancellato da un nemico in possesso di un’arma letale, un virus invisibile e misterioso molto più potente delle armate e delle divisione di interi eserciti invasori.
Ma per quanto questo virus, al momento ancora indomabile e invincibile, abbia intaccato le nostre normali difese civili non è riuscito a piegare la forza morale, la coesione comunitaria del Paese, più che mai chiamato a resistere, ritrovando per intero lo spirito dell’unità nazionale.