La faccia ce l’ha e ce l’ha messa davvero tutta. Perché quel che rimbomba come un monito funesto, quasi iettatorio per il vero, è la conclusione perentoria di un articolo di Beppe Grillo dal titolo “Se togliessimo il diritto di voto agli anziani?” Apparso sul suo blog lo scorso 17 ottobre 2019, rileggerlo adesso fa un po’ terrore e un po’ paura. Non fosse altro per la perentoria chiusura dell’incauto pezzo: “Il dibattito è aperto”.
di Vito Barresi
Così auspicava, in queste settimane abbastanza ben servito dal fato supremo, imponeva il Rasputin del governo con Salvini prima e Renzi e Zingaretti dopo.
Un vaticinio che altrimenti suonerebbe più mai funebre, dettato nell’epoca della vanagloria grillista con tetro “non sense” dell’humour. Già che senza barbieri torna l’epoca di parrucche e parrucconi, hai visto mai che qualcuno leggesse al posto di voto, vita, coniando il curioso limerick “se togliessimo il diritto di vita agli anziani?”
Già Beppe Grillo l’eroe dello Stretto di Messina, passeggiando... si potrebbe tutti quanti andare al tuo funerale, e vedere di nascosto l’effetto che fa? D’altra parte, in fondo, togliere il voto alla classe “agée”, non è forse come togliere l’ultimo pezzettino di vita pubblica attiva agli anziani?
Morire senza e non per delle idee, senza un diritto assoluto, costituzionale, egualitario, democratico, il diritto al voto e alla partecipazione democratica, evidentemente piace e non fa per niente paura allo spocchioso Nostradamus che voleva aprire le scatolette di tonno nel Transatlantico del Parlamento.
La sua, purtroppo, sembrerebbe qualcosa di più di una banale divulgazione di un’idea aberrante, bensì la malsana controdeduzione della ricerca di una perfezione organica della democrazia, che si otterrebbe cancellando dalle liste elettorali la quota anagraficamente più anziana.
La proposta, bontà sua, scriveva Grillo non era farina del proprio sacco in quanto:
“già ampiamente discussa dal filosofo ed economista belga, Philippe Van Parijs - nonché tra i più grandi sostenitori del reddito universale – potrebbe essere quella di privare il diritto di voto agli anziani, ovvero eliminare il diritto di voto ad una certa età (oppure dare ai genitori voti per procura per ciascuno dei loro figli a carico). E’ questa la teoria per una democrazia più efficace quale garanzia di giustizia sociale del professor Van Parijs, in un articolo della rivista accademica Philosophy and Public Affairs, che ai più potrà sembrare drastica, ingiusta e insensata”.
Insomma una vera e propria “eugenetica politica” che fa invidia al Manifesto della Razza del 1938 di fascistissima memoria, redatto e firmato dagli Interlenghi, dagli Evola e dagli Almirante, che si trasfigura nell’ologramma tragicomico di Grillo attraverso la discriminazione generazionale, una razzistica lista di proscrizione generazionale sulla base della nuova mappa della vita, partendo dalla quantificazione che:
“ci sono semplicemente troppi elettori anziani e il loro numero sta crescendo. Il voto non dovrebbe essere un privilegio perpetuo, ma una partecipazione al continuo destino della comunità politica, sia nei suoi benefici che nei suoi rischi.” Douglas J. Stewart, Disfranchise the Old, New Republic, 1970.
Per avvalorare la sua tesi il mistagogo fondatore del Movimento a Cinque Stelle (d’altronde simili a quelle di un generale, cosa che suscita un brivido di febbre liberticida) con un brillante e perfetto anticipo sul Coronavirus aveva, a suo modo, preconizzato lo sterminio democratico dei vecchi, sciorinando in demenziale libertà di parola numeri Istat sulle persone che hanno più di 65 anni, pari a oltre 13 milioni e mezzo, additando la classe la più “perniciosa” tra quella di coloro che hanno tra i 65 e i 69 anni, dove ci sono anche 17.630 centenari.
Tanto che nel tentativo di validare come euristicamente provate e scientificamente inoppugnabili tali teorie malthusiane, utilizzava bislacche indagini “quali-quantitative”, esponendo con diabolica asciuttezza una sequela di cazzate o, avrebbe ululato il suo specchio Fantozzi, “una boiata pazzesca”, del seguente tenore alcolico:
“gli anziani non amano particolarmente il progresso, scelgono risultati più “vicini” al loro stile di vita. Durante le elezioni negli Stati Uniti e nel Regno Unito, le persone con più di 65 anni – rispetto ai 30enni – avevano quasi il doppio delle probabilità di essere contrari ai matrimoni gay; il doppio delle probabilità di essere pro-Brexit; la metà delle probabilità di sostenere la legalizzazione della marijuana; quasi cinque volte meno propensi a voler spendere soldi per l’istruzione; 60% in più di probabilità di votare per Donald Trump; e quasi il 50% in più di probabilità di credere che gli immigrati avessero un impatto negativo sulla società, così come un forte disinteresse verso la salvaguardia del clima, che diminuisce man mano con l’età”.
Dunque, per queste buone ragioni, ammazziamoli tutti sebbene democraticamente, approviamo una buona legge sul “fine vita democratico”.
Norma che consentirebbe allo Stato Etico di Beppe Grillo e del suo proto massonico gruppo a cinque stelle senza punte, l’eutanasia elettorale ma con preavviso quinquennale visto che:
“gli anziani non sono un gruppo che può essere discriminato, come per sesso, etnie, o scelte sessuali, tutti diventiamo ugualmente anziani. Pertanto, una regola che tratta gli anziani in modo diverso dal resto della popolazione, influenzerà tutti allo stesso modo. Con un preavviso sull’attuazione di 5 anni, ad esempio, anche gli anziani di oggi non si sentirebbero messi in castigo”.
Che le doti da Cassandra di Beppe Grillo siano state rapide similmente a un fulmine, addirittura “fulminanti” per altri versi, non può che apparire sorprendente.
Sarà bene ricordarlo a tutti, magari rivedendo in quarantena la pellicola di una celebre “maschera” del cinema italiano, l’insuperabile Antonio De Curtis, La patente, nel 1931 messa in scena da Gilberto Govi in dialetto genovese, l’episodio interpretato da Totò, con la regia di Luigi Zampa e la sceneggiatura di Vitaliano Brancati, nel film del 1954 Questa è la vita.