Tra Pasqua e 25 Aprile Italia in cerca di Preghiera Profezia e Politica. Sentinella, quanto resta della notte?

11 aprile 2020, 14:30 100inWeb | di Vito Barresi

Tra il più e il meno, ormai arrivata al punto zero, questa politica italiana ed europea, avrebbe quanto mai bisogno di preghiera e profezia. Tre parole con la “P” maiuscola che dovrebbero materializzarsi in una straordinaria quanto attesa e sentita “profezia istituzionale”. Nonostante gli annunci governativi e televisivi del Presidente del Consiglio Conte (QUI), nessuna ricetta del passato per quanto integrale e consolidata, sembra essere valida per superare l’urto disgregante della pesante sospensione di ogni regola convenzionale imposta dalla prima pandemia globale mai verificatesi nella storia del genere umano.


di Vito Barresi

Un po’ come la fine dei dinosauri, il mondo, il pianeta sta per entrare di un’altra era geologica, una diversa dimensione della storia e della costruzione della realtà sociale.

I classici delle religioni ci insegnano che in questi “passaggi”, in queste Pasque, ciò che occorre ai popoli, prima della “rivoluzione”, appena prima del “risorgimento”, è appartarsi in una “riflessione” che apra nuovi orizzonti, che aiuti a semplificare non a complicare.

Serve cioè l’orientamento che sgorga dalle parole universali della profezia, che è sempre la prima pietra di un nuovo scenario della realtà, l’intuizione del futuro, la bozza dell’edificio istituzionale, il certificato della sua prossima identità, dunque lo scenario della politica come stato di cose presenti che si imporrà.

La profezia non è altro che una breve, fulminea narrazione. Non un anatema che distrugge ma un ammonimento, una previsione che riorganizza le cose materiali e immateriali, la scena delle verità esterne e di quelle interiori dell'uomo e delle comunità sociali.

Uno sciame di stelle nel cielo buio della notte che si fa costellazione divina e umana, raduno e folla, silenzio e re-ligio, ciò che lega veramente il popolo, una fede nel futuro, esattamente “come gli antichi padri che in occasione di invasioni, epidemie o altri pericoli abbandonavano il deserto e tornavano in città ad avvertire del pericolo”.

È questa una citazione “partigiana”, nel senso vero del termine pronunciata da un “soldato civile” del CLN di Reggio Emilia, ripresa dalla cronaca di una giornata luminosa di un’ormai vetusto monaco, il vecchio don Giuseppe Dossetti che, in quel di Monteveglio, appennino bolognese, rivide e incontrò Nilde Iotti, nel 1996.

Dossetti continuava ad avere nei suoi occhi il velo d’acqua di una memoria giovanile, i giorni della Costituente, lo studio, il dibattito, il confronto tra cattolici e laici per ricostruire il Paese a partire dalla stesura della Carta Costituzionale.


In questo tempo

più che di esperti

e competenti

c’è un estremo bisogno

di profeti, visionari


Se c’è qualcosa che i profeti insegnano non è tanto il comandamento quanto la “regola” che sta nel sottinteso dell’annuncio profetico, ciò che si esprime e si manifesta nel nesso indissolubile tra politica e preghiera.

Per questo, riprendendo il Dossetti, solo per iniziare a immaginare il lungo periodo che sarà necessario per affrontare e superare la crisi sociale ed economica che si annuncia tumultuosa, appena finirà “l’esilio domestico” inflitto agli italiani, distanziati dall’agorà della vita pubblica, occorre pregare e anche laicamente perché in questo tempo più che di esperti e competenti c’è un estremo bisogno di profeti, visionari, nuovi e vecchi politici che sappiano chiudere gli occhi e intravedere nella testimonianza dei giovani e delle donne il futuro di questo Paese.

Tra chi ha fede religiosa, nel mondo cattolico e laico, tra gli evangelici e i valdesi, tra gli islamisti e i buddisti, tra le comunità ebraiche e i Mormoni, persino tra i Testimoni di Geova, tra gli atei e i senza chiesa, tra queste minoranze attive e vive, c'è oggi tanta concentrazione e forza spirituale, un’enorme sotterraneo di partecipazione, idee, progettualità, sapere e saper fare, in “stand by”, che è lievito e fermento di vera politica.

È qui che bisogna attingere, recuperare le energie morali che servono a rinnovare profondamente la visione della politica italiana ed europea.

Perché è l’epidemia, è la peste che convoca ad un rinnovamento più profondo delle coscienze e dell’impegno etico, sociale, globale, ma soprattutto ecologico.


“Sperimentare” la politica

infrangendo gli schemi

dell’opportunismo e

delle convenienze,

abbracciando l’amore

degli altri nel bene comune


Specialmente in tempi di contagio e di paura come i presenti, anche per questo torna più che mai palpitante la lezione di Giuseppe Dossetti, con quel suo modo tutto particolare, forse neanche della sua stessa generazione ma di quella attuale, di rinnovare l'azione politico-sociale partendo dall’ambivalenza e dalle sfumature che da sempre esistono tra la ragione, la Fede, la politica.

Tra il rimbombo della coscienza e l’irruenza dell’opinione, ora e non dopo è necessario non illudersi né cedere alla tentazione della svogliatezza collettiva bensì mettersi umilmente a rimodulare la politica, non con lo sguardo subalterno dell’antipolitica, ma con il volto umano del coraggio di “sperimentare” la politica infrangendo gli schemi dell’opportunismo e delle convenienze, abbracciando l'amore degli altri nel bene comune.

Ponendo prioritariamente l’accento sulla solidarietà sociale, la giustizia e l’eguaglianza nell’economia, nel lavoro e nella dimensione vitale, operativa e quotidiana, di ogni cittadino italiano.

Qui e non altrove sembra necessario riproporre una linea diversa, più alta, più popolare, più ampia, più profonda e passionalmente ispirata di riforme politico-sociali che possano forgiare le nuove basi morali e ideali dell'Italia dentro una straordinaria rivalutazione di valori forti, liberi e condivisi.