Pablo Picasso dipinse “Scienza e Carità” nel 1897. In questi mesi di micidiale contaminazione virale, l’epidemia non ha rispettato alcuna geografia propagandosi dal Fiume Giallo fino alle valli e in cima della catena montuosa dei Pirenei. La Spagna, come l’Italia, la Francia la Gran Bretagna, la Svizzera, l’Olanda, la Germania, ecc. è stata travolta dal dilagare della pandemia con un numero di morti impressionante. A riguardarlo adesso c’è, in quel bellissimo e assorto quadro giovanile dell’impareggiabile maestro, opera che ricevette una menzione onorevole all’esposizione nazionale di belle arti di Madrid, uno sconvolgente messaggio di primissima attualità, la bellezza interiore intrisa di sofferenza, l’anelito alla cura e alla guarigione per sfuggire al destino della morte, quasi un profetico richiamo ai martiri medici e infermieri che hanno affrontato la pandemia tra nuove paure e senso altro della professione, sprezzanti del pericolo e in danno della propria vita.
di Vito Barresi
Picasso, usando con impareggiabile maestria la tecnica del chiaroscuro, direziona il nostro sguardo sulla malata e sulle figure attorno al letto, spostando il focus sulla mano rosea e salutare del medico, diametralmente in contrasto con la mano della ammalata, esangue, scarnita, abbandonata e caduca.
Tra un taglio di luce intensissimo e la vivida robustezza del colore materico, rimandando immediatamente ai tragici momenti vissuti in questo primo trimestre del 2020 da medici e infermieri, il dipinto di Picasso sembra suggerire e richiamare una rinnovata riflessione su senso e motivazione di una professione profondamente scossa e trasformata dal dilagare terrorizzante del virus, del contagio e dell’epidemia.
Se c’è una professione, un’arte, un mestiere umano che nella storia contemporanea e nel futuro cambierà radicalmente questa è senza ombra di dubbio la professione medica, sanitaria, socio sanitaria, infermieristica.
Il Coronavirus, con i suoi tanti martiri in camice bianco, ha spietatamente cancellato la figura inossidabile del medico moderno, sia quello di condotta e di base che ospedaliero e specialistico, il cui profilo professionale, persino manageriale, si è andato consolidando in oltre mezzo secolo, dal secondo dopoguerra ad oggi, performandosi nel modello proposto e imposto di una “ingegnerizzazione della sanità” modulare e schedulare, che ha scientemente sacrificato l’humanitas al profitto e all’efficientismo produttivo e di budget.
Quello schema è imploso, saltato interamente, sconfitto e destrutturato dalla stessa logica che ne sosteneva le “performances” aberranti, la miscela velenosa e letale di alienazione e mercificazione sanitaria.
L'epidemia e il crollo di potentati ospedalieri e cartelli di politica sanitaria come quelli della Lombardia, impongono nell’emergenza un ripensamento profondo, il dubbio spaventoso dell’orrore e dell’errore conclamato, a cui si vanno accompagnando ampi sussulti di risorgimento, aneliti ed esigenze deontologiche che rimandano non indietro ma in avanti, alla riscoperta non solo dei valori mutualistici della carità ottocentesca ma all’impegno per ideare, progettare e costruire un diverso modello sanitario solidale.
La professione
di medici e infermieri
è nel vortico
di radicali trasformazioni
non solo nelle tecniche operative
quanto soprattutto
nel diverso atteggiamento,
la diversa forma di mentalità
Forte di una “sospensione” emotiva vibrante tra intimità domestica e sfera privata della vita comunitaria, il quadro di Picasso venne congegnato, impostato e attuato, dopo numerosi schizzi e prove d’autore, per consentire allo sguardo di entrare nella visione di un angolo archetipo della vita familiare di fine ottocento, per meglio ed efficacemente rappresentare la prassi delle cura mediche di un tempo per sanare l’infermità del paziente, tanto che tutti i personaggi vennero posizionati sulla scena con il fine di focalizzare l’attenzione dello spettatore sul paziente.
Gioca la sua parte l’angustia della stanza stretta nel mentre la luce e il colore contribuiscono a creare un’atmosfera di intimità e privacy.
La professione di medici e infermieri è in questi mesi nel vortico di radicali trasformazioni che riguardano non solo le tecniche operative quanto soprattutto il diverso atteggiamento, la diversa forma di mentalità che investe i soggetti in azione, la sfera della propria morale e autoconsapevolezza di ruolo, relazione, sociale, umana.
La pandemia di Sars Cov2 ha messo in discussione i pilastri formativi, gli approcci professionali, il sentimento culturale di medici e infermieri, ponendo tutta intera la categoria e la sfera socio sanitaria, di fronte a una domanda di senso e socializzazione che parte obbligatoriamente dalla più radicale e spietata critica ai vecchi e micidiali modelli di fare medicina e sanità, da decenni rovinosamente ed esclusivamente basati sulla logica dell’industrializzazione, del commercio, dell’alienazione e della mercificazione sia del personale medico e sanitario che del malato, ormai comunemente ridotto, anche nel linguaggio a mero utente della macchina sanitaria, dell’industria della salute.
Al Museo Picasso di Barcellona, l’icona che si impone nell'immaginario, l’affiche che torna prepotente alla memoria dei castigliani è posizionata nella Stanza n.3.
Tornando al centro della memoria del popolo iberico quei due metri e più di grande superficie, rimandano a un assorto e concentrato realismo storico e sociale, forse per troppo tempo negligentemente dimenticato, abbagliati come siamo stati da altri periodi blu e dai fulgori vitali ed erotici del grande pittore spagnolo.
Dimentichi che Guernica, cioè la guerra assoluta e cieca, sotto ogni sua forma e manifestazione destruenda di attacco al principio della vita umana, poteva comunque sempre tornare.
Come purtroppo è accaduto con l’avvento spaventoso e violentissimo del Covid 19.