Dopo il Coronavirus tornare ad abitare con il cuore il territorio, lo spazio della propria città non sarà facile per nessuno. Confinamento, distanziamento sociale, quarantena hanno imposto ai cittadini non solo nuove regole da osservare a rischio penale di trasgressione della legge, con multe, sanzioni, condanne e casellario giudiziario, ma anche una diversa e sconosciuta psicologia del percorso pubblico, del camminare liberamente e tranquillamente in una città che deve trasformarsi in un insieme operativo ed efficiente di strutture e infrastrutture, attive, ordinate, funzionali in grado di garantire sicurezza e libertà al cittadino solo davanti al pericolo del ritorno del virus.
di Vito Barresi
Il coronavirus con la sua travolgente traiettoria della paura ha impresso nella mente di ognuno di noi una intuizione e una percezione fin qui sconosciuta della società di massa.
Una società altrimenti detta “dei consumi” che se prima esercitava, secondo Elias Canetti, un’attrazione enigmatica, qualcosa di paragonabile al fenomeno della gravitazione, ora suscita ansia, preoccupazione, persino terrore nell’individuo sano che avverte il rischio di essere contagiato.
La massa non è il gregge, non ha dalla sua parte né un recinto in cui rinchiudersi né tanto meno un pastore che sappia guidarla e controllarla.
Non è neanche una folla tipo quella scandagliata e analizzata nel suo classico “L’animo della Folla” dal sociologo calabrese Pasquale Rossi, che discettava sulle teorie di Gustave Le Bon in proposito.
Potrebbe, invece, manifestare qualche somiglianza con “La Folla Solitaria”, impareggiabile capolavoro della letteratura sociologica mondiale, scritto da David Riesman, che pure nel capitolo nono del suo famoso saggio in cui si soffermava sul tema “Forme di persuasione politica: l’intolleranza e la tolleranza”, scelse questa citazione in esergo di evidente attualità:
“il super-mercato, che offre al compratore sottili valori psicologici, avrà migliori probabilità di accaparrarsi un redditizio seguito di clienti, che uno che si affidi solamente ai prezzi bassi e alla merce di buona qualità”.
Una convinzione che non era tanto del prestigioso sociologo quanto del presidente e dirigente generale dei Magazzini Alimentari Jewel di Chicago, Mr. Clements, il quale suggeriva che un buon commercio, per avere successo, deve distinguersi con le stesse caratteristiche che ci piacciono nei nostri amici e cioè la pulizia, l’aspetto moderno, la generosità, la cortesia, l’onestà, la pazienza, la sincerità, la simpatia e un buon carattere. Ogni commerciante, avvertiva, dovrebbe chiedersi se il suo negozio possiede tali requisiti.
“Uno stile nuovo
proteso a riformare
e rinnovare
le istituzioni tutte”
Per cui se in fondo tutti gli italiani aspettano concretamente almeno due buone notizie, la scoperta di un vaccino che ci protegga dal contagio e che si cristallizza in una democratica immunità di gregge, sarà anche indispensabile avviare nella società, nel sistema economico, bancario e finanziario, nella politica e nei politici, compresi i politicanti o i mestieranti del settore, uno stile nuovo proteso a riformare e rinnovare le istituzioni tutte a cominciare dal Governo, dal Parlamento, dalla Regione, fino al Comune.
Questo nuovo stile di comportamento non va inteso nella forma impositiva e repressiva dello Stato chiamato a tutelare necessariamente la sicurezza sanitaria e la prevenzione del contagio ma anche in quanto qualificato approccio nell’impostazione e nello svolgimento della politica nazionale e regionale, diverso modello gestionale nell’amministrazione delle città e dei territori.
Finita la pandemia anche la politica deve rimettersi in moto ascoltando attentamente, evitando sparate farsesche, tipo ultime mascherate e propagande al sugo di funghi afrodisiaci, responsabilizzandosi nel compimento dei doveri e dei programmi, partendo dal basso e dal coinvolgimento dei cittadini e dei soggetti interessati a una progettualità condivisa e connessa con l’interesse generale, individuando figure di misurata esperienza pubblica, adeguate a promuovere, indirizzare e guidare il rinnovamento del Paese, a partire dai municipi, dalle autonomie comunali, dai sindaci che dovranno impegnarsi a garantire sicurezza, lavoro, impresa e sviluppo nel territorio.
Dal territorio dalle mille città che tra poco saranno chiamate a selezionare una adeguata classe dirigente sta per sorgere, a mio parere, quella che chiamo la nuova stagione dei sindaci saggi, connotata dal sentimento della sobrietà e dal senso della misura e, quindi, da un distanziamento propositivo tra la gente, i problemi e le amministrazioni.
Uomini e donne che questa volta sanno di non dover parlare a un gregge, nemmeno a una folla, neanche all’individuo solitario ed egoista, ma a una diversa, più attenta e consapevole cittadinanza che, dopo la lunga pausa di riflessione imposta dalla pandemia, sente il bisogno sociale di partecipare, unirsi in nuova comunità di intendimenti e comportamenti, contribuendo alla scoperta e all’invenzione di un soggetto politico e istituzionale nazionale e collettivo, comunale e regionale che sarà lo stemma e il simbolo di una nuova identità italiana.