“Nel respiro vivono due grazie, espirar l'aria ed inspirarla, l'una opprime, l'altra distende, così mirabile la vita si mischia; ringrazia Dio quando ti prende, ringraziaLo anche quando ti lascia”, parole di Johann Wolfgang Goethe. Risentire la vibrazione di questo pensiero aiuta a cogliere il messaggio che viene dai due fotogrammi in primo piano piano al “take off” della Fase 2: i runner, i maratoneti della passeggiata da un lato e il grande esercito dei lavoratori tornati indossando la mascherina e i guanti alle loro attività commerciali, manifatturiere, industriali e dei servizi.
di Vito Barresi
Entrambi i 'gruppi' sociali molto aggregati e compatti, sebbene nella logica di un distanziamento da sperimentare e valutare, sono comunque alla ricerca di “aria pulita” con la stessa intensità di desiderio, bisogno, necessità delle generazioni che erano scampate alla seconda guerra mondiale, ai bombardamenti, agli scontri, ai raid nazi-fascisti, ai campi di sterminio, ecc., simili a quell'Europa e quell'Italia che si misero immediatamente a cercare il pane e il lavoro necessari a ricostruire i propri stati, a ridare un segno e un senso alla propria esistenza umana.
Se il mondo esterno è stato annullato e desertificato dal virus, l’alterazione della vivibilità negli spazi aperti ci induce, prima di tutto, a difendere i nostri habitat bio-sociologi territoriali, il raggio vitale dentro cui si svolge l’azione collettiva, nella misura in cui la nostra sfera di azione andrà ridefinita nella sua campata e gittata materiale, dentro una stagione di ricostruzione economica e sociale, in un quadro attitudinalmente e concettualmente globale.
Dunque, l’aria pulita come il pane fragrante e buono non solo per sopravvivere ma per trasformare qualitativamente il senso dell’esserci nel sociale, del fare nel lavoro, del produrre nell'impresa, del relazionarsi nella società, dello stare insieme in famiglia, in una stagione che certo verrà contrassegnata dal distanziamento ma anche da un più determinante impegno per costruire nuovi tipi di comunità, percorrere un altro sentiero di sviluppo, definire rinnovati legami e coesione sociale tra cittadini, istituzioni, popolo e politica.
Se il polmone del mondo è malato sarebbe oltremodo sciocco non ammettere che quanto avvenuto, e continua a dipanarsi minacciosamente, è conseguenza dei gravissimi danni causati dall'inquinamento del vecchio modello produttivo, urbanistico, strutturale e infrastrutturale su cui è stato edificato il mondo del passato e quello attuale.
Di fronte alla mancanza di ossigeno in natura, nel complicato e ormai fragilissimo disequilibrio tra società e ambiente, è stato necessario ricorrere alla terapia intensiva, tanto urgente poiché nel frattempo veniva decimata la popolazione più anziana, i medici in prima linea, i farmacisti, gli infermieri, i sacerdoti, i biologi, i ricercatori, ecc.
Stolto è colui che afferma che tra uno starnuto a Pechino, un battito d’ali non di una farfalla ma di un pipistrello e il buco dell’ozono, la deforestazione selvaggia dell’Amazzonia, lo scioglimento degli iceberg ai poli, il surriscaldamento della calotta, non vi sia alcun un nesso bio/logico, una connessione quasi organicistica, che si tiene dentro l’integrale definito dell’equilibrio ecologico della terra.
Una certa logica che ormai fa parte del passato continua a ripetere e a voler credere o far finta che tutto tornerà come prima appena si avrà il tempo di escogitare, poi fabbricare dopo le prove sugli esseri umani, un vaccino che renderà l'uomo immune dal virus.
La batteria industriale di vecchio stampo, basata in buona sostanza su specializzazioni e riduzionismi, ha ingaggiato ancora una volta una corsa contro il tempo, anche se oggi si tratta di mettere in campo una lotta per salvare il tempo.
In questa battaglia tra le poche opportunità per essere vincenti c'è quella di far presto nel ripristinare un giusto e corretto equilibrio tra la vita sociale e l'ambiente del pianeta, facendo sì che vengano restaurate non lasciate inalterate le cause distruttrici che hanno tolto il respiro e l'ossigeno al mondo.
Proprio perché la scia contagiosa e mortale del Covid-19 prosegue nel suo nefasto sciame, la nuova fase deve imporre al Pianeta, specialmente ai paesi più sviluppati, il problema fondamentale dell'abitare il mondo da parte di società che avranno il coraggio di rinunciare ai privilegi troppo facili venuti dall’antropocene, da un modello di sviluppo fortemente entropico e antropico.
L’intrapresa della vita può essere salvata se alla logica della distruzione opporremo la visione, la prospettiva della costruzione, non solo materiale ma coscienziale, tra ambiente e comunità urbane.
Se il virus non ha confini anche l'immaginazione' di un pianeta salvato ha bisogno di ritrovare il giusto ritmo e la cadenza corretta di un respiro ecologicamente comune per far tornare a correre tutti i popoli e le nazioni che hanno necessariamente bisogno di aria pulita.