Il virus “birichino” e quelle regole buffe che serrano gli stadi, frenano il calcio ma riempiono i cinema

16 giugno 2020, 16:20 Trasferta Libera

Sono trascorsi circa quattro mesi da quando nella popolazione mondiale ha iniziato ad insinuarsi il Coronavirus, tanto da scatenare una pandemia. Le teorie sviluppate da inizio anno fino ad oggi sul Covid-19 sono state tante e varie, ma di certezze se ne hanno ancora poche. Una però è indiscutibile: il coronavirus divide!


di Cinzia Romano

Ha allontanato le persone fino ad isolarle, ha diviso pensieri, opinioni, ha messo in discussione le decisioni di scienziati, medici, biologi, tecnici e politici. Ebbene, ancora oggi la confusione regna sovrana, sembra che il virus riesca a mutare a seconda delle circostanze.

È stato spiegato che il coronavirus si diffonde principalmente attraverso il contatto con le goccioline del respiro delle persone infette, pertanto, per evitare la diffusione dei contagi, è necessario indossare la mascherina, igienizzare correttamente le superfici e le mani, utilizzare i guanti.

Anzi no, dopo tre mesi di assiduo utilizzo e non appena la domanda è diventata superiore all’offerta, l’Oms afferma che i guanti in lattice potrebbero addirittura aumentare il rischio di infezione, quindi meglio evitarli.

Abbiamo iniziato a vivere la Fase 3 con scienziati e virologi che si alternano in Tv, sostenendo tutto ed il contrario di tutto: “il virus non esiste più”, “esiste ma è diverso”, “è lo stesso ma si presenta in varie forme”, “ha perso virulenza”, “è meno contagioso”,contagia alla stesso modo, ma è cambiata la malattia con cui si presentano i pazienti”, “è contagioso ma non abbiamo ancora capito come”.

Ecco, sull’ultima affermazione ci troviamo tutti d’accordo, perché altrimenti non si spiegherebbero le diverse regole imposte in base ai settori di riferimento. Oppure abbiamo a che fare semplicemente con un virus un po’ birichino?

Vista la situazione e il rispetto per le tante vittime non si dovrebbe scherzare troppo. A volte però, per evidenziare quanto spesso le direttive da applicare siano un tantino ridicole, non si può farne a meno e per descrivere il connubio Coronavirus-Calcio, un po’ di ironia non guasta, anche perché, come recita un proverbio: “scherzando scherzando pulcinella disse la verità”.

Cos’è questo Covid-19 e come si comporta? È un virus che non colpisce facilmente i bambini, ma li ha costretti per oltre tre mesi alla Dad (didattica a distanza) e rischia di ingabbiarli nel plexiglas con l’inizio del nuovo anno scolastico.

A causa dello stesso virus, ancora oggi il ministro Spadafora ha stoppato la ripresa delle partite di calcetto, basket, pallavolo, pallanuoto e di tutti gli sport da contatto, dal pugilato alle arti marziali.

In compenso, nonostante la presenza del virus, i calciatori hanno ricominciato (già da metà maggio) ad allenarsi presso i rispettivi centri sportivi e sono state disputate le due semifinali di Coppa Italia, ma per colpa del virus non si può andare allo stadio ad assistere alle gare.


No al pubblico

sugli spalti,

sì al chiuso

dei teatri

e per gli eventi

all’aperto

anche

mille spettatori


Le nuove linee guida prevedono un totale di 300 persone presenti, con una riduzione persino del numero dei giornalisti sugli spalti (10), degli steward e di tutti i membri della sicurezza.

Una limitazione che rasenta l'assurdo in stadi con capienze da 16 mila spettatori in su, dove l'unico pericolo reale, vista la grandezza delle strutture, potrebbe essere quello di urtare i cartonati disegnati in tribuna.

In compenso il coronavirus ha previsto che si può andare al cinema (massimo 200 persone al chiuso), l’importante però è stare seduti distanziati e non mangiare i popcorn, mentre si possono raggiungere anche 1000 spettatori per gli spettacoli all’aperto, basta che non si tratti di partite di calcio.

La cosa più bizzarra di questo virus sono le disposizioni imposte per l’evento sportivo: arbitri, squadra ospite e squadra di casa che devono arrivare allo stadio in momenti differenti, con l’implementazione di percorsi differenziati e distinti nell’accesso agli spogliatoi.

Ma, magicamente, una volta giunti sul terreno di gioco si forma uno scudo protettivo invisibile e possono correre, sudare, toccarsi, parlarsi, senza però mai protestare con l’arbitro.

Questa protezione immaginaria non vale per i giocatori in panchina che devono sedersi vicino al proprio compagno di squadra lasciando una distanza di sicurezza; sparisce durante l’intervallo (si esce dal campo in maniera separata, senza assembramenti) e soprattutto si dissolve se si segna una rete, quindi non ci si può abbracciare per festeggiare (lo si farà in separata sede con i congiunti, a casa).

La potenza del gol fa sgretolare la schermatura da supereroi, che riappare straordinariamente alla ripresa del gioco, perché è importante averla soprattutto durante la battuta dei calci d’angolo, dove sono previsti e consentiti gli assembramenti in area di rigore.

Ma cosa succederà nel caso di positività di un giocatore? La società del Venezia calcio ha comunicato lunedì sera che uno dei suoi giocatori è risultato positivo al tampone Covid-19 e per questo l’intera squadra ha interrotto da subito gli allenamenti, ed è in isolamento fiduciario.

Sicuramente sappiamo cosa è previsto per tutti i cittadini italiani. Il governo per riuscire a mantenere un miglior controllo dell’epidemia da coronavirus, ha addirittura messo a disposizione l’App “immuni”, per una maggiore identificazione di persone venute a contatto con chi dovesse risultare positivo e per cui è prevista la quarantena.

Adesso bisognerà vedere che provvedimenti prenderà la serie B con il club lagunare: proseguire con gli allenamenti e le gare ufficiali come se nulla fosse, o bloccare i giocatori del Venezia per almeno 14 giorni?

Ci sono cose che si possono fare… per tutto il resto c’è (purtroppo) il Covid.