In un imprevedibile gioco di specchi e di rimbalzi, a quasi dieci giorni delle improvvise dimissioni di Pippo Callipo dal Consiglio Regionale della Calabria, l’opinione pubblica innestata negli oltre un milione di calabresi che si astennero sonoramente e inascoltatamente dal voto amministrativo dello scorso gennaio prima della pandemia, viene da chiedersi quanta sia il resto di una residuale affidabilità e credibilità della massima istituzione dell’autonomia in un’epoca completamente nuova e diversa quale è quella del post Covid 19.
di Vito Barresi
Che da Callipo, un “plutocrate” divenuto capitalista in una terra in cui mai si son visti “capitani d’industria”, altro non c’era da aspettarsi che un simile gesto, oggettivamente fin troppo minimalista per il suo carattere, ideologicamente alquanto disfattista per il messaggio che include, neanche tanto subliminalmente, non sorprende né sconvolge.
Un ritiro per altro ovvio e scontato di chi, ridotto a spettatore perdente sugli spalti di Palazzo Campanella, certamente stava nelle cose che non si tengono in quel che resta di una devastata memoria storica della sinistra calabrese, tra i resti del radicamento socialista, democristiano e popolare calabrese.
Tuttavia, molti altri sarebbero i segni e i segnali che indurrebbero altrimenti a leggere e analizzare quest’uscita di scena (QUI) senza colpo di teatro, non già come una banale fuga, una personale messa in sicurezza, bensì in quanto passo di cautela e prudenza in qualche modo obbligato dalla previsionalità di futuri eventi.
Prospettiva grave e pericolosa tale da indurre il saggio imprenditore a imboccare il retroscena della porta allarmata di via Cardinale Portanova? Può darsi.
Dunque, un gesto che ben altrimenti suona purtroppo come un vero e proprio campanello d’allarme sulle prevedibili sorti, tutt’altro che progressive, di questa delicata quanto ombrosa XII Legislatura regionale, iniziata il 27 gennaio 2020 con questa ammonitoria frase della presidente Jole Santelli:
“nella mia stanza alla Cittadella, sede degli uffici regionali, e nella mia auto installerò una telecamera e un sistema di videoregistrazione. Chi parlerà con me dovrà sapere che verrà registrato”.
Quella notte di balli, balletti e ballerini che festeggiarono la nuova Presidentessa all’urlo allegro e vittorioso di “Jolè”, a pochi mesi di distanza, con in mezzo il Coronavius, appare coperta dalla polvere impietosa di un’altra epoca, virato seppia di un tempesta passata in fretta.
Tanto che stabilità e persino legittimità sono state di fatto messe in profonda e rapida crisi da queste dimissioni, suggello dell’impietosa velocità della catastrofe del coronovirus, per quanto la governatrice sminuisca il senso politico della decisione, che rende prima di tutto traballante la sua stessa autorità, per il verso tutt’altro che corretto e organico che tende a prendere il confronto e il collegamento tra maggioranza e minoranza, governo regionale e opposizione, persino tra consenso materiale da conquistare atto per atto, provvedimento su provvedimento dalla giunta regionale e cittadinanza dei bisogni, degli interessi e delle tante, tantissime annose emergenze di questa regione.
Qualche ultimo ma breve dettaglio. Lo scenario di una più che fulminea, da autentica recordwoman, conclusione della XII consiliatura regionale, non è irrealistico né tanto meno improbabile.
Lo scioglimento del Consiglio Regionale per episodi giudiziari di diversa natura, compresi quelli di stampo mafioso o di voto di scambio, tali da far primeggiare l’immagine a livello mondiale di un’assemblea regionale degradata a mero e impressionante “locale” di ‘ndrangheta; come pure altri tipi di imprevisti “soggettivi” che potrebbero determinare uno stato concreto di impedimento istituzionale, sono ipotesi non solo di scuola ma di teatro delle operazioni.
Allora il “drin drin” di Calippo a Palazzo Campanella suonerebbe davvero come un “tutti a casa”.
Con tutte le ricadute e i rinculi in sede comunale di tanti/e vedettes del Consiglio Regionale della Calabria, pronte, rimandati/e a settembre, ad affrontare immediatamente più faticose e impegnative candidature a sindaco/a della propria città.