Luciana Alfì la pianista veneziana (di origine crotonese) martire delle Foibe

13 luglio 2020, 16:00 100inWeb | di Vito Barresi

Il presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella e il suo omologo sloveno Borut Pahor si sono incontrati nella caserma del Reggimento Piemonte Cavalleria a Villa Opicina, sul Carso triestino. I due hanno deposto una corona di fiori alla foiba di Basovizza, dove si stima che i partigiani jugoslavi abbiano gettato duemila italiani tra militari e civili. L’evento ha un grande valore storico: Pahor è il primo presidente di uno dei Paesi nati dalla disgregazione della ex Jugoslavia a commemorare le vittime italiane delle foibe.


di Vito Barresi

Storia di Luciana Alfì e Filippo Casini, il Capitano dei Carabinieri di Pola e la pianista veneziana di origine crotonese. Martiri innocenti trucidati a Basovizze con la loro piccolissima bambina.

La vicenda di Luciana Alfì, la musicista figlia di due crotonesi, il padre Luigi Alfì era ufficiale della Regia Marina Militare di stanza nello storico Arsenale, nata a Venezia, è una di quelle tracce da romanzo patriottico che cadrà, forse più di tante altre, nella “damnatio memoriae” imposta da certa ideologia nel velocissimo secondo dopoguerra italiano.

Mi batterò doverosamente affinché alla memoria e all’esempio di questa nostra “concittadina”, la più significativamente illustre tra le figure storiche del Novecento crotonese e calabrese insieme alla partigiana Teresa Gullace, sia reso il più alto onore civico con un giusto tributo pubblico e municipale, per ricordare alle generazioni d’oggi e del domani il suo sacrificio, conservare e tutelare il monito civile e morale del suo eroismo di donna, italiana e madre coraggiosa.

Se ne ritorna a parlare anche oggi giornata storica per i rinnovati rapporti tra Italia e Slovenia, data persino circonfusa di sacralità per l’intensità emotiva del più giusto e universale anelito patriottico, ciò che semplicemente c’è dentro il seme e il succo di una storia semplice per quanto tragica tra guerra e libertà.

Narrano le fonti di Stato dell’Arma dei Carabinieri che:

“il Capitano Filippo Casini, Comandante della Compagnia di Pola, dopo l'8 settembre, al pari di altri Ufficiali dell’Arma, decise di rimanere in Istria, continuando la sua opera di vigilanza e controllo che gli era stata affidata. Prese contatti con le forze partigiane slave, quando il 5 luglio 1944, con altri 69 militari del suo reparto, lasciava la caserma di Pola con l’obiettivo di formare un forte movimento italiano in Istria, per concorrere col IX Corpus titino alla cacciata dei Tedeschi”.

“Ma Il 14 agosto 1944, il Capitano Casini, reo di aver sollecitato altri militari italiani ad unirsi alle fila della resistenza anzichè combatterli, fu accusato di tradimento dai nuovi alleati. Sottoposto ad un processo farsa, venne fucilato assieme alla moglie Luciana Alfi, a Brainizza del Carso, affrontando l’estremo sacrificio con la dignità propria degli spiriti grandi che suggellano col sangue la fedeltà alla Patria ed all’Arma. Alla sua memoria è stata conferita la Medaglia d’Argento al Valor Militare.”

Luciana Alfì fu la sfortunata doppia vittima di una “cancel culture” d’epoca, caduta nelle maglie strettissime del negazionismo filo titino e ultra stalinismo comunista italiano, che è riuscita dolorosamente e miracolosamente a restare pur sempre viva, nel palpitante ricordo privato, quasi coltivata con fatale rassegnazione alla sorte avversa, in quel giardino non custodito della memoria domestica, la stessa che per sua debolezza pubblica cerca sempre il sostegno d’istinto in una versione più forte, per non farsi travolgere, appoggiandosi al più vicino e immediato valore di ordine istituzionale.

Quel valore per Luciana era la sua casa, il marito che amava, con cui si era sposata in una di quelle bellissime chiese antiche dell'affascinante Serenissima, la loro bambina di meno di nove mesi, falciata insieme alla mamma in una giornata d’estate e d’olocausto, il 14 del mese di agosto del ‘44.

Il Capitano e la Pianista, in una battuta narrativa c’è la preziosa essenza di una storia abbandonata al destino, quella di Luciana, che aveva amato fino a morirne il suo Filippo, in una legame tanto intimamente spirituale, di profonda e reciproca devozione, sincerità, passione morale e civile, due martiri di immenso spessore umano e culturale, trucidati a Basovizze insieme con il frutto più bello di tutta la loro luminosissima esistenza, la piccola figlioletta di poco meno di nove mesi.

Ai parenti della martire veneziana e crotonese, che tanto hanno sofferto, assiepati e dolenti lungo il muro del silenzio e alla menzogna storica calato, dopo la Liberazione del Paese, sui loro affetti intrisi di dolore e urgenza incolmabile di giustizia, ferito nel profondo dell'anima dalla violenza cieca e feroce che ne aveva spezzato il suono più bello, deve andare tutto il nostro sincero ringraziamento.

Per aver difeso e conservato la memoria gloriosa di una musicista che ci ha silenziosamente onorati, dopo che lei con il suo talento aveva trovato successo e ammirazione in quel dei migliori palcoscenici nazionali, sempre tributata di critica e ammirazione nei principali teatri d’Italia per i suoi raffinati concerti di musica classica, primo fra gli altri il teatro della sua città natale Venezia, La Fenice, dove si auspica si avrà modo e tempo per riscoprirla e valorizzarla.

Nella foto, collezione privata della famiglia Caravelli, i genitori della pianista martire delle Foibe, Luciana Alfì