Dante Alighieri e il suo ‘Grand Tour’ in Calabria. Intervista a Giulio Ferroni sui luoghi ‘profetici’ di un’ultima terra del Sud

9 agosto 2020, 13:55 Il Fatto

Ha attraversato l’Italia di Dante per scoprire tanti volti dell’Italia di oggi, le ultime tracce comtemporanee di un'Italia di persistente bellezza ma anche nelle sue contraddizioni attuali. Un viaggio tra i fasti e resti di luoghi d’Italia, tutti citati nella commedia dantesca, nato da un'idea coltivata da Giulio Ferroni che ora si è fatta libro, "L’Italia di Dante.Viaggio nel paese della Commedia", La nave di Teseo, in cui si ritrovano anche tanti luoghi di Calabria.


di Francesca Barresi

Certo, mi risponde online, in collegamento dall’Irlanda dove si è svolta la seconda edizione della Dublin Dante Summer School, nell’arco di quattro giornate tra lezioni, workshop e conversazioni (live e preregistrate) con artisti e dantisti di fama internazionale, coordinati da Trinity College Dublin, University College Dublin e Istituto Italiano di Cultura.

Anzi, il professor Ferroni, già ordinario di letteratura italiana a ‘La Sapienza' di Roma e che fu tra i docenti 'pionieri dell’Università della Calabria dove insegnò nel 1975, cogliendo la palla al balzo, aggiunge oltre e di più con compiaciuto entusiasmo, per mettere chiarezza in vaghezza, completando e integrando, veri e propri percorsi turistico-culturali del Dante in Calabria, tra conoscenza immaginaria del Sommo e realtà geografica calabrese:

“mi fa piacere che abbia ricordato i luoghi della Calabria in particolare, dove io sono andato, naturalmente Dante non c'è mai stato, e li cita per la sua conoscenza geografica. Cosenza la cita solo in riferimento al vescovo, il “pastor di Cosenza” che si diede da fare per trafugare la salma di Manfredi che era stata sepolta a Co’del Ponte presso Benevento e la fece portare lontano…”

Dante e la Calabria, dunque, un viaggio all’insegna del profetico Gioacchino...

Poi c'è San Giovanni in Fiore, che mi ricorda naturalmente Gioacchino da Fiore, “lucemi dallato / il calavrese abate Giovacchino / di profetico spirito dotato”: anche se Dante non nomina esplicitamente San Giovanni in Fiore lo fa implicitamente. È stato molto bello il percorso che mi ha portato lì, io lo conoscevo già perché in Calabria ci sono stato per vari anni, ho insegnato per sette anni all'Università di Cosenza, di Arcavacata anzi…

Affiorano ricordi, tra passato e presente, relitti di una storia politica molto vicina e dolorosa?

…però andarci appositamente, passando per la strada che sale verso la Sila si tocca Celico, che è la patria di Gioacchino da Fiore, il quale poi sulla montagna, nel cuore della Sila, creò l'Abbazia Florense di San Giovanni. È stato molto bello confrontare tutta la storia che ci è passata, ci sono stati degli eventi molto tremendi: nei primi anni del fascismo ci fu uno sciopero popolare, contadino, difronte a una situazione di miseria impossibile i carabinieri spararano sulla folla e ci furono molti morti, tra cui delle donne, proprio davanti all'Abbazia Florense.

Un grande onore per il frate calabrese finire in Paradiso, non crede?

Passando poi, a ricordo di Gioacchino da Fiore, a ricordo della sua prospettiva apocalittica, dello sguardo che egli ha dato alle diverse età del regno e all'avvento futuro del regno in cui Dante in parte credeva: Dante non era un gioachimita tout court però era molto legato a quelle prospettive, non a caso mette in Paradiso un personaggio come Gioacchino da Fiore che veniva considerato eterodosso, quasi eretico, dalla Chiesa ufficiale e soprattutto i suoi allievi furono eretici veri e propri, condannati variamente…

Invece mi pare di capire che una volta sul posto si è trovato in ben altra scena sociale e spirituale...

Quindi se questa era la dimensione assoluta, epocale di Gioacchino da una parte, dall'altra le condizioni dell'abbazia, sono vicine ad un “ospizio per vecchi”, come si chiamavano un tempo. Mi ricordo che ci andai tanti anni fa e trovai una desolazione pazzesca, adesso era molto migliorata la situazione rispetto agli anni '60, però ora mi domando cosa sarà successo lì con tutto quello che è successo nelle varie RSA, come vengono chiamate in questo periodo, però non ci sono state notizie cattive quindi dovrebbe essere tutto apposto…

Praticamente per ritrovare le ‘reliquie’ di Dante nel paesaggio attuale, almeno in Calabria, bisogna scavare dentro una consistente profondità stratigrafica di abbandono, incuria, deturpazioni, una storia nella storia degli insediamenti umani?

Si, si sovrappongono cose tanto diverse, da una parte l'antica abbazia e tutta la storia, l'orizzonte gioacchimita, il rapporto di Dante con l'orizzonte gioachimita, dall'altra il ricordo di questo evento tremendo, di questa strage degli anni Venti, e poi l'uso di quella che doveva essere una parte dell'abbazia per una casa di riposo. E sulla porta adesso c'erano due anziani molto simpatici, con cui ho scambiato qualche battuta, che sembravano molto tranquilli... e poi sulla piazza, sopra sulla piazza centrale della città vecchia ho trovato un venditore di abiti usati che andava in giro con una carrozzella e li vendeva: mondi completamente diversi, e poi uscendo un pò e andando nel resto della città che si è sviluppata nel dopoguerra, ci sono tutti i bar moderni, tutte le cose della vita quotidiana che stanno dappertutto, c'è una confluenza di varie cose.

Incredibile e affascinante il suo arrivo a Catona… quartiere storico, estremo, di Reggio Calabria, alla caccia di ‘ quel corno d’Ausonia che s’imborga”...

Poi ancora volendo ricordare Catona, luogo che pochi conoscono: si trova tra Villa San Giovanni e Reggio Calabria, oggi non è altro che un quartiere periferico di Reggio Calabria. Confesso che non lo sapevo. Andando lì, ci sono andato perché Dante la indica come uno dei limiti geografici del Regno del Sud, “e quel corno d’Ausonio / che s'imborga di Bari, di Gaeta e di Catona”. A Catona, come punta meridionale della penisola italiana, ho trovato testimonianze e ancora ricordi del terribile terremoto del 1909, che fu un disastro pazzesco, c'è addirittura ancora un locale con una lapide che ricorda l'intervento di navi inglesi e la costruzione di un campo ospedaliero proprio da parte delle truppe inglesi pervenute in soccorso.

Ci racconti ancora di Francesco da Paola e dei suoi miracoli post-danteschi...

Ma poi ho trovato – e questo non lo sapevo – un santuario di San Francesco da Paola, come mai? Perché da lì sarebbe partito uno dei miracoli più celebri del santo, che voleva andare in Sicilia, quando una sera cerca un traghettatore che lo respinge, ma voleva andare a tutti i costi, quindi prese il suo mantello, lo dispose sulle acque del mare ci salì sopra e andò! Anche questo, un miracolo di un santo post-dantesco, dell'inizio del Cinquecento... le cose si sono intrecciate, anche le curiosità, ma forse la sostanza d'Italia è fatta anche da questo: è fatta dalla grande storia, dai grandi eventi, dai grandi personaggi, dalla grande letteratura e poi dagli aneddoti, dagli accostamenti singolari...