Di già si sente nell’aria il toto nomine che interesserà, travolgerà, i nuovi governanti all’indomani delle elezioni amministrative: in queste ore si bruciano fortune e si costruiscono carriere ipotetiche sulla scorta di una manciata di voti ipotetici persi o trovati. Ma ovviamente tutti pronti a smentire il tradizionale mercato delle vacche riempiendosi la bocca di innaturale meritocrazia e sbandierata competenza.
di Natale G. Calabretta
Fossi in voi, cari candidati, non sarei tanto convito di giocare, sia pure per finta, questa carta tanto popolare. Perché vedete, cari futuri amministratori, il fallimento alla base della scelta politica di affidarsi agli esperti è sotto gli occhi di tutti ormai da molti anni.
Certo, esiste anche il pericolo opposto: quello di affidarsi a dei totali incompetenti e per giunta presuntuosi, e di questo noi crotonesi potremmo fare scuola al mondo.
Ma, se affidarsi ad incompetenti porta ovviamente al fallimento, perché gli esperti, i super consulenti, non sono capaci di risolvere i problemi per i quali vengono chiamati?
Molti dicono che un problema politico non può essere risolto dai tecnici e liquidano la cosa così. No, non è così.
Partendo da una analisi più completa della figura dell’esperto prestato alla politica (di questi tempi di task force di nomi se ne potrebbero fare tanti… da Fornero a Colao… per intenderci) si nota che queste eccellenze hanno, ovviamente, straordinarie qualità personali, coltivate ed amplificate per tutta la vita in ambiti favorevoli (famiglia, scuole, università); quindi è conseguenziale che, in tale humus, queste persone speciali, sboccino come straordinari professionisti ed è ovvio, istintivo, che queste eccellenze vengano chiamate a risolvere in problemi della nazione, di una città.
Se non loro, chi? Ma allora cosa non funziona? È intuibile che la perfezione del pensiero tecnico degli “esperti-perfetti” sia assolutamente alieno, per portato personale e per formazione culturale, al “mondo imperfetto” e popolato da “comuni-imperfetti” il cui malfunzionamenti, inadeguatezze ed incoerenze sono chiamati a risolvere.
L’incapacità di
immedesimarsi
nell’imprevedibile
disordine
impossibile
da teorizzare
e da razionalizzare
Ecco cosa non funziona: la distanza, lo iato profondo tra due mondi paralleli, l’incapacità di immedesimazione del pensiero dei consulenti nelle esigenze di chi la consulenza la chiede, di chi ha bisogno di una saggezza per procura.
Non basta essere “esperti-perfetti”, quindi, conoscitori ineffabili dei problemi e delle soluzioni teoriche relative agli “imperfetti” e al loro mondo quotidiano, se non si possiede la capacità di immedesimazione.
È, spesso, la totale mancanza di capacità di immedesimazione nei mille risvolti di un contesto noto, ma mai vissuto veramente, che rende inutile e sempre controproducente l’azione degli “esperti-perfetti” nello sporco mondo reale fatto di approssimazioni e compromessi, di ingiustizie ed asimmetrie, di occasioni e fatalità, di umori e irrazionalità, di generosità antieconomiche e di meschinità umane troppo umane.
L’incapacità di capire e di immedesimarsi in questo imprevedibile disordine vitale impossibile da teorizzare e da razionalizzare rende inutile l’apporto culturale e personale degli “esperti-perfetti” nella vita degli “comuni-imperfetti”.
A questo punto mi si dia un attimo di fiducia poiché per rendere più chiara la raccomandazione ai futuri sindaci e amministratori e senza temere di uscire fuori dal seminato, vorrei rievocare la manifestazione più eclatante del totale impedimento psicologico ad un processo di immedesimazione che è paradossalmente rappresentato dalle famose lacrime della Fornero.
Infatti, mentre la “esperta-perfetta” (perfetta da sempre, esperta predestinata) creava una nuova ingiustificata ed ingiusta sotto categoria di poveri sociali, gli esodati, essa piangeva dandone annuncio alla Nazione.
Le lacrime
della Fornero
che non trova
una sintesi
tra la sua tecnica
e le reali esigenze
di chi gli sta difronte
Piangeva, la Fornero, perché incapace di fare altro, di formulare altra soluzione se non quella partorita nel suo mondo teorico e perfetto: piangeva la Fornero di quelle stesse lacrime, sincere ma non empatiche fino in fondo, piante da un killer che con il cuore spezzato e con animo affranto, con sommo sincero dispiacere, non può fare altro che uccidere la sua vittima.
Vorrebbe, il killer, trovare un’altra soluzione, ma proprio non gli viene in mente quale possa essere: è la sua intima e strutturata visione del mondo ad impedirglielo: non riesce a trovare una sintesi proficua tra la sua tecnica e le reali esigenze di chi gli sta difronte; è incapace di immedesimarsi realmente in un mondo (quello delle vittime) che conosce ma non comprende… quindi, frustrato, il killer piange.
Allo stesso modo, la Fornero è incapace di immedesimarsi realmente in un mondo (quello delle vite degli “imperfetti”) che conosce ma non comprende, quindi, frustrata, la Fornero, “esperta-perfetta”, piange.
Quindi, per avvicinare l’esempio alle cose della nostra Crotone, rammento ai concittadini che usciamo dalla parentesi della nostra storia che ci ha visti governati da una gestione commissariale che è per definizione una ingerenza tecnica nella amministrazione a causa di una mancanza di capacità politica: è stato così - sulla falsa riga della consulenza miracolistica da “bollo-tondo”, del deus ex machina ministeriale - che tutti noi crotonesi abbiamo vissuto questo lungo vergognoso inverno civile, formalmente ineccepibile ma distante e straniante.
La necessità
di affidarsi
a cervelli
con il cuore
e con l’intuito
nel riconoscere
l’altro e il
contesto in cui vive
In conclusione, cari candidati e futuri amministratori della mia città, non è proficuo, nonostante le mode del momento, affidarsi ai super-esperti, alle task force di cervelloni per risolvere i problemi della gente comune a meno che questi non dimostrino, per portato, formazione e attitudine la “capacità di umana immedesimazione”, virtù questa difficilmente accoppiata al processo tipico della formazione delle eccellenze tecniche.
Che ci si rivolga insomma a cervelli con il cuore, anzi a cuori con anche il cervello, cuori dotati di intuito nel riconoscere l’altro e il contesto in cui vive, che amino la gente imperfetta e i luoghi di questa città e ne capiscano i problemi.
Compresi, i problemi, si possono ritenere già mezzo risolti.
Si rammenti comunque che qualora fosse possibile che una individualità del genere esista, questa venga considerata preziosa, venga coinvolta e apprezzata (pagata) non tanto per il formalismo delle performances professionali attese - magari imprecise come una stretta di mano e non perfette come un calcolo - ma per la sua imponderabile comprensione dell’umanità imperfetta e totalmente vissuta con scarpe sporche e polverose, vero valore aggiunto ad un professionismo realmente utile alla risoluzione dei problemi di un mondo umano e di questa città.