Curra, curra guagliò… Io speriamo che me la cavo… e perché no, anche un di scuola si muore, titolo storico di Giovanni Pacchiano. In una battuta questa riapertura delle scuole assomiglia sempre di più a un fatidico “Apriti Sesamo”.
di Vito Barresi
Quasi una sorta di formula magica, un rituale scaramantico, per salvare il Paese dal rinfocolarsi del virus pandemico, con cui alla fine, si vorrebbe far credere agli italiani che, magari, questa Scuola, già di per sé malata di burocratismo e confusione, dovrebbe far guarire con la sola imposizione del suono della campanella, l’Italia intera. Che si desta e si rialza di scatto dopo la devastante chiusura di oltre un semestre di lezioni perdute.
Solo una Scuola Taumaturga, certo non quella “cancellata” in questi mesi di mesta ipocrisia pubblica, composta e rappresentata dagli edifici fatiscenti, dagli istituti che crollano, dalla mancanza dei bagni e dei termosifoni, dalle attrezzature che mancano o che non sono state mai utilizzate, potrà in poco meno di qualche settimana far fronte alla sfida epocale lanciata contro di essa da Covid-19, effettuare il miracolo della ripresa.
Stiamo scrivendo su una scuola vera, quella reale e concreta che conosciamo direttamente, la scuola che ci aveva abituato, ad ogni sua periodica apertura, al vorticoso cambio di insegnanti e docenti, alle classi affollate, al problema della dispersione, e poi alla scarsa professionalità, all'incompetenza di parte del ceto docente, alla demotivazione di fasce estese di studenti, la scuola che ci pone di fronte all'interrogativo, se cioè potrà nelle sue date e certificate condizioni storiche di debolezza, talvolta di estrema vulnerabilità, essere all'altezza di un duello durissimo tra lo Stato e il virus, le istituzioni e le epidemie.
Il virus è un nemico subdolo e insidioso più di quanto si possa immaginare. Tanto asimmetrico da essere più minaccioso persino del terrorismo classico o postmoderno.
In questa ripresa di settembre appare in gioco non un semplice anno scolastico ma qualcosa di più grande, articolato, poderoso, non il crollo di un edificio ma di un intero ordinamento scolastico, un pilastro del sistema sociale, civile, storico, istituzionale del Paese.
Crescita zero e scuole chiuse questo l’orizzonte in cui si ritrova la nazione dopo una tragedia devastante destinata ad entrare nelle pagine dei prossimi libri di storia mondiale, forse anche nei più aggiornati testi e sussidi didattici di questo imminente anno scolastico.
Prima della sospensione pandemica tutte le scuole di ogni ordine e grado erano un gigantesco spazio, per davvero un contesto di distanziamento e di ghettizzazione sociale, in cui separati a scuola vivevano parallelamente al resto della società, milioni di persone tra alunni, insegnanti, studenti, docenti, personale vario che, con le università, conta statisticamente per un segmento pari a oltre 6 milioni di utenti, in modo diverso a carico del bilancio dello Stato, di quello privato e delle famiglie che utilizzano e usufruiscono di questa agenzia formativa.
Improvvisamente, il sistema educativo, che per molti aspetti avrebbe da rivendicare proprio in questa fase di crisi dello sviluppo nazionale ed europeo, il proprio ruolo strategico nella struttura sociale complessiva del Paese, anche rispetto all'apparato economico e produttivo nazionale, si presenta non più luogo decentrato e ‘avulso’ ma teatro di una battaglia e di uno scontro politico e mediatico che contrassegnerà l'autunno italiano alle prese con un incerto ritorno alla normalità.
Scuola e società, formazione e Stato sebbene forzatamente insieme in questa congiuntura, molto probabilmente continueranno a viaggiare su due orbite diametralmente diverse, contraddittoriamente consapevoli che tale convivenza sanitaria obbligatoria, può essere la questione di vita o di morte non solo per il sistema scolastico, ma per l'intero apparato sociale e istituzionale del paese.
Nella plurisecolare storia dell'Istruzione moderna, mai in nessuna epoca vi è stato uno shock tanto forte che ha determinato l’interruzione, il blocco paralizzante della principale agenzia formativa che va dall'infanzia,dal nido alla laurea, la chiusura di plessi e istituti in cui si svolgeva la preparazione e la socializzazione delle nuove generazioni del Paese, a causa della pandemia cinese del 2020.
Attardarsi senza comprendere la portata dirompente di questo profondo sommovimento dei ponti generazionali che socializzano e addestrano alla civiltà, indicando ruoli e funzioni da assumere nella vita sociale, sarebbe una madornale quanto gravissima disattenzione collettiva e generale.