Gli ultimi giorni dell’Abbazia di Corazzo: una colata di cemento a “timbro” Mibact ne cancellerà la bellezza?

7 settembre 2020, 15:55 100inWeb | di Vito Barresi

Non c'è dubbio che è “vietato calpestare i sogni”. Almeno questo avverte il rustico tabellone posizionato davanti ai ruderi, suggestivi e incantevoli, della storica Abbazia benedettina di Santa Maria di Corazzo, in Calabria. Ma proprio perché i sogni sensibili come le foglie di un prezioso erbario, debbono essere accarezzati e non frantumati da martellate, schiaffi o pugni in faccia, nemmeno si vorrebbe che venissero travolti.


di Vito Barresi

Come tra qualche mese potrebbe accadere realmente e improvvisamente, senza appello, per colpa e merito di qualche gigantesca vagonata di euro. Magari, semplicemente impeccabilmente, senza macchie d'inchiostro ink- jet, nell'apparenza ben ordinata di un progetto, restauro, recupero del tipo “arrosti e mangia” con annessi barbecue popolari, di uno dei luoghi più belli e incantevoli della Calabria.

Muri di una vera e propria cattedrale del sacro e del mistico, resa eterna dallo stesso abbandono e dall'oblio, costruita come un antico grattacielo in una silenziosa valle di verde, enclave naturalistica che suscita stupore e incanto in agro di Castagna, frazione del comune di Carlopoli.

Una perla, un diamante raro, uno scampolo sontuoso intarsiato nel verde, incastonato nella magica terra rossa di una silenziosa località dove potrebbe passare inosservato un perfetto “delitto” ai danni del patrimonio materiale e immateriale del paese, che infrangerebbe il sofferente quanto purificato equilibrio di secoli e secoli.

Come un fulmine d'estate, esattamente alla vigilia di Ferragosto, esempio di un inusitato e davvero curioso impegno pre-feriale, il responsabile del patrimonio architettonico della soprintendenza archeologica calabrese, l'architetto, storico, scrittore e funzionario Mibact Pasquale Lopetrone, ha presentato a un’opinione pubblica assopita dalla tintarella, frastornata sotto dall’afa da solleone, proprio all’ultimo momento di una stagione martoriata, difficile e complessa come quella dell'estate post-Covid, un faraonico progetto di 1,2 milioni di euro finanziati da fondi europei per la realizzazione di una vera e propria “cementificazione conservativa” della magica e diruta abbazia di Corazzo (QUI).

Praticamente come abbeverare con un impianto di irrigazione gigantesco la piantina minuscola di un piccolo giardino.

Per una nicchia, per una reliquia di tale delicatezza e di tale valore simbolico, ci sono e ci potrebbero essere non una ma numerose alternative molto più architettonicamente, culturalmente, storicamente ed ecologicamente rispettose, intelligenti e compatibili alla discutibile ipotesi presentata in rendering proprio nel bel mezzo dell'estate.

Quel che lascia perplessi sono proprio le parole dell'architetto, storico e scrittore “Lopetrone arbiter”, indiscusso proconsole romano che risponde alle disposizioni del Ministro Dario Franceschini, secondo cui:

“si tratta di un intervento di tipo conservativo, ma allo stesso tempo innovativo, poiché mira alla cristallizzazione dei ruderi, alla loro messa in sicurezza, alla valorizzazione di alcuni spazi contigui”.

Parole che dovrebbero far sussultare chiunque abbia a cuore il martoriato, per non dire deturpato, patrimonio storico-architettonico di una meravigliosa Calabria, laddove quella parola “cristallizzazione” significherà, tra malta e cemento annessi e connessi, perdere inesorabilmente l'inestimabile patrimonio di biodiversità naturalistica e agronomica custodito nell'umido di una valle dove crescono aromi, piante officinali, fiori ed essenze di un rarissimo orto ed erbario mediterraneo a cielo aperto.

Per altro, succede che in Calabria bisognerebbe smetterla di continuare a piegare la testa davanti alle follie di tantichierici” dei beni culturali, il cui unico talento è quello di trasformare i beni monumentali in veri e propri beni di consumo edilizio, sfigurandone l'universalità e riducendo a pennacchio turistico e polifunzionale luoghi della cultura materiale che dovrebbero essere rigorosamente protetti e custoditi.

La banalizzazione estetica dell'abbazia di Corazzo toccherebbe il suo acme nell'idea di occultare la nuda terra che ne costituisce oggi la suggestiva pavimentazione naturale ed ecologica, con piastrelle di cotto che renderebbero assolutamente simile ed omologato questo straordinario spazio ad un villaggetto turistico della costa.

Affrettiamoci ad andare vedere e scattare le ultime memorabili fotografie, prima che questo monumento unico nel suo genere sia irrimediabilmente manomesso a tal punto da sembrare nient'altro che un capannone agricolo di periferia, un'ordinaria masseria del latifondo riconvertita in deposito a norma UE per la pataticoltura silana, per quanto anche ampollosamente decorato con qualche residua pietra d'antiquariato.

Se è vero come è vero che un grande cineasta come Wim Wenders ebbe a dire che “i luoghi hanno una memoria, che ricordano tutto, e che il ricordo è inciso nella pietra, e che è più profondo delle acque profonde”, il nostro appello alle autorità regionali, specie rivolto alla sensibilità della presidente Jole Santelli, al ministro Dario Franceschini e ai parlamentari europei, è quello di fermare in tempo tale assurdo progetto di conservazione e rifunzionalizzazione, copiosamente finanziato dall'Unione Europea tramite il Fondo di Sviluppo Regionale, che sfigurerebbe la memoria di un luogo ameno e mistico dove si respira ancora l'aria trascendentale e visionaria del suo abate Gioacchino.