Con lo slogan che campeggia sull’edizione numero ottantaquattro, “Pronti, Partenza, Fiera…”, il Presidente del Consiglio Antonio Conte ha aperto, concludendo il suo discorso inaugurale durato 33 minuti, la Fiera del Levante a Bari, l’appuntamento economico e di mercato tra i più importanti del Mezzogiorno d’Italia e dell’intero Mediterraneo.
di Vito Barresi
Sud allo specchio delle sue storiche tare e secolari contraddizioni come al solito ma soprattutto posto di fronte a impressionanti e rapidi mutamenti provocati dal cambio di quadro mediterraneo, scenario globale che sta al centro di tensioni, guerre, trasformazioni politiche e nazionali, flussi migratori, reti e collegamenti energetici e di mobilità, in magmatica e talvolta caotica fase di definizione e assestamento.
In mezzo c’è l’emergenza Covid, la paura di un ritorno del virus, l’accelerazione della corsa per raggiungere tra i primi il traguardo del vaccino, tutto sul palcoscenico, apparentemente laterale per gli interessi post atlantici, di un Sud che è area e geografia economica e sociale del Paese su cui si stagliano più forti e acute le preoccupazioni di un lungo autunno emergenziale, che porta con se non solo le foglie morte ma anche la contrazione dei redditi, dei commerci, degli scambi, in una battuta del Prodotto interno lordo di tutte le sue regioni, causato dalle ricadute devastanti della pandemia e dal pesante fardello lasciato su aziende e piccole e medie imprese da oltre tre mesi di lockdown.
Una voragine di oltre novanta giorni consecutivi in cui i consumi sono crollati, i negozi sono rimasti chiusi, la contrazione dei commerci è stata devastante, la limitazione della circolazione delle persone e delle merci ha duramente colpito un tessuto economico già logorato dal ritardo e dalla recessione economica nazionale e globale.
Era per questo abbastanza scontato e logico che nelle argomentazioni pazienti del capo di governo aleggiasse tutto il senso della distanza, della freddezza e talvolta dell’incredulità e persino dello scetticismo dilagante da parte di ceti produttivi e commerciali che non si attendono più di tanto dai miracolistici annunci in formato tabulato di cifre, euro e investimenti che dovrebbero ricadere, questa volta non a pioggia alluvionale ma selettivamente allineati in implacabili cronoprogramma, sul terreno aridissimo dei circuiti economici e creditizi del Sud, tra strade e contrade di queste estreme propaggini territoriali, regionali e geopolitiche dell’Unione Europea, sospese tra emergenza Covid e reddito di cittadinanza.
Tanto che dichiara Conte:
“per un attimo mi sono messo anche nei panni di una famiglia pugliese, di un lavoratore calabrese, di un professionista siciliano che semmai penseranno adesso arriveranno le parole per il Sud, quante volte avremmo ascoltato le frasi che adesso verranno pronunciate... molte lodevoli intenzioni, molti apprezzabili propositi pronunciati da persone che mi hanno preceduto che però si sono scontrati, questi propositi e queste intenzioni, con la dura realtà del Sud, una dura realtà che ha visto addirittura il Sud allontanarsi ancor più dalla parte più produttiva, più vitale del paese”.
Sul filo di una certa retorica senza aggettivi, il primo ministro grillino si è presentato a Bari con il look umile e semplice, quasi in saio francescano, quale persona che ha ‘contezza’ di memoria storica visto che
“chissà quanti impegni roboanti, promesse solenni per il rilancio del Sud sono state lanciate da questo palco nel corso dei decenni, perché oggi dovrebbe essere cambiato qualcosa, perché un disoccupato del Sud, oppure un imprenditore, un imprenditrice di Bari, Napoli, Reggio Calabria, Palermo dovrebbero pensare che possa cambiare qualcosa oggi?”
Per Conte il momento è unico, irripetibile trovandosi il Mezzogiorno di fronte al suo punto di svolta, per dirla in lessico mercantile “ora o mai più”, nel senso che non è mai accaduto “di potere disporre di tante risorse pubbliche e comunitarie per poter incidere sul divario storico economico che separa il nord e il sud del paese, ma per fare proprio del Sud l'avamposto del rilancio dell'Italia intera”.
Quasi fosse una sorta di nemesi epocale, un capovolgimento delle posizioni per cui questa volta non è il solito e vetusto Meridione riserva di forza lavoro, terra di emigrazione che esporta manodopera utile all’industria del nord e della cerniera produttiva franco-tedesca, ma la stessa Unione Europea che con fiducia offre, secondo Conte
“l'opportunità di mettere il Mezzogiorno al centro dell'agenda politica italiana e anche Europea, offrendo al tempo stesso al sud la possibilità di scrollarsi di dosso gli stereotipi che lo dipingono come terra di rassegnazione, di sfiducia, priva di futuro, incapace di realizzare progetti, di spendere finanche i fondi europei. In sostanza una causa persa”.
Fosse solo questo, avere le somme e affiancarle ai buoni propositi, alle belle prassi, non si potrebbe che essere felici. Teoricamente la cosa è semplice, lineare e si riassume per questo Governo essenzialmente nello spendere bene e presto le risorse che saranno destinate al Meridione tramite Recovery Found, Agenda Von Der Leyen del Green New deal, addizionali varie di bilancio e complementi di programma sui soliti fondi strutturali europei.
Ma poi, nel dilagare delle contraddizioni reali, ma soprattutto del nord italiano, la cosiddetta Padania, basterà davvero questo, tanto poco o tanto troppo, per togliere, in questo malinconico autunno mediterraneo, le castagne dal fuoco nel Sud?