Ottanta anni fa nasceva John Lennon. Mons. Staglianò ricorda l’indimenticabile ‘Beatle’ reinterpretando Image

Nel genetliaco del fondatore del mito beatlesiano certe parole nei ricordi non bastano ma avanzano. John Winston Lennon nasceva il 9 ottobre 1940 a Liverpool nel Maternity Hospital in Oxford Street. Ottanta anni dopo, il Vescovo di Noto Mons. Antonio Staglianò, torna sulle note dell’indimenticabile musicista, con una originale reinterpretazione di ‘Image’. Un brano scritto e cantato in una fase artistica molto creativa per il Beatle che aveva da poco inciso Power to the people, e appena dopo Happy XMas (War is over).


di Mons. Antonio Staglianò*

Era il 1971, a pochi mesi dalla conclusione della straordinaria epopea dei Beatles. Staglianò fa tornare, immediate ma non nostalgiche, le vibranti memorie di un canto che insegnano ancora qualcosa di vero alle nuove generazioni.

Ribadendo che quel che serve ai giovani, alle ragazze, a tutte le persone, quel che serve al mondo, quel che serve ai popoli è immaginare, immaginare la pace come tanti anni fa, sembra ieri, lo ha fatto, forse con la sua più famosa e diffusa canzone, il fondatore dei Beatles John Lennon.

Non ci sono più dubbi sul fatto incontestabile che la musica pop contemporanea - con le debite eccezioni, purtroppo banalizzanti - va sempre più assumendo consapevolezza sulla sua responsabilità di descrivere l’anima non solo delle persone ma anche della convivenza civile e sociale, spesso diventando veracritica politica”: critica per altro azzeccata contro certa globalizzazione che omologa e impoverisce il mondo attraverso l’indifferenza verso le persone e quell’egoismo che porta ognuno a fare quello che gli conviene.

#ImaginePeace è una interpretazione della famosissima canzone di John Lennon, Imagine, diventato l’Inno mondiale della pace. Per il grande Cantante, la pace sulla terra sarebbe possibile negando l’esistenza del Paradiso e della religione. Inizia proprio così: «Imagine there is no heaven (immagina che non ci sia il Paradiso)».

Bisognerà dargli ragione? Certamente! Un Paradiso e una religione, o anche un Dio, che fossero strumento di violenza e di morte non devono esistere. Una religione (anche quella cattolica) che imponesse in nome di Dio di uccidere delle persone sarebbe falsa, indegna dell’uomo e demoniaca, “satanica” (Papa Francesco).

Ecco perché – per la pace e per la giustizia – nel mondo, possiamo «immaginare che nel cielo abiti un Dio solo e sempre amore e immaginare la sua presenza nel cuore degli uomini, i quali vivendo da figli di Dio-amore, diffondono sulla Terra fraternità, il Sole nuovo che riscalda con un nuovo affetto e realizza la pace».

L’attualità “teologicadel messaggio non ha bisogno di troppe parole: quanti cattolici cristiani sono convinti che il Coronavirus sia un “flagello di Dio” per punire l’umanità perduta in tanta barbarie?

Esistono ancora teologi che danno grande peso alla vecchia “teoria della retribuzione”, per la quale il Dio vendicativo colpiva l’uomo con la peste, con il diluvio, con la lebbra per punire i suoi peccati.

Non si tratta ovviamente di non riconoscere la barbarie umana (tanto evidente nelle infinite ingiustizie disseminate sul globo). Si tratta invece di riconoscere il vero volto di Dio in Gesù, superando certe credenze su Dio che Gesù stesso ha negato ma che, purtroppo, dopo duemila anni di cristianesimo, resistono e sono diffuse nel popolo.

Non è proprio qui attesa la pop-Theology? Una critica alle false immagini di Dio va sempre fatta. Lo si può fare efficacemente anche con una canzone? Senz’altro.

Questa resta una via privilegiata (perché appassionante per i giovani) per una riflessione non negligente che parta dall’immaginazione soggiacente al linguaggio poetico e artistico di una canzone; riflessione che la pop-Theology potrà verificare.

*Vescovo di Noto