A furia di ripetere “andrà tutto bene”, in tanti si sono ritrovati inermi nel pieno della seconda ondata di infezioni da Sars-CoV-2; ciononostante, continuano imperterriti a vivere come la pandemia non ci fosse. Come dei “panglossisti” redivivi. Panglossisti, cioè seguaci di un personaggio di uno scritto satirico dell’illuminista Voltaire.
di Vincenzo Bertolone*
Questo pensatore scettico, laico e anticlericale, nel Candide fin dalle prime pagine tratteggia il precettore Pangloss: costui diviene l’emblema di chi ha un’ostinata fede immotivata; credendo all’armonia cosmica teorizzata da Leibniz, Pangloss è ammalato di fiducia, fino a riuscire a negare la stessa evidenza del male.
Solo che poi finisce impiccato (ma rocambolescamente sarà comunque salvato dalla fossa), mentre lo stesso Candido, prima di essere a sua volta bollito da una tribù di selvaggi, ascolta una famosa sentenza, che sembra fare il verso a chi ripete acriticamente “andrà tutto bene”, mentre di fatto tutto continua, ahimè, ad andare abbastanza male:
“Questo, probabilmente, è il paese dove tutto va bene, giacché bisogna assolutamente che uno ve ne sia di questa specie: dica quel che vuole il maestro Pangloss, io mi sono spesso avveduto che tutto andava molto male in Westfalia”.
Cosa voleva insegnare la “favola” razionalistica di Voltaire a fine Settecento? Da buon illuminista, egli riteneva che credere in un mondo ordinato non sia altro che un “sacrificio dell’intelletto” a cui ci avrebbe abituato la fede religiosa, con le sue infondate teorie di Provvidenza, di Creazione e altro.
Un intelletto, quello di Voltaire, ma anche di tanti altri oggi, intossicato da una presunzione fatale che, attraverso la canzonatura di Pangloss, cerca di sbarrare la porta alla possibile spiegazione religiosa.
O ragione autonoma, insomma, o - come scrive lo sprezzante Voltaire - l’arzigogolo della cosmologonigologia? Un aut-aut senz’alcuna possibilità di un “et-et”.
Difatti,
“Pangloss insegnava la metafisico-teologo-cosmologonigologia. Provava egli a maraviglia che non si dà effetto senza causa, e che in questo mondo, l’ottimo dei possibili, il castello di S.E. il barone era il più bello de’ castelli, e Madama la migliore di tutte le baronesse possibili.
- È dimostrato, diceva egli, che le cose non posson essere altrimenti; perché il tutto essendo fatto per un fine, tutto è necessariamente per l’ottimo fine. Osservate bene che il naso è fatto per portar gli occhiali, e così si portan gli occhiali;
… Per conseguenza quelli che hanno avanzata la proposizione che tutto è bene; han detto una corbelleria, bisognava dire che tutto è l’ottimo”.
In nome dell’uso acritico dei principi di causa e di ragione sufficiente, anche di fronte a naufragi, terremoti, eruzioni vulcaniche, pandemie e cataclismi, Pangloss dunque si ostina, fino al punto da confessare
“d’aver sempre orribilmente sofferto ma siccome aveva sostenuto una volta che tutto andava a maraviglia, seguitava a sostenerlo, e non credeva a niente”.
Bisogna decodificare il sottile veleno che serpeggiava nel Candide e continua a serpeggiare ai giorni nostri in chi esclude pregiudizialmente qualunque valenza religiosa nel modo di affrontare, spiegare e combattere i mali e, da ultimo, la pandemia.
In realtà, altro è la fiducia immotivata e non fondata, altro è escludere aprioristicamente il possibile intervento del divino nel parallelogramma di forze umane e terrestri, mentre si sta lottando contro il contagio e cercando di limitarne gli effetti devastanti per i corpi, la psiche e le anime.
Certo, questo che oggi ci è dato di vivere non è il migliore dei mondi possibili, ma i credenti non ragionano affatto come Pangloss. La fede cristiana non è candida come il personaggio del Candide, né tanto meno ingenua.
Il personaggio voltairiano
“li consolava assicurandoli, che le cose non potevano andare altrimenti; perché, diceva egli, tutto quel che è, è ottimo, imperocché se vi è un vulcano a Lisbona non poteva essere altrove non essendo possibile che le cose non sieno dove sono; perché ogni cosa è bene”.
I personaggi credenti, quali siamo noi oggi, non affermano per partito preso che tutto va bene. Anzi, pur credendo che Dio vede e provvede, e dunque può essere invocato perché intervenga, non possono ignorare lo squilibrato rapporto frattanto istituito dall’uomo con la natura, a volte sfruttata selvaggiamente, a volte “idolatrata” e oggetto di attenzioni maggiori rispetto a quelle riservate all’essere umano.
Non è forse il salto di specie, effettuato dal coronavirus, anche un segno dello squilibrio indotto da un piccolo uomo, che ha forse creduto infondatamente di poter strafare e dominare e controllare tutto?
Qualunque tentativo di escludere Dio dalla vita delle persone e quello connesso di marginalizzare ad ogni costo la spiegazione religiosa dalla vita sociale e dai fattori soprannaturali da mettere nel gioco del far andare tutto bene, va stroncato sul nascere, qualora si insinuasse anche nella nostra mente.
La fede non può essere ridotta a dabbenaggine panglossista, relativa cioè esclusivamente alla sfera soggettiva del sentimento dell’individuo e al regno mutevole dell’esperienza personale, mentre il mondo continua a girare con i suoi alti e bassi.
Si tratta, in definitiva, di rispettare la “grammatica” che il Creatore ha inscritto nella sua opera, affidando all’uomo il ruolo di custode e amministratore responsabile del Creato.
Il libro della Creazione, oggi gemente sotto un attacco pandemico, viene decifrato anche nella “Rivelazione”, nella storia culturale e religiosa, non certo ostinandosi a ripetere che tutto è l’ottimo o che tutto andrà comunque bene.
Bisogna mettere nel conto l’autonoma libertà umana o, come si dice in una Colletta domenicale dell’anno A, il “misterioso intrecciarsi della volontà di Dio e della libera volontà umana”.
Come lo stesso Giacomo obietta a Pangloss nel Candide,
“Giacomo era d’un altro parere. Bisogna, ei diceva, che gli uomini abbiano alquanto corrotta la natura, perché non son nati lupi, e lupi divengono; Dio non ha dato loro né cannoni da ventiquattro, né bajonette, ed essi son fatti per distruggersi con bajonette e cannoni”.
Vale quanto osservava Hans Urs von Balthasar: “Chi non impone mai la propria volontà a Dio, può essere sicuro di compiere sempre la Sua volontà”.
*Presidente della Cec, Conferenza Episcopale Calabra