Ero straniero. In Parlamento una nuova legge per l’immigrazione tra sicurezza e opportunità di sviluppo

28 ottobre 2020, 07:15 Opinioni&Contributi

La proposta di legge di iniziativa popolare “Ero straniero” avanzata dalle associazione e dai movimenti che hanno organizzato la raccolta di firme sollecita e richiede al Parlamento un atto di coraggio per affrontare il tema immigrazione alla radice, con uno sguardo verso il futuro.


Ero straniero è promossa da Radicali Italiani, Fondazione Casa della carità “Angelo Abriani”, Arci, Asgi, Centro Astalli, Cnca, A Buon Diritto, Cild, Fcei-Federazione Chiese Evangeliche in Italia, Oxfam Italia, ActionAid Italia, Acli, Legambiente Onlus, Ascs- Agenzia Scalabriniana per la Cooperazione allo Sviluppo, Aoi, con il sostegno di numerosi sindaci e decine di organizzazioni.

Con questo nuovo strumento dal titolo “Nuove norme per la promozione del regolare permesso di soggiorno e dell’inclusione sociale e lavorativa di cittadini stranieri non comunitari”, depositato il 27 ottobre di tre anni fa con oltre 90.000 firme alla Camera e ora all’esame della Commissione affari costituzionali, questi nodi si affrontano, proponendo delle soluzioni.

Si compone di 8 articoli che prevedono: l’introduzione di un permesso di soggiorno temporaneo per la ricerca di occupazione e attività di intermediazione tra datori di lavoro italiani e lavoratori stranieri non comunitari; la reintroduzione del sistema dello sponsor; la regolarizzazione su base individuale degli stranieri “radicati”; l’effettiva partecipazione alla vita democratica col voto amministrativo e l’abolizione del reato di clandestinità.

La regolarizzazione straordinaria dei mesi scorsi che ha interessato oltre 200 mila persone ancora non contribuisce ordinatamente al superamento degli aspetti più problematici dei decreti sicurezza ma richiede adesso di cambiare il sistema, fallimentare e iniquo, di gestione dell’immigrazione introdotto quasi vent’anni fa dalla legge Bossi-Fini e adottare strumenti efficaci di governo del fenomeno, a cominciare da nuovi canali di ingresso per lavoro nel nostro Paese.

Quel che serve al Paese è affrontare tutto ciò che in questi venti anni ha dimostrato di non funzionare, a partire da uno strumento necessario a risolvere a lungo termine la questione “irregolarità”, cioè una procedura di emersione sempre accessibile che dia la possibilità di mettersi in regola a fronte di un contratto di lavoro o se si è radicati nel territorio, come accade, per esempio, in Germania o in Spagna.

Ma non basta. Serve una riforma profonda della normativa vigente, con l’introduzione di canali di ingresso per lavoro che facilitino l’incontro dei datori di lavoro italiani con i lavoratori dei Paesi terzi, governando i flussi verso il nostro Paese.

Spetta ora al Parlamento discutere e approvare la riforma e superare una stagione politica che da oltre vent’anni criminalizza il fenomeno migratorio e strumentalmente lo sfrutta, o lo teme, ai fini del consenso, riducendolo a un problema di ordine pubblico, senza una reale volontà di attuare politiche - migratorie e del lavoro - efficaci e rispettose dei diritti.