Il grido non è più un mormorio ma qualcosa di più compatto, unanime e scandito con chiarezza da quasi tutti i calabresi. Contro i politici aspettano, con la fiducia che resta, soltanto l’arrivo dell’Esercito: solo di voi possiamo fidarci per salvarci dal Coronavirus, ripetono come in una processione religiosa, anche nelle tante manifestazioni di protesta che si sono susseguire prima dell’estate di San Martino: commercianti, precari, nuovi poveri, giovani, ragazze, centri sociali, volontariato, persino le femministe, urlano in faccia al mondo la rabbia e il disgusto verso la politica regionale e nazionale e avvertono che reagiranno contro ogni giochetto diversivo e affaristico nella sanità, contro le manovre di potere ideologicamente truffaldine della nuova casta dei disonesti: altro che Strada, qui sì che vogliamo Strade Sicure, per noi l’unico italiano di cui fidarsi si chiama Esercito.
di Vito Barresi
La gente è tutt’altro che disorientata. Anzi a Reggio Calabria e Cosenza, a Catanzaro e Crotone, a Lamezia e Vibo, i cittadini di questa regione avrebbero idee ben chiare su alcune cose essenziali da affrontare nel difficile inverno dell’emergenza sanitaria.
Prima di tutto dicono in coro greco: la Regione Calabria non ha bisogno né di altri e alti burocrati né di consulenti superpagati, che servono ad a più finalizzati scopi politici e di potere; secondo, non più polemiche politiche inutili, né tanto meno politici o sedicenti tali che non hanno i titoli né i documenti a posto, cioè alcuna specifica vocazione al servizio verso gli altri, la devozione religiosa verso il bene comune, e che sono privi di curriculum e impegno vero tra la gente e più bisognosi.
Adesso, ragionano pacatamente in tanti sulle principali piazze delle città e dei piccoli comuni, ai calabresi occorre un grande sostegno socio-sanitario, la solidarietà sociale e la 'sussidiarietà ospedaliera' garantita da un’istituzione di grande prestigio e autorevolezza, chiedono in sostanza, come altre volte è accaduto in passato, l’intervento dell’Esercito italiano.
E sarà anche da qui chepasserà la formazione in atto di quel nuovo consenso che premierà una rinnovata rappresentanza politica regionale, il nuovo ceto politico che dovrà salvare la Calabria dal tremendo tracollo economico che si annuncia furioso, la stessa che dovrà guidare la Giunta Regionale a Catanzaro e riempire gli scanni del Consiglio Regionale a Reggio.
Al momento, dicono in un corteo di opinioni, l’unico italiano che può salvare la Calabria dal coronavirus si chiama Esercito. Mai come in questo travagliato periodo della storia nazionale, in cui tutti gli italiani si trovano sul fronte di una “sporca” guerra contro un nemico invisibile che si fa forte di un’arma subdola come il virus Covid-19, un avversario che utilizza la velocità come offesa che sgretola i fondamenti classici della vita civile, non pochi ma si potrebbe ben scrivere l’unanimità del popolo, guarda all’Esercito come un positivo e persino decisivo protagonista per fermare l’avanzata della pandemia e ripristinare la sicurezza sanitaria, sociale e collettiva dell’intero Paese.
Concretamente già nel corso di questa emergenza sanitaria, l’Esercito è presente sul territorio con attività di sostegno e d’aiuto, mobilitando medici, infermieri, militari, personale qualificato che è operativo al fianco di Protezione Civile, Sistema sanitario nazionale e Forze di Polizia, dando prova di essere “un’istituzione pronta, capace, efficiente e coesa, che riscuote il riconoscimento più meritato dell’Italia intera e il mio più sincero apprezzamento”.
Nella geografia delle comunicazioni stradali i militari vengono dislocati a presidio delle zone rosse, a sorveglianza delle strade per desertificarne il traffico, con una riduzione al minimo dei collegamenti, come è già avvenuto in Campania, con l’impiego 150 uomini e donne, per fare rispettare il lockdown nei comuni di Orta di Atella e Marcianise, in provincia di Caserta.
Sempre nel sistema dei trasporti le brigate servirebbero a regolamentare l’accesso sui mezzi pubblici di trasporto anche utilizzando i mezzi militari per portare gli studenti a scuola, proprio perché è difficile stabilire giuste percentuali di capienza.
La testimonianza più importante e significativa del servizio che l’Esercito è in grado di dare al paese è quella dell’Ospedale Spallanzani dove si sta svolgendo la formazione di 19 team, ognuno composto da un ufficiale medico e due sottoufficiali infermieri, per affrontare l’emergenza Covid.
Nella Regione Lazio un’equipe dell’Esercito è impegnata nello studio dell’evoluzione pandemica della malattia, appurando che l’età media dei casi, da agosto ad oggi, è di 41 anni, di cui il 49% donne e il 51% uomini, casi che per il 93% sono seguiti a domicilio, il 6,4% in ospedale, lo 0,6% in terapia intensiva.
La fiducia verso le Forze Armate terrestri e la buona speranza che l’Esercito possa venire in soccorso alla rete ospedaliera calabrese, in evidente affanno e in difficoltà, fino al limite della rottura e del collasso sistemico, insorge dalla semplice constatazione delle tante missioni compiute dall’Esercito Italiano in territorio nazionale tra cui l'operazione “Vespri Siciliani” dal 1993 al 1995; l'operazione “Riace” 1994; l'operazione “Partenope” dal 1995 al 1998; l'operazione “Domino” dal 2001 al 2004; l'operazione “Strade Sicure” dal 2008 al 2013; l'operazione “Strade Pulite” dal 2008 al 2013.
E poi quelle in territorio internazionale, Bosnia 1995-1997; Macedonia 1998, 1999; Kosovo 1999, 2000, 2001; Iraq 2003, 2004, 2006; Libano 2008, 2010; Afghanistan 2012, da cui si può dedurre quanto alto sia il ruolo strategico, sinergico e logistico che questa istituzione della Repubblica può dare proprio in questo difficile momento della vita italiana e della storia nazionale.
Forse è anche per questo che la Calabria aspetta gli uomini e le donne dell’Esercito Italiano, perché confida di poter contare sempre su di loro.