I Vescovi e il clero calabrese di fronte al voto dei cattolici per rinnovare profondamente la Regione Calabria

15 novembre 2020, 12:00 100inWeb | di Vito Barresi

Gli elettori cattolici calabresi sono la maggioranza numerica della popolazione in questo territorio, e rappresentano la stessa quantità anagrafica e 'battezzata' che si recherà alle urne nei prossimi mesi per eleggere il nuovo Consiglio Regionale e scegliere per elezione diretta il nuovo Presidente della Giunta Regionale.Sono loro che hanno in mano la buona speranza di un diverso futuro per la Regione Calabria.


di Vito Barresi


In quanto cittadini di una Calabria disgregata e fragile, che rischia di essere travolta dagli effetti negativi del Coronavirus e dalle sue ricadute devastanti sul piano sanitario, economico e sociale, tutti i cattolici calabresi si sentono contesi e lacerati tra la permanente tentazione astensionista, cioè il rifiuto della partecipazione elettorale, la negazione del personale e libero diritto all’attiva presenza nella determinazione dei governanti, che qui indico come la ‘sindrome di Ponzio Pilato’ e la passiva, quanto fin troppo remissiva accondiscendenza verso un sistema di scambio e mercificazione del voto e della rappresentanza, che è di per se stesso un evidente scandalo oltre che un peccato sociale quasi mortale, praticato attraverso la raccolta di una colletta elettorale che va nella cesta di qualche solito ‘grande elemosiniere’ atteggiamento che, per il suo rassegnato fatalismo, raffiguro come la 'sindrome del cieco di Betsaida'.

Nel primo caso, cioè quello della tentazione ormai consolidata di tenersi lontani dalle urne e disertare il voto, i cattolici calabresi si comporterebbero come Pilato, lavandosi le mani e sfuggendo dalla propria responsabilità di decidere.

Il mandare tutti a quel paese, anche se ciò può avvenire con inclinazioni tra loro molto diverse che vanno dal rifiuto alla disperazione degli ultimi, degli esclusi, degli abbandonati e dimenticati, fino al cinismo di una folta schiera di opportunisti, finisce quasi sempre per avvantaggiare un pezzo ‘intelligente’ e scaltro della vita istituzionale, le volpi e i furbi che si nascondono in mezzo al cosiddetto ceto dirigente e intellettuale calabrese, professionisti, burocrati, impiegati, sindacalisti, affaristi vari, mediatori di favori, persino professori universitari, magistrati e appartenenti alle forze dell'ordine, ecc. ecc., i colletti bianchi sia pubblici che privati, che per bieco tornaconto tattico, strumentalizzano l’astensionismo e fanno tesoro egoistico della ’sindrome di Pilato’.

Nel secondo caso, racchiuso nel senso della parabola del cieco di Betsaida (allora prese il cieco per mano, lo condusse fuori del villaggio e, dopo avergli messo della saliva (sputato) sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: "Vedi qualcosa?”), accade che i ‘battezzati’ e i ‘fedeli’ della Chiesa Cattolica, sembrano essere la facile preda, succulenta, prediletta e a buon mercato, di una generalizzata ipocrisia che fa finta di non vedere la loro profonda identità tradizionale.

D’altra parte loro stessi, l’insieme dell’elettorato cattolico che non vuole più riconoscersi in quanto tale, si lascia depredare e ‘acquistare’ dalla logica del voto senza appartenenza, privo di orientamento ideologico e morale, accettando supinamente di essere esplusi dal confronto, di negare ed eliminare dalla dialettica tra forze le varie fazioni e gruppi di potere che vogliono conquistare la Regione, le qualità sociali e pastorali del voto cattolico.

Tuttavia, sebbene più nessuno neanche li nomini nè tanto meno li evochi come segmento o categoria religiosa-politico-sociale-ecclesiale di straordinaria rilevanza nella vita democratica, cioè portatrice d’interessi materiali non solo diffusi tra vari gruppi sociali ma anche concentrati nelle varie istituzioni diocesane, comunque dentro una cornice etica ben precisa (solidarietà e accoglienza ai migranti, lotta alla povertà ed eguaglianza, giustizia sociale, parità, ecc.), essi non possono più nascondersi dietro scuse e pretesti, assenze e mutamenti culturali, ma rispondere alla domanda di senso e di coerenza su temi dirimenti come l’aborto, la fine e il rispetto della vita, le questioni anagrafiche e civili del gender, i migranti, l’accoglienza, la giustizia sociale, la libertà religiosa, ecc. ecc.

Ormai, con dati elettorali alla mano, si può cautamente affermare che ancora uan volta nelle nuove elezioni per il Consiglio Regionale della Calabria tutte le cordate politiche di vario genere cercheranno di strumentalizzare il grande bacino elettorale dei voti cattolici calabresi.

Ancora una volta è lì che cercheranno di pescare consensi, mietere suffragi a favore della propria corsa personalistica, ormai senza più ideali e valori rilevanti, di svaligiare quel che resta dell'antico bacino elettorale cattolico, popolare e democristiano.

I cristiani che vivono nelle loro diocesi, i vescovi che li guidano e che orientano i fedeli e i credenti, le parrocchie con i propri sacerdoti e il clero foraneo, impegnati ogni giorno sul difficile fronte del territorio nella lotta alla pandemia, ovunque, nei comuni e nelle province della Regione, costituiscono il centro reale e ’numericamente' essenziale sia per vincere che per perdere le prossime elezioni regionali.

Ma soprattutto essi sono sentinelle e presidio che devono trovarsi pronti a dare speranza e forza a quanti lottano per la giustizia e la libertà dell’intera Calabria.

Perché, ora e non domani, il punto di svolta per la Chiesa e il mondo cattolico calabrese è quello di non restare in mezzo al guado, non farsi intrappolare nell'immobilismo, fermi e incapaci di andare oltre la strumentalizzazione clientelare, l’elemosina del voto e la nullificazione pilatesca dell’astensionismo che si lava le mani del giudizio e del progetto di impegno cristiano nel sociale e nel politico.