Cara famiglia, ti scrivo con affetto grande in occasione della festa della Santa Famiglia. So quanta fatica spesso ti attraversa: le paure della pandemia e le tante limitazioni che comporta, la gravità della crisi economica conseguente e il problema del lavoro (che spesso manca o si è perso), la preoccupazione per la crescita dei figli e per il loro emigrare per studiare all’università e cercare lavoro, una diffusa fragilità nelle relazioni che genera tensioni e spesso anche divisioni, il sopraggiungere di malattie altre dalla Covid-19 che accrescono preoccupazioni e paure.
di Mons. Antonio Staglianò*
Ti sono in tutto questo accanto, vicino, con quel cuore di padre che è dato al Vescovo come responsabilità e soprattutto come sacramentalità, ovvero come segno efficace della grazia di Dio. Ti dico per questo anzitutto la vicinanza di Gesù, volto del Padre, e la sua misericordia.
Mi rivolgo a te con affetto sincero: cara famiglia, sei la trasparenza di un mistero grande, sei chiamata a lasciar trasparire la tenacia nell’amore di Dio! Come è scritto, infatti, nelle decisioni del nostro Sinodo, al n.61, «nell’insondabile mistero della scelta con cui uomo e una donna legano le loro vite, per diventare una sola carne, è presente il mistero stesso della comunione e della fedeltà irrevocabile di Dio».
E da poco papa Francesco ha indetto un anno straordinario dedicato a San Giuseppe e ha scritto la lettera apostolica Patris corde, che aiuta cogliere come si sviluppa un legame di vera paternità.
Penso di offrirti presto uno scritto più articolato, perché diventa importante, in questo tempo liquido, scoprire – alla luce della Santa Famiglia e dell’esempio di S. Giuseppe - come vivere relazioni salde. Intanto però, vorrei subito richiamare tre aspetti della lettera del Papa, che possono aiutare le famiglie, tutte amate da Dio, a non smarrirsi nel difficile cammino della vita e della storia.
Affrontare le difficoltà e riconciliarci con la nostra storia.
Partiamo dalle difficoltà: ci segnano molto! Vorremmo subito uscirne. La Santa Famigliaci insegna quello che oggi si chiama resilienza, ovvero una pazienza forte con cui ci si fa carico delle situazioni e così si “cammina” malgrado tutto. Per questo dobbiamo anche avere la capacità di ripensare quello che ci accade, ricomprenderlo dentro un disegno più grande, e superare così ogni forma di presunzione (farcela solo con le nostre forze) e di rassegnazione (pensare che non sia possibile superare le difficoltà, sempre tutto limitando alle nostre forze), aprendoci invece sempre a orizzonti più ampi.
Scrive papa Francesco:
«Tante volte, nella nostra vita, accadono avvenimenti di cui non comprendiamo il significato. La nostra prima reazione è spesso di delusione e ribellione. Giuseppe lascia da parte i suoi ragionamenti per fare spazio a ciò che accade e, per quanto possa apparire ai suoi occhi misterioso, egli lo accoglie, se ne assume la responsabilità e si riconcilia con la propria storia. Se non ci riconciliamo con la nostra storia, non riusciremo nemmeno a fare un passo successivo, perché rimarremo sempre in ostaggio delle nostre aspettative e delle conseguenti delusioni» (PC 4).
Custodire e proteggere
Se affrontiamo con consapevolezza le nostre difficoltà, sarà più facile aver cura di quanti il Signore ci affida. Nelle famiglie, e in questo caso il pensiero va anzitutto ai figli o ai genitori anziani. Nella Chiesa, grande famiglia di Dio. Nella città e nel mondo, chiamati anche esse ad avere i tratti della famiglia, dell’affetto che fa camminare insieme. Se ci riconciliamo con la nostra storia, aprendoci al disegno di Dio che nel Natale si è rivelato un Dio con noi, fidandoci di Lui come Giuseppe, apprenderemo uno stile di accompagnamento che è quello della custodia e della protezione. La custodia rimanda ad una cura senza spirito di possesso, la protezione ad una cura che però resta sempre vigile. Ecco come, cara famiglia, puoi ritrovare forza anche in un tempo difficile e diventare un riflesso dei legami che Dio intrattiene con gli uomini.
«Lo scrittore polacco Jan Dobraczyński – scrive sempre papa Francesco -, nel suo libro L’ombra del Padre, ha narrato in forma di romanzo la vita di San Giuseppe. Con la suggestiva immagine dell’ombra definisce la figura di Giuseppe, che nei confronti di Gesù è l’ombra sulla terra del Padre Celeste: lo custodisce, lo protegge, non si stacca mai da Lui per seguire i suoi passi. Pensiamo a ciò che Mosè ricorda a Israele: “Nel deserto […] hai visto come il Signore, tuo Dio, ti ha portato, come un uomo porta il proprio figlio, per tutto il cammino” (Dt 1,31). Così Giuseppe ha esercitato la paternità per tutta la sua vita» (PC 7).
La felicità negli orizzonti della fiducia e del dono
Riconciliarsi con la propria storia, avere un rapporto di custodia e non di possesso con quanti ci vengono affidati, nelle famiglie come nella Chiesa, ci apre alle logiche del dono: sono logiche attente e precise!
«La felicità di Giuseppe – leggiamo ancora in “Patris corde” - non è nella logica del sacrificio di sé, ma del dono di sé. Non si percepisce mai in quest’uomo frustrazione, ma solo fiducia. Il suo persistente silenzio non contempla lamentele ma sempre gesti concreti di fiducia. Il mondo ha bisogno di padri, rifiuta i padroni, rifiuta cioè chi vuole usare il possesso dell’altro per riempire il proprio vuoto; rifiuta coloro che confondono autorità con autoritarismo, servizio con servilismo, confronto con oppressione, carità con assistenzialismo, forza con distruzione» (PC 7).
E la logica del dono vale non solo per le famiglie, ma anche per ogni tipo di vocazione e servizio nella Chiesa e nella società, tutti chiamati insieme a vincere ogni amarezza e vivere la gioia dell’amore:
«Ogni vera vocazione – sottolinea ancora papa Francesco - nasce dal dono di sé, che è la maturazione del semplice sacrificio. Anche nel sacerdozio e nella vita consacrata viene chiesto questo tipo di maturità. Lì dove una vocazione, matrimoniale, celibataria o verginale, non giunge alla maturazione del dono di sé fermandosi solo alla logica del sacrificio, allora invece di farsi segno della bellezza e della gioia dell’amore rischia di esprimere infelicità, tristezza e frustrazione» (PC 7).
Ecco, allora, cara famiglia, ecco care famiglie tutte carissime, il mio augurio: ripensarsi alla luce della grazia di Dio che a Natale celebriamo come dono grandissimo, rinascere con l’energia della fede e del dono!
E allora sarà festa vera della famiglia: fioriranno storie e testimonianze capaci di esprimere il mistero grande dell’amore sponsale di Dio per tutta l’umanità e il mondo potrà conoscere giorni migliori.
Buona festa della Santa Famiglia!
*Vescovo di Noto