Il Covid-19 sta intensificando una triplice minaccia di crisi simultanee ed interconnesse a livello sanitario, economico ed ecologico-sociale, con gravi ripercussioni sui più poveri e vulnerabili. Mentre ci muoviamo verso una ripresa giusta, dobbiamo assicurarci che le cure immediate per le crisi diventino passi fondamentali per una società più giusta, con sistemi inclusivi e integrati. Intraprendere le azioni immediatamente necessarie per rispondere alla pandemia, avendo in mente anche i suoi effetti sul lungo periodo, è importante perché possa aver luogo una “guarigione” globale e rigenerativa.
Se infatti le risposte si limiteranno unicamente al piano organizzativo e gestionale, senza riesaminare quelle premesse che ci hanno condotto alle attuali difficoltà, rendendoci tutti disponibili a una vera e propria conversione, non avremo quelle trasformazioni della società e del mondo di cui abbiamo assoluta necessità (cfr Fratelli Tutti, 7).
I diversi interventi della Commissione Vaticana Covid-19 (“Commissione”), creata da Papa Francesco come risposta qualificata e rapida alla pandemia, e anche la presente Nota che affronta in modo specifico il tema dei vaccini anti-Covid-19, si ispirano a questa logica.
Principi e valori fondamentali
1. In diverse occasioni Papa Francesco ha affermato l’esigenza di rendere gli ormai imminenti vaccini anti-Covid-19 disponibili e accessibili per tutti, evitando la «marginalità farmaceutica»: «se c’è la possibilità di curare una malattia con un farmaco, questo dovrebbe essere disponibile per tutti, altrimenti si crea un’ingiustizia». Nel suo recente messaggio Urbi et Orbi di Natale, il Papa ha affermato che i vaccini, affinché «possano illuminare e portare speranza al mondo intero, devono stare a disposizione di tutti … specialmente per i più vulnerabili e bisognosi di tutte le regioni del Pianeta.»
Questi principi di giustizia, solidarietà e inclusione, devono essere alla base di ogni specifico e concreto intervento in risposta alla pandemia. Già nella catechesi dell’Udienza generale del 19 agosto 2020, il Papa ne aveva parlato, offrendo anche alcuni criteri per «scegliere, ad esempio, quali saranno le industrie da aiutare: quelle che contribuiscono all’inclusione degli esclusi, alla promozione degli ultimi, al bene comune e alla cura del creato».
Abbiamo qui un ampio orizzonte che evoca i principi della Dottrina sociale della Chiesa,come la dignità umana e l’opzione preferenziale per i poveri, la solidarietà e la sussidiarietà, il bene comune e la custodia della casa comune, la giustizia e la destinazione universale dei beni.
Questo richiama anche i valori che nel linguaggio della salute pubblica costituiscono i riferimenti condivisi nelle emergenze sanitarie: uguale rispetto delle persone (dignità umana e diritti fondamentali), riduzione della sofferenza (solidarietà verso chi va aiutato nella necessità o nella malattia), correttezza (fairness: non discriminazione ed equa distribuzione di benefici e oneri).
2. Il richiamo che il Papa rivolge alle aziende farmaceutiche mette in luce che non è solo il momento finale della somministrazione del vaccino a dover essere preso in considerazione per giungere a una sua universale ed equa destinazione, ma va considerato tutto il suo «ciclo di vita», fin dall’inizio. Pertanto, procederemo in questo testo esaminando le varie fasi del percorso del vaccino, che vanno dalla produzione fino alla sua approvazione e distribuzione per giungere alla somministrazione, su cui insiste anche la Nota recente della Congregazione della Dottrina della Fede (CdF). In ognuna di queste fasi possiamo riconoscere implicazioni etiche di cui tenere debito conto nelle necessarie scelte di politica (economica), di organizzazione e di comunicazione. Concluderemo il testo con alcune raccomandazioni di azioni concrete, che possono mobilitare le istituzioni, le reti civili e anche quelle del mondo ecclesiale, al fine di contribuire a un accesso equo e universale al vaccino.
Ricerca e produzione
3. La prima questione che viene spesso sollevata circa la produzione dei vaccini riguarda i materiali biologici che sono impiegati per il loro sviluppo. Dalle informazioni disponibili risulta che alcuni dei vaccini ormai prossimi all’approvazione impieghino in più fasi del processo linee cellulari provenienti da feti abortiti volontariamente alcuni decenni fa, mentre altri ne fanno un uso limitato a fasi puntuali di test di laboratorio.
4. L’argomento è già affrontato nell’Istruzione Dignitas personae della Congregazione per la Dottrina della Fede (8 settembre 2008). Precisato che la finalità della salute (pubblica) non può giustificare l’aborto volontario per ricavarne linee cellulari per la produzione di vaccini – per cui anche la loro distribuzione e commercializzazione è in linea di principio moralmente illecita – l’Istruzione precisa che: «all’interno di questo quadro generale esistono diversi gradi di responsabilità. Gravi ragioni possono essere moralmente proporzionate per giustificare l’uso di tale “materiale biologico”». Il tema viene affrontato con specifico riferimento ai vaccini anti-Covid19 anche nella recente Nota della stessa Congregazione.
5. La Pontificia Accademia per la Vita è tornata sul tema con due Note (rispettivamente del 5 giugno 2005 e del 31 luglio 2017). Nella seconda in particolare, si escludeva: «che vi sia una cooperazione moralmente rilevante tra coloro che oggi utilizzano questi vaccini e la pratica dell’aborto volontario. Quindi riteniamo che si possano applicare tutte le vaccinazioni clinicamente consigliate con coscienza sicura che il ricorso a tali vaccini non significhi una cooperazione all’aborto volontario. Pur nell’impegno comune a far sì che ogni vaccino non abbia alcun riferimento per la sua preparazione ad eventuale materiale di origine abortivo, si ribadisce la responsabilità morale alla vaccinazione per non far correre dei gravi rischi di salute ai bambini e alla popolazione in generale».
6. I diversi meccanismi di produzione e azione del vaccino hanno una rilevanza sulla logistica della distribuzione (soprattutto in relazione alla temperatura a cui vanno conservati) e sulla loro capacità di proteggere dall’infezione o dalla manifestazione clinica della malattia. Nel primo caso, se il vaccino protegge dall’infezione, fornisce un contributo all’immunità “di gregge”). Invece, nel secondo caso, cioè se l’infezione avviene ma non si manifesta clinicamente, il vaccino non riduce la circolazione del virus (per cui occorre vaccinare direttamente i soggetti a rischio per la malattia).
7. Collegata al tema della produzione è anche la questione della brevettazione. Infatti, il finanziamento della ricerca ha seguito percorsi diversi, nella modalità sia dell’investimento di risorse pubbliche da parte degli Stati (direttamente per la ricerca o nella forma di acquisto previo di una certa quantità di dosi), sia di donazioni da parte di enti privati. Vi è quindi la questione di precisare in che modo il vaccino possa effettivamente divenire un «bene comune» (common), come già è stato detto da diversi responsabili politici (es. la Presidente della Commissione Europea). Infatti, in quanto non si tratta di una risorsa naturale già data (come l’aria o i mari) o scoperta (come il genoma o altre strutture biologiche), ma di una invenzione prodotta dall’ingegno umano, è possibile sottoporla alla disciplina economica che consente di retribuire le spese della ricerca e il rischio che le imprese si sono assunte. Data la sua funzione è, però, molto opportuno interpretare il vaccino come un bene a cui tutti abbiano accesso, senza discriminazioni, secondo il principio della destinazione universale dei beni, menzionato anche da Papa Francesco (cfr. n. 1). «Non possiamo neanche lasciare che il virus dell’individualismo radicale vinca noi e ci renda indifferenti alla sofferenza di altri fratelli e sorelle … mettendo le leggi del mercato e dei brevetti di invenzione sopra le leggi dell’amore e della salute dell’umanità.»
8. Il solo obiettivo dello sfruttamento commerciale non è eticamente accettabile nel campo della medicina e della cura della salute. Gli investimenti in campo medico dovrebbero trovare il loro più profondo significato nella solidarietà umana. Perché ciò sia possibile occorre individuare opportuni sistemi che favoriscano la trasparenza e la collaborazione, invece che l’antagonismo e la competizione. Va quindi superata la logica del «nazionalismo vaccinale»,intesa come tentativo dei diversi Stati di avere il proprio vaccino in tempi più rapidi come forma di prestigio e di vantaggio, procurandosi comunque per primi la quantità necessaria per i propri abitanti. Sono assai auspicabili e da sostenere accordi internazionali per gestire i brevetti in modo da favorire l’accesso di tutti al prodotto ed evitare possibili cortocircuiti commerciali, anche per mantenere il prezzo calmierato pure in futuro.
9. La produzione industriale del vaccino potrebbe diventare una operazione collaborativa tra Stati, imprese farmaceutiche e altre organizzazioni in modo che possa essere simultaneamente realizzata in diverse zone del mondo. Come è stato possibile – almeno in parte – per la ricerca, così anche in questo ambito è auspicabile una sinergia positiva: si potrebbero così valorizzare gli impianti di produzione e distribuzione disponibili nelle diverse aree in cui i vaccini verranno somministrati, sulla base del principio di sussidiarietà.
Approvazione, distribuzione e somministrazione
10. Una volta completate le diverse fasi degli studi sperimentali, si pone la domanda di come regolamentare l’approvazione in condizioni di emergenza del prodotto da parte delle Autorità deputate che consentono di metterlo sul mercato e di impiegarlo nei diversi Paesi. Date la diversità degli enti riconosciuti come competenti per tale autorizzazione e la dinamica internazionale della pandemia, è necessario coordinare le procedure necessarie a ottenere tale obiettivo e promuovere la collaborazione tra le autorità regolatorie.
11. Sui criteri di somministrazione e di accesso al vaccino ci sono diverse posizioni che si confrontano nel dibattito pubblico. Pur nella differenza, si trovano tuttavia alcune linee di convergenza che intendiamo sostenere. Infatti, c’è un accordo sulla priorità da riservare alle categorie professionali impegnate nei servizi di comune interesse, in particolare il personale sanitario, ma anche in altre attività che richiedono un contatto con il pubblico per i servizi essenziali (come la scuola, la pubblica sicurezza), ai gruppi di soggetti più vulnerabili (come anziani e malati con particolari patologie). Naturalmente un tale criterio non risolve tutte le situazioni. Rimane per es. la zona grigia di eventuali priorità da stabilire all’interno di uno stesso gruppo a rischio. Una più attenta stratificazione delle popolazioni potrebbe aiutare a risolvere questi dilemmi (per es. vaccinazione in zone a maggiore densità abitativa ne massimizza i vantaggi). Inoltre, anche altri aspetti rilevanti oltre alla salute (come la diversa praticabilità di misure restrittive) devono essere presi in conto per una equa distribuzione.
12. Questo ordine di somministrazione, sul piano internazionale, implica che «la priorità debba essere di vaccinare certe persone in tutti i Paesi piuttosto che tutte le persone in certi Paesi» (Direttore OMS). È quindi da evitare che alcuni Paesi ricevano il vaccino molto in ritardo a causa di una riduzione di disponibilità dovuta all’acquisto previo di ingenti quantitativi da parte degli Stati più ricchi. Si tratta di accordarsi sulle percentuali specifiche secondo le quali procedere concretamente. La distribuzione del vaccino richiede una serie di strumenti che vanno precisati e realizzati per raggiungere gli obiettivi concordati in termini di accessibilità universale. La Congregazione per la Dottrina della Fede richiama l’esistenza di «un imperativo morale, per l’industria farmaceutica, per i governi e le organizzazioni internazionali, di garantire che i vaccini, efficaci e sicuri dal punto di vista sanitario, nonché eticamente accettabili, siano accessibili anche ai Paesi più poveri ed in modo non oneroso per loro». In particolare, occorre sviluppare un programma di distribuzione che tenga conto della collaborazione necessaria per far fronte a ostacoli di carattere logistico-organizzativo in zone poco accessibili (catena del freddo, trasporto, operatori sanitari, uso di nuove tecnologie, ecc.). Anche le caratteristiche del vaccino incidono su questo aspetto (es. temperatura di conservazione). Si mostra qui l’esigenza di una Ente internazionale che abbia il mandato, l’autorità morale e le leve operative che gli consentano, come del resto anche per le altre fasi considerate, di coordinare le diverse componenti del processo. Attualmente, l’Organizzazione Mondiale della Sanità rimane un punto di riferimento importante da potenziare e da migliorare per gli aspetti che si stanno rivelando insufficienti e problematici.
13. Sulla responsabilità morale di sottoporsi alla vaccinazione (anche in base a quanto detto al n. 3), occorre ribadire come questa tematica implichi anche un rapporto tra salute personale e salute pubblica, mostrandone la stretta interdipendenza. Alla luce di questo nesso, riteniamo importante che si consideri al riguardo la presa di una decisione responsabile, atteso che il rifiuto del vaccino può costituire anche un rischio per gli altri. Ciò vale anche qualora, in assenza di alternativa, la motivazione fosse di evitare di trarre benefici dagli esiti di un aborto volontario. Infatti, in questi casi, come chiarisce la Congregazione per la Dottrina della Fede si può ritenere, a precise condizioni, “moralmente accettabile utilizzare i vaccini anti-Covid-19 che hanno usato linee cellulari provenienti da feti abortiti nel loro processo di ricerca e produzione.” Si tratta qui di cooperazione materiale passiva (e non formale), poiché è indiretta e remota date l’intenzione da cui è sottesa la scelta, la contingenza rispetto all’evento imputato e le circostanze in cui oggi ci troviamo: sono quindi non vincolanti i criteri che la renderebbero eticamente illecita. Pertanto, tale rifiuto potrebbe aumentare seriamente i rischi per la salute pubblica. Infatti, da un lato, si troverebbero più esposte alle infezioni quelle categorie di soggetti che non possono essere vaccinati (es. immunosoppressi) e che quindi, per evitare il rischio di contagio, possono contare solo sulla copertura vaccinale altrui (e sull’immunità di gregge). Dall’altro, l’ammalarsi determina un aumento dei ricoveri con conseguente sovraccarico per i sistemi sanitari, fino a un possibile collasso, come sta accadendo in diversi Paesi durante questa pandemia, ostacolando l'accesso all'assistenza sanitaria, ancora una volta a spese di chi ha meno risorse. Anche i vescovi di Inghilterra e Galles hanno recentemente ribadito che è necessario accogliere il vaccino non solo per la propria salute, ma anche in nome della solidarietà con gli altri, specialmente i più vulnerabili.
Linee guida per la Commissione Vaticana Covid-19
14. Per maggiore chiarezza sul lavoro della Commissione, si indicano qui di seguito alcune linee-guida per il suo lavoro in relazione con il vaccino. L’intento generale è di ottenere un vaccino sicuro ed efficace per il Covid-19 in modo tale che il trattamento sia disponibile a tutti, con una preoccupazione particolare per i più vulnerabili, rispettando l’equità in tutto il processo di sviluppo e distribuzione del vaccino (ricerca, sviluppo, produzione, sostegno finanziario, distribuzione, piani di somministrazione). Trasparenza e corretta comunicazione sono fondamentali per favorire fiducia e adesione all’intero processo delle vaccinazioni.
15. Obiettivo 1. Valutazione etico-scientifica. In base alle conoscenze scientifiche disponibili, la Commissione potrà esprimere valutazioni sulla qualità, la metodologia e il prezzo che consenta l’equa distribuzione del vaccino.
Azioni necessarie: Lavorare a stretto contatto con le principali organizzazioni che stanno sviluppando, valutando, consegnando e somministrando i vaccini con la possibilità, all’occorrenza, di esprimere opinioni circa le posizioni pubbliche sulla qualità/equità delle proposte per la distribuzione e l’utilizzo. Per questo, la Commissione intende avere accesso a informazioni scientifiche accurate e valersi di capacità varie per verificare le strategie di distribuzione e diffusione del vaccino, in particolare per quanto riguarda il loro impatto sui più vulnerabili. Come segnala il Santo Padre Francesco, «Non possiamo lasciare che i nazionalismi chiusi ci impediscano di vivere come la vera famiglia umana che siamo». Dobbiamo procurare «vaccini per tutti … [mettendo] al primo posto, i più vulnerabili e bisognosi!»
16. Obiettivo 2. Cura globale con “sapore locale”. Una cura globale che tenga conto e valorizzi le situazioni locali: si intendono sviluppare risorse per assistere le Chiese locali nella preparazione di questa iniziativa e di protocolli di trattamento per le comunità particolari.
Azioni necessarie: Lavorare a stretto contatto con le Diocesi e le comunità cristiane in tutto il mondo per comprendere le varie esigenze e usare queste informazioni per sviluppare posizioni solide, raccomandazioni e strumenti adeguati alle varie necessità. Questo partirà da un ascolto attento delle Chiese locali per poterle aiutare ad appoggiare strutture e azioni di sostegno da parte dei governi e di altre agenzie.
17. Obiettivo 3. Partnership e partecipazione. Avere una stretta collaborazione con le varie organizzazioni, per poter contribuire alla pianificazione, esecuzione ed alla valutazione di raccomandazioni per la somministrazione di vaccini a livello mondiale.
Azioni necessarie: Lavorare con i rappresentanti delle principali istituzioni e organizzazioni coinvolte così come con organizzazioni sanitarie globali, le ONG e le organizzazioni di donatori per aiutare a sviluppare, valutare e partecipare alle soluzioni.
18. Obiettivo 4. Unire le forze. Collaborare in maniera proficua con i diversi gruppi di lavoro della Commissione e altri gruppi ecclesiali per proporre le migliori raccomandazioni possibili per le popolazioni.
Azioni necessarie: Lavorare con i gruppi della Commissione nel quadro di Laudato Si' e Fratelli Tutti, tenendo in considerazione i loro suggerimenti per le raccomandazioni finali della Commissione.
19. Obiettivo 5. Leadership. Approfondire la competenza e comprensione della Chiesa nel suo impegno per tutelare e promuovere la dignità donata da Dio a tutti.
Azioni necessarie: Aiutare la Chiesa globale e il mondo ad articolare le ragioni più profonde per affrontare questa sfida come famiglia umana globale. La Chiesa può svolgere un ruolo di catalizzatore per affrontare questa sfida in un modo che riflette la consapevolezza e il rispetto della dignità di tutti.
20. Obiettivo 6. La Chiesa al servizio della “guarigione del mondo”. Dare esempi espliciti e leggibili, contribuendo, tra l’altro, a raggiungere l'obiettivo di un'equa distribuzione dei vaccini e delle cure.
Azioni necessarie: Usare in modo creativo le voci della Chiesa in tutto il mondo per parlare, esortare e contribuire ad assicurare che i vaccini e le cure di qualità siano disponibili per la nostra famiglia globale, specialmente per le persone vulnerabili. La Chiesa può aiutare in molti modi, attraverso le Conferenze Episcopali, le reti sanitarie ed educative (scuole e università), le molteplici organizzazioni ecclesiali che si rivolgono ai poveri, le comunità religiose, ecc. Valutare l’eventualità di donazioni a gruppi che operano per ottenere cure e vaccini per i più bisognosi.