Scrive Bankitalia che nel primo semestre del 2020 i redditi primari dei settori privati non finanziari hanno registrato la contrazione più forte degli ultimi venti anni, parzialmente contrastata dalle misure adottate dalle amministrazioni pubbliche a sostegno del reddito disponibile. Il settore finanziario, impiegando la maggiore raccolta di depositi bancari prevalentemente per la sottoscrizione di titoli pubblici, ha permesso il finanziamento indiretto delle amministrazioni pubbliche da parte dei settori in avanzo finanziario. Tra la fine del 2019 e la fine di giugno 2020, la variazione semestrale del debito pubblico in percentuale del PIL ha raggiunto i valori più alti negli ultimi venti anni considerati.
di Vito Barresi
Un quadro a dir poco molto ma molto preoccupante è quello che emerge dagli studi analitici resi noti dalla Banca d’Italia, in base alla ricerca “I conti economici e finanziari durante la crisi sanitaria del Covid-19”, effettuata da un’equipe di economisti composta da L. Infante, F. Lilla, G. Marinelli, M. Marinucci, G. Semeraro, F. Vercelli.
In questo studio i ricercatori hanno evidenziato che nel primo semestre del 2020 i redditi dei settori privati non finanziari registrano la contrazione più forte degli ultimi venti anni, che è stata solo in parte contrastata dalle misure di sostegno introdotte dalle amministrazioni pubbliche.
Le società finanziarie, pur riportando saldi relativamente contenuti, registrano una significativa espansione sia delle attività finanziarie sia delle passività, effettuando una marcata trasformazione per scadenze nel proprio conto patrimoniale.
Per questa via l’attività di intermediazione finanziaria ha indirettamente facilitato il finanziamento delle amministrazioni pubbliche da parte dei settori in avanzo finanziario, prevalentemente attraverso l’impiego della maggiore raccolta di depositi bancari nella sottoscrizione di titoli pubblici.
Di fronte a una forte contrazione della spesa per consumi e investimenti, le famiglie e le imprese hanno complessivamente e indirettamente trasferito risorse alle amministrazioni pubbliche, specialmente con l'impiego della liquidità accantonata nel sistema bancario.
I conti delle famiglie italiane nel primo semestre del 2020, i redditi primari pro capite a valori correnti delle famiglie, hanno subito un ridimensionamento pari all’8,8 per cento rispetto al primo semestre del 2019, una caduta molto ampia rispetto a quelle registrate nelle fasi più acute della crisi finanziaria (-5,2 per cento) e di quella dei debiti sovrani (-3,4 per cento) riflettendo l’andamento delle poste principali.
Colpiti duramente i redditi da lavoro dipendente che sono scesi dell’8,7 per cento per effetto del calo dei redditi unitari (-7,0 per cento) e dell’occupazione alle dipendenze (-1,7 per cento), mentre i redditi da lavoro e i profitti delle famiglie produttrici (il risultato netto di gestione e il reddito misto netto) sono diminuiti del 7,4 per cento7. Gli altri redditi sono calati del 13 per cento tanto che Bankitalia rilevava che
“la flessione del reddito disponibile lordo pro capite è stata molto meno intensa (-3,8 per cento) e sostanzialmente analoga a quelle mediamente registrate nelle due crisi precedenti, grazie all’eccezionale crescita dei trasferimenti sociali netti9 (60,3 per cento) che ha fornito un contributo di 5,1 punti percentuali.”
Il calo dei consumi a sua volta ha sfiorando il 10 per cento sebbene vi sia stato un ‘forte' sostegno pubblico alla capacità di spesa delle famiglie, tanto che nella prima metà dell’anno è stato eccezionalmente ampio (-9,8 per cento). Ne è derivato un risparmio netto pari a 51,6 miliardi; il tasso di risparmio è più che triplicato rispetto alla fine del 2019, (dal 2,8 al 9,2 per cento), contrariamente a quanto era accaduto durante le due precedenti crisi.
In base all’indagine straordinaria sulle famiglie italiane di Banca d’Italia, realizzata tra la fine di agosto e l’inizio di settembre, l’aumento del risparmio sarebbe stato determinato sia dall’impossibilità di realizzare alcune spese per effetto delle misure restrittive in vigore, ma anche da un atteggiamento di spesa più cauto da parte delle famiglie a fronte dei rischi di caduta dei redditi e di quelli di contagio connessi con alcune attività di consumo.
La riduzione degli investimenti reali netti (-6,6 miliardi nel primo semestre del 2020, il valore più basso dal 1999) ha riflesso sia il calo degli acquisti di abitazioni residenziali di nuova costruzione, sia la riduzione di patrimonio non residenziale e altri beni di capitale fisso delle famiglie produttrici, favorendone la sostituzione con strumenti finanziari.
Paradossalmente nel primo semestre del 2020 le famiglie hanno accresciuto la loro ricchezza finanziaria netta grazie a un accreditamento netto pari a 58,8 miliardi. Nel conto finanziario, a tale accreditamento netto ha corrisposto un aumento delle attività delle famiglie per 33 miliardi e una riduzione di passività per circa 26 miliardi.
Sul lato dell’attivo, il circolante e i depositi sono aumentati nel semestre, rispettivamente di 11,3 e 35,4 miliardi, registrando gli aumenti più forti dall’avvio della moneta unica per il primo e dal 2012 per i secondi. Secondo le statistiche bancarie, l’andamento dei depositi non è stato uniforme tra la clientela suddivisa per importi di giacenza.
La crescita dei depositi compresi tra 12,5 e 50 mila euro è stata significativa, mentre si è registrato un lieve calo tra i depositi superiori ai 500 mila euro, suggerendo una differente preferenza per la liquidità tra le classi durante la pandemia.
Dopo oltre un anno di disinvestimenti in titoli pubblici (-23,6 miliardi nel 2019), nella prima metà del 2020 le famiglie sono tornate ad acquistarne per 5,1 miliardi, mentre sono state registrate vendite di altri titoli per 11,6 miliardi.
Gli acquisti di titoli pubblici si sono concentrati nel secondo trimestre, quando le famiglie hanno assorbito titoli per 9,9 miliardi, pari a circa il 9 per cento delle emissioni nette, più che compensando le vendite per 4,8 miliardi registrate nel primo trimestre.
Sempre sulla base delle statistiche bancarie, oltre la metà degli acquisti del semestre è riconducibile a conti di deposito titoli con valori mobiliari a custodia compresi tra i 50 e i 250 mila euro; al contrario, i conti con valori mobiliari superiori ai 500 mila euro, a cui era riconducibile alla fine del 2019 oltre la metà dei titoli pubblici di proprietà delle famiglie, non hanno registrato acquisti significativi.
Ulteriori 17,7 miliardi sono stati investiti in strumenti del risparmio gestito (di cui 9,3 miliardi in quote di fondi comuni e 6 miliardi in polizze del ramo vita), mentre i crediti commerciali e le altre attività si sono ridotti per 24,9 miliardi.