“Persino i giornalisti possono essere santi: vi invito a diventare tali”, ha detto cordialmente mons. Mario Delpini, arcivescovo di Milano, aprendo la cerimonia annuale con i giornalisti lombardi organizzata da diocesi ambrosiana, Ucsi e Ordine regionale per l’annuale celebrazione della festa di san Francesco di Sales, patrono dei giornalisti. Nel corso di un proficuo confronto con Michele Brambilla (direttore di Qn-Quotidiano nazionale), Marina Terragni (giornalista e blogger), Luigi Tornari (direttore della testata giornalistica di Rtl 102.5), Francesco Ognibene, giornalista di Avvenire, che ha moderato la discussione, l’arcivescovo ha presentato la sua Lettera al mondo dei media esprimendo la sua ammirazione e gratitudine verso tutti i colleghi, specie quelli di Milano e della Lombardia, dislocati in prima linea sul fronte tragico e sofferente della pandemia, sottolineando che proprio “in questo tempo tribolato siete rimasti al vostro posto. È importante condividere una visione che vede l’umanità come vocazione alla fraternità”. Di seguito offriamo ai nostri lettori il testo del documento episcopale apparso sul sito ‘chiesadimilano.it'
di S.E.Mons. Mario Dalpini*
Milano, 24 gennaio 2021 Festa di san Francesco di Sales, patrono dei giornalisti
Caro Direttore,
mi permetto di rivolgermi a Lei per raggiungere tutti i giornalisti e i collaboratori del Suo apprezzato giornale. Mi spiace di dover comunicare che il tradizionale incontro dell’Arcivescovo di Milano con i giornalisti in occasione della festa del loro patrono, san Francesco di Sales, non avrà luogo. Ho preferito rimandare l’appuntamento perché lo intendo proprio come un incontro in presenza di persone, piuttosto che ridurlo a uno scambio di parole per un ennesimo appuntamento su piattaforma.
Non rinuncio però a condividere qualche riflessione con questa lettera. Desidero in primo luogo esprimere la mia ammirazione e gratitudine, perché in questo tempo tribolato voi siete rimasti al vostro posto, come tante altre categorie di persone. Siete rimasti al vostro posto: per un senso del dovere, per una concezione del lavoro come servizio di pubblica utilità, per una vivacità culturale animata dal desiderio di vedere, di comprendere, di comunicare.
Così i giornali hanno funzionato, così gli altri media hanno funzionato: perché voi siete rimasti al vostro posto. E questo servizio alla comunicazione si è rivelato particolarmente prezioso in questi momenti in cui altre forme di esperienza sono state precluse.
L’incontro dei giornalisti con l’Arcivescovo è occasione per condividere pensieri e anche per rivisitare criticamente l’esercizio della professione “giornalista”.
Non pretendo giudicare, ma solo porre domande, cercare criteri per una responsabilità che ha un ruolo così importante nel nostro tempo, tempo in cui, come si dice, il vero capitale è l’informazione e la comunicazione. Per accondiscendere a un gioco di parole, si può dire che non sia la realtà a creare la notizia, ma la notizia a creare la realtà.
In questo c’è una parte di verità, come io credo. L’espressione però è riduttiva e semplicistica. Infatti l’esperienza umana non è mai immediata e sempre ha bisogno di mediazioni: parole per essere nominata, immagini per essere vista, contagio di emozioni per essere partecipata. La comunicazione offre quindi questo servizio di mediazione necessaria. Come è ovvio quest’opera di mediazione può essere un aiuto costruttivo o una manipolazione interessata.
Ritengo interessante per me e forse anche per i giornalisti rivisitare il ruolo dei media in questa tribolazione che sconvolge il mondo. Viene spontaneo infatti domandarsi: quale contributo ha dato al bene comune il comunicare dei media? Quali rapporti tra le persone, quali comportamenti, quali decisioni istituzionali, quali priorità di agende politiche, sociali, religiose hanno ricevuto fattori costruttivi o fattori problematici dalla raccolta, selezione, e stile della comunicazione?
Dal mio punto di vista, sento doveroso non fermarmi alle analisi, ma proporre anche a voi alcuni contenuti che ho formulato nel “Discorso alla città” dello scorso 4 dicembre 2020, nella Basilica di sant’Ambrogio. In quel contesto, rivolgendomi alla città e in particolare alla istituzioni politiche, culturali, amministrative, militari e giudiziarie, ho proposto una alleanza per contribuire tutti insieme a dare un volto alla società che ci aspetta che la renda desiderabile.
Ho sottolineato in quel discorso intitolato “Tocca a noi, tutti insieme” l’importanza di condividere una visione che vede l’umanità come vocazione alla fraternità, riconosce nella famiglia il principio generativo della società e perciò del lavoro, della politica, della cultura, della cura per la disabilità, e riconosce nell’educazione e nella solidarietà priorità irrinunciabili.
Su questi temi e sul ruolo della comunicazione in questa alleanza spero che si dia presto l’occasione per confrontarsi e forse addirittura per concordare qualche passo da compiere insieme. Mi è gradita l’occasione per porgere i migliori auguri per questo anno che si è avviato e per rinnovare l’espressione della mia stima, del mio incoraggiamento, della mia vicinanza.
*Arcivescovo di Milano